Lettera di Lorenzo Guadagnucci (Comitato Verità e Giustizia per Genova) a "Liberazione", 13 gennaio 2008
Caro direttore,
anch'io, come Vittorio Agnoletto, sono rimasto senza parole, quando
ho saputo della nomina di Gianni De Gennaro a commissario speciale per
l'emergenza rifiuti in Campania. Se ho ritrovato la parola e butto giù
queste righe, è per esprimere il mio malessere e il mio sconcerto
di fronte all'atteggiamento rassegnato e complice tenuto da parlamentari,
forze politiche, testate giornalistiche che sono state spesso al nostro
fianco nella battaglia etica, politica, giudiziaria seguita alle tragiche
giornate del G8 2001. Tutti noi sappiamo quanto sia potente Gianni De Gennaro
e quale peso abbia all'interno delle nostre forze dell'ordine: capo della
polizia dal 2000 al 2007, è al vertice di una cordata di funzionari
e dirigenti che a questo punto dobbiamo ritenere inamovibile. Ma sappiamo
anche che la sua continua, inarrestabile ascesa - possibile grazie all'ormai
unanime plauso delle forze politiche - comporta il pagamento di un prezzo
altissimo: la rinuncia a ricomporre la frattura fra forze dell'ordine e
cittadinanza, che si determinò nel luglio 2001 a Genova. E' una
frattura assai pericolosa in ogni democrazia, e tanto più in quella
italiana, che è fragile, esposta a ricorrenti ondate populiste e
incamminata, proprio da quell'estate di sette anni fa, lungo il sentiero
dell'autoritarismo.
Caro direttore, sai meglio di me in che modo sciagurato sia stato gestito
il dopo Genova nel nostro paese. Anziché ribadire l'assoluta preminenza
delle garanzie costituzionali, chiedere scusa alle vittime delle violenze
e a tutti i cittadini, rimuovere i vertici delle forze dell'ordine (De
Gennaro in testa), istituire una commissione d'inchiesta, si è legittimato
il comportamento tenuto dalle forze di sicurezza nelle strade, nelle scuole
e nelle caserme di Genova, delegando alla magistratura il compito di accertare
eventuali responsabilità penali, ma avendo cura - nel frattempo
- di promuovere tutti i maggiori imputati, in modo da far capire da che
parte sta lo stato.
Sono cose che sai bene, quindi non può sfuggirti il senso che
assume oggi la nomina di De Gennaro a un ruolo così delicato nei
contenuti e così visibile e importante nella percezione pubblica.
Diciamola tutta: è il trionfo di De Gennaro, un trionfo politico
e addirittura morale. Io sono convinto che il dottor De Gennaro abbia una
grande carriera alle spalle e in aggiunta non amo personalizzare le questioni
politiche, ma non sono così ingenuo da non cogliere la portata dell'esibizione
della sua figura - da parte del potere politico - di fronte a un'opinione
pubblica allarmata e infuriata. Il potere politico mostra De Gennaro come
l'uomo forte, il grande poliziotto, chiamato ancora una volta a 'salvare
la patria'. E la mente di tutti corre al 2001: anche allora, dunque, a
marzo a Napoli e in estate a Genova, salvò la patria. Questo è
il messaggio che passa e perciò, comunque vada a finire coi rifiuti,
Gianni De Gennaro sta vivendo la sua apoteosi.
Anch'io, come Vittorio Agnoletto, nel mio piccolo non mi riconosco
in quest'operazione, e anzi la contesto, e dico che Gianni De Gennaro avrebbe
meglio onorato la sua carriera lasciando il suo incarico il 22 luglio 2001,
a G8 appena finito. Ha scelto invece di rimanere, con la complicità
dei governanti di allora e di oggi, e di continuare nonostante tutto la
sua carriera. Purtroppo non è una questione personale, perché
tutti noi paghiamo il prezzo di questa scelta: la frattura del 2001 che
non si ricompone, il potere politico che abdica di fronte allo strapotere
degli apparati di sicurezza e quindi la democrazia che si inoltra sul cammino
senza ritorno dell'autoritarismo. Vogliono farci credere che le crisi economiche,
le ingiustizie locali e planetarie, la sovraproduzione di merci e di rifiuti
si affrontano con le polizie, gli eserciti, i de gennari: è la stessa
risposta che ci diedero nel luglio 2001. Io continuo a ribellarmi a questa
follia.