di Aldo Giannulli, blog www.aldogiannulli.it, 5 marzo 2012
Come avrà notato chi legge questo blog, il mio giudizio su Monti
è tutt’altro che positivo, ma rileggendo i pezzi mi sono accorto
che prevale un tono ironico che rischia di generare fraintendimenti. Ed
allora mi sembra opportuno precisare alcune cose: Mario “il Grigio” non
è affatto un avversario da prendere sotto gamba o una macchietta
come il suo predecessore. Anzi, è un avversario da prendere molto
sul serio.
Innanzitutto togliamo di mezzo un equivoco: questo non è un
governo “tecnico di transizione”. In primo luogo questo è un governo
pienamente politico e non solo perchè i governi tecnici non esistono,
ma esistono sempre e solo governi politici; ma soprattutto perchè
questo è un governo politico di alto profilo, molto più dei
precedenti sia di centro destra che di centro sinistra.
Parlando di “alto profilo” non intendo dire che condivido la sua progettualità
(tutt’altro) ma che questo non è il solito governo del tirare a
campare, con poche e ben confuse idee come è stato per i governi
di Berlusconi, Prodi, D’Alema e Amato. Questo è un governo che ha
un progetto di ampio respiro che sta attuando senza perdere tempo. E, dunque,
qualcosa che va molto al di là dell’anno e qualcosa che dovrebbe
durare, sino alle prossime elezioni (ma siamo poi sicuri che fra un anno
voteremo? In Grecia le elezioni sono state rinviate a non si capisce quando
e nessuno ha fatto un fiato).
Monti (della cui intelligenza avevamo dubitato e tutt’ora non siamo
certi) o chi per lui, sta traghettando l’Italia dalla seconda alla terza
repubblica:
- ha abolito la “concertazione” (che certo non rimpiangiamo) sostituendola
con finte consultazioni cui fa seguito una prassi ultra decisionista
- con l’abrogazione dell’art. 18 vuol conseguire un risultato di immagine
che ponga le basi di un diverso sistema di relazioni industriali
- attraverso i suoi alleati di centro (ma anche quelli che ha nel Pdl
e nel sempre più inutile Pd) sta discretamente lavorando alla riforma
delle istituzioni e del sistema elettorale
- con la politica fiscale e le “liberalizzazioni” sta frantumando quel
che resta del ceto medio, per approdare ad un modello sociale pienamente
dicotomico: una vasta ed indistinta massa popolare da un lato ed un ristrettissimo
gruppo di ultra ricchi dall’altro.
Ma soprattutto sta compiendo una doppia manovra: sul piano internazionale
sta perfezionando la cessione di quote di sovranità al direttorio
europeo (più che altro, tedesco), quel che rende sempre meno rilevante
il Parlamento ed assegna al Governo un ruolo essenzialmente di cerniera
fra l’apparato amministrativo nazionale ed il direttorio europeo.
Sul piano interno sta tacitamente provocando la scomposizione delle
attuali forze politiche riaggregandone pezzi in una nuova formazione di
cui si scorgono a mala pena i contorni, se non il dato che sarà
una forza di centro che allea il partito della finanza laica con quello
della finanza cattolica.
Berlusconi ormai è liquidato definitivamente e, per la prima
volta, dice la verità, quando dice che non si ricandiderà:
non glielo permetterebbero quegli stessi che, con due poderose sberle borsistiche
al titolo Mediaset, lo hanno indotto a dimettersi senza fare troppe storie.
Ormai il Pdl ha rotto con la Lega, si appresta a perdere l’ala più
impresentabilmente fascista di Larussa e quella dei tecnocrati “socialisti”(Tremonti,
Brunetta, Sacconi). Ormai l’approdo sembra essere la fusione del vecchio
troncone forzitaliota con l’Udc di Casini nel Partito Popolare Europeo
(una sorta di Dc). Non è detto che le cose vadano così: il
partito di centro potrebbe avere una più accentuata caratteristica
imprenditorial-finanziario-massonica con l’arrivo di imprenditori quali
Cordero di Montezemolo, Della Valle ed altri, magari potrebbe risucchiare
qualcosa dal Pd e prendere del Pdl solo lo strettamente necessario. Questo
per evitare sia un peso eccessivo dei cattolici (l’idea è piuttosto
quella di una prevalenza “Laica”) sia per evitare una presenza troppo ingombrante
del Cavaliere nel nuovo partito.
Come che vada, assisteremo ad una ristrutturazione del sistema politico.
Per quanto attiene all’aspetto istituzionale, non tutto sarà fatto
in questo anno: una parte del programma, inevitabilmente, slitterà
in avanti nella (forse) nuova legislatura.
Il punto è che siamo ad un momento di svolta non solo in Italia:
la crisi inizia a produrre i suoi effetti politici e seleziona un ceto
di governo diverso dal passato.
Berlusconi (come i suoi consimili Ross Perrot, Timinsky, Pujol, Taipi,
Collor del Mello, Fujimori) fu l’espressione di un capitalismo rampante
di prima generazione, ed in forte odore di denaro sporco. Fu il prodotto
dell’incrocio fra neo-populismo e neo liberismo, utile, nella fase di liquidazione
del “compromesso socialdemocratico”, a raccogliere il consenso dei lavoratori
autonomi (commercianti, artigiani, piccoli imprenditori ecc.) sotto
la bandiera della protesta antifiscale.
Oggi la crisi rende impossibile quella politica di fisco allegro che
colpiva i redditi da lavoro dipendente per risparmiare gli autonomi. Ora
anche gli autonomi devono dare il sangue per salvare la grande rendita
finanziaria di cui i Monti ed i Papademos sono l’espressione coerente.
Berlusconi era indecente, lo sappiamo, ma in fondo era un pagliaccio
interessato solo agli affaruzzi suoi. Monti non è questo, è
molto di più: è il vero avversario di classe da combattere.
Molto più duro, pericoloso ed autoritario del precedente.
C’è chi ha paragonato Monti a Bruning (il cancelliere tedesco
che precedette Hitler) chi a Facta (immediato predecessore di Mussolini).
A noi ricorda molto da vicino un altro professore di economia finanziaria
: António de Oliveira Salazar.