I conti di Mario Monti? Non tornano e non reggono

Vladimiro Giacchè, http://web.rifondazione.it, 5 dicembre 2012


Secondo Confucio la “rettifica dei nomi”, per pervenire a una corrispondenza tra parole e fatti, era un elemento necessario per il pensiero. Oggi, per capire cosa sta accadendo intorno a noi, non è meno necessaria la “rettifica dei numeri”. E in effetti i numeri che raccontano la nostra situazione economica vengono periodicamente rettificati. Ma bisogna distinguere tra due tipi di “retti - fiche ”. Da un lato ci sono le “revisioni ” delle stime precedenti a cui ci hanno abituato i documenti governativi. L’ultimo esempio è rappresentato dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza.

Che ha rivisto, in peggio, tutte le previsioni che il governo aveva formulato ad aprile 2012. Una su tutte: il calo del prodotto interno lordo, passato da -1,2% a -2,4% (su “Pubblico ” ne abbiamo trattato il 3 ottobre scorso). Il secondo genere di rettifica, per così dire di secondo livello, è quello effettuato da svariati uffici studi sulle stesse stime governative. Molto interessante in tal senso è lo studio “Andamenti e prospettive della finanza pubblica italiana”, predisposto dall’associa - zione “Nuova Economia Nuova Società” (più nota come Nens) e reso pubblico il 3 dicembre. Fondata nel 2001 (tra gli altri, da Bersani), l’associazione è animata da Vincenzo Visco e ha prodotto negli ultimi anni diverse ricerche apprezzabili soprattutto in materia di fiscalità. Ed è proprio sulla fiscalità che si appuntano le osservazioni critiche del Nens sulla Nota di aggiornamento del governo. Dagli stessi dati governativi, argomenta lo studio, emerge un pessimo andamento del gettito derivante dall’Iva. Questo può essere ovviamente spiegato con la gravità della recessione: è ovvio che il peggioramento dell’attività economica si rifletta sull’andamento delle tasse indirette. Il Nens però osserva come «la riduzione del gettito Iva nel corso del 2012 sia avvenuta in misura nettamente superiore alla riduzione degli aggregati macroeconomici cui dovrebbe naturalmente collegarsi l’andamento dell ’Iva».
Questo divario è spiegabile «solo con l’incremento dell’evasione, soprattutto se si tiene conto dell’avvenuto incremento dell ’aliquota ordinaria Iva» (passata dal 20 al 21 per cento nel settembre 2011). E qui il Nens rincara la dose: «Si potrebbe pensare che sia stato proprio questo aumento, in combinato disposto con gli effetti della crisi economica, ad aumentare la propensione all ’evasione dell’Iva». Insomma: l’evasione dell ’Iva (già molto alta in Italia) è ulteriormente cresciuta a causa della crisi e dell’au - mento dell’aliquota.
Se però le cose stanno in questi termini, le previsioni del governo sull’aumento del gettito da imposte indirette nella seconda metà del 2012 probabilmente sono sbagliate. Il gettito proveniente dall’Iva sarà inferiore alle previsioni per una cifra compresa tra i 5,5 e il 7,5 miliardi di euro. E quindi per il 2012 l’avanzo primario (ossia prima del pagamento degli interessi sul debito) «potrebbe collocarsi tra il 2,4 e il 2,6 del prodotto interno lordo (contro il 2,9 previsto dal governo) », mentre l’indebitamento netto (ossia l’aumento del debito una volta pagati gli interessi) «raggiungerebbe un valore compreso tra il 2,9 e il 3,1 per cento del Pil (contro il 2,6 previsto dal governo)».
Anche per quanto riguarda il 2013 secondo il Nens qualcosa non torna. A cominciare dalle previsioni di crescita dell’economia formulate dal governo, decisamente ottimistiche: -0,2% in termini reali per il governo. Secondo Commissione Europea e Istat il calo sarà dello 0,5%, mentre per l’Ocse segnerà addirittura un -1%. Siccome tutte le previsioni sull’andamento della finanza pubblica sono legate alla crescita, ogni calo del prodotto interno lordo superiore alle previsioni comporta un peggioramento della sostenibilità dei conti pubblici. E quindi anche per il 2013 il Nens ritiene verosimile un peggioramento sia dell’avanzo primario sia dell’indebita - mento netto. Di quanto? Di circa 1 punto percentuale rispetto alle previsioni del governo. E quindi, avanzo primario al 2,9% del pil e indebitamento netto al -2,8%. Le cose potrebbero andare anche peggio se il calo dell’attività economica fosse ancora maggiore, ad esempio a motivo di una battuta d’arresto dell’export: la domanda estera, che sinora ha reso meno drammatica la recessione (a fronte di un crollo della domanda interna), potrebbe essere negativamente influenzata dalla fine degli stimoli fiscali negli Stati Uniti o da un rallentamento dei paesi emergenti maggiore del previsto. Le conseguenze pratiche di tutto questo sono molto importanti. E immediate. Nello scenario disegnato dal Nens, anche nel 2012 si potrebbe superare la soglia del 3 per cento di deficit annuo prevista dal trattato di Maastricht. E quindi «l’Italia non uscirebbe dalla procedura comunitaria per disavanzo eccessivo, il che renderebbe sostanzialmente obbligatoria una manovra immediata per il governo subentrante». Si tratterebbe della settima manovra di bilancio in meno di 2 anni. Il solo fatto di prospettarne la possibilità è una denuncia chiara ed inequivocabile dell ’inutilità (e anzi del carattere controproducente) delle sei manovre che l’hanno preceduta. E quindi della necessità di invertire la rotta.
Ci auguriamo che il Nens abbia l’abitudine di inviare le sue ricerche a tutti i soci fondatori. Incluso Pier Luigi Bersani.