Giuliano Giuliani, http://unitasinistra-giuliano.blogspot.com/2011/03/strasburgo-non-e-berlino.html, 26 marzo 2011
Ascoltare i commenti “politici” alla brutta sentenza di Strasburgo offre
una ulteriore chiave di lettura della situazione del nostro Paese.
Senza dignità la beceraggine della destra, che si riduce a parlare
ancora di violenti e di “Genova messa a ferro e fuoco”, come se non sia
stata in ogni caso la conseguenza della strategia repressiva decisa a tavolino
dal governo di destra insediato da poco, come se quelli che hanno rotto
un po’ di vetrine e di bancomat e incendiato un po’ di automobili non fossero
stati guidati dalle infiltrazioni dei servizi e lasciati indisturbati nelle
loro scorrerie (non ne hanno fermato neppure uno per sbaglio: come mai?).
Assordante il silenzio dell’opposizione parlamentare. D’altra parte
non ci sarebbe da aspettarsi molto da quelli che (leggi Violante e il dipietrista)
si fecero in quattro per impedire la commissione d’inchiesta al tempo del
governo Prodi, e anche allora con l’aiuto dell’immancabile radicale (e
si sono viste recentemente altre imprese di questa poco credibile pattuglia
scelta dai dirigenti del PD).
D’altra parte, alla festa genovese del PD, chi riscosse calorosi applausi
è stato il neo-difensore della legalità Fini, che si è
ben guardato dal ricordare che cosa faceva a Genova nel luglio 2001 nei
luoghi nei quali si verificava l’applicazione della strategia decisa.
Le uniche voci si sono levate da rappresentanti della sinistra, che
oggi è diventata extraparlamentare, forse anche per debolezze proprie,
sicuramente a causa degli accordi bipartisan che produssero una legge elettorale
che non ha uguali, per fortuna loro, nei paesi civili. C’è comunque
una parte sana del Paese che ha espresso indignazione per la sentenza assolutoria
di ogni responsabilità dello Stato italiano e
solidarietà a Carlo; quella parte sana che tornerà a
Genova quest’anno, che non si arrende, che continua a pretendere almeno
la verità. Che ci aiuta a farlo.
Proveremo ad usare l’unico strumento che l’ordinamento ci consente:
una causa civile, i tempi ci sono tutti. Lo scopo, ovviamente, non sarà
quello di rivalerci sull’ex carabiniere che dice di aver sparato, ma di
ottenere finalmente un dibattimento in un’aula di tribunale, visto che
l’uccisione di Carlo non è stata ritenuta degna neppure di un processo.
Insomma, la possibilità di produrre in un’aula di tribunale tutta
la documentazione che conferma la responsabilità dello Stato, della
catena di comando, delle decisioni assunte, del disordine pubblico provocato
da chi avrebbe avuto invece l’obbligo di garantire ordine e rispetto dei
diritti.
E’ utile leggere le ragioni in base alle quali sette giudici della
Grande Chambre di Strasburgo hanno motivato il loro dissenso rispetto alla
decisione assolutoria sostenuta dagli altri dieci. Ne ricordo qui alcune.
Hanno detto che un carabiniere, giudicato dai suoi superiori non più
in grado di svolgere il servizio, invece di essere sfiltrato è stato
lasciato sulla camionetta in possesso di un’arma letale.
Hanno rilevato che l’organizzazione ha il dovere di sovrintendere alla
preparazione di quelli che devono garantire l’ordine pubblico e accertarne
costantemente l’attitudine.
Hanno ricordato che lo stesso carabiniere ha dichiarato di non vedere
nessun aggressore davanti a sé (cosa che mette in discussione il
principio della legittima difesa).
Hanno rilevato che una jeep senza grate protettive non è un
mezzo da impiegare in azioni violente contro i manifestanti che potrebbero
giustamente reagire. Lo ha sfacciatamente dichiarato in uno dei processi
genovesi (quello contro venticinque manifestanti) il capitano responsabile
del reparto di carabinieri: sfacciatamente perché si era ben guardato
dall’allontanare i due mezzi nell’azione repressiva, durata per altro meno
di un minuto e conclusa con una fuga precipitosa che si configura come
una vera e propria trappola.
Hanno persino sottolineato che per allontanare i possibili aggressori
il carabiniere avrebbe potuto sparare in aria invece di fare fuoco ad altezza
d’uomo come ha fatto. Sparare in aria davvero, e non come si sono inventati
quattro imbroglioni, abusivamente consulenti del pubblico ministero (ricordate,
il proiettile che incontra un calcinaccio che vola nel cielo di Genova
e viene deviato verso il basso sotto l’occhio di Carlo!).
Sono solo alcuni spunti che dimostrano come sette giudici su diciassette
si siano documentati, abbiano controllato le dichiarazioni, esaminato filmati
e fotografie. Cosa che dubito abbiano fatto gli altri dieci, così
come non l’hanno fatto il pm e la gip che decretarono l’archiviazione dell’omicidio.
Di queste cose si dovrà discutere in un’aula di tribunale. E
di un’altra vergogna. E’ accettabile che, per tentare un depistaggio (ricordate
anche quel filmato: “l’hai ucciso tu, col tuo sasso”), un carabiniere spacchi
la fronte di un ragazzo colpito a morte da un proiettile? Forse, per la
gentaglia della destra è accettabile anche questo.
Per la dignità di un Paese che voglia pretendere di essere civile,
no.