di Galapagos, "il Manifesto", 1 ottobre 2002
Il «consenso informato», caro anche al ministro della sanità
Sirchia (seduto in seconda fila durante la conferenza stampa di presentazione
della finanziaria) è un regola che non vale in economia: lo hanno
sostenuto Berlusconi e Tremonti per giustificare le previsioni assolutamente
false sull'andamento dell'economia italiana diffuse nell'ultimo anno. Il
presidente del consiglio ha perfino scomodato Ezio Vanoni che quasi 40
anni fa sostenne che dovere il governo è «spargere ottimismo».
Ma l'ex ministro delle finanze ( e padre - con il suo «Piano Vanoni»
- della programmazione economica) era un austero studioso che si riferiva
ad altro. Al fatto ad esempio che il paese era diviso in due e che ocorreva
una forte azione pubblica per il Sud, magari aumento le imposte. Ma tant'è:
tutto fa brodo per giustificare i falsi in bilancio. Giulio Tremonti, ministro
dell'economia, è andato oltre il suo capo: ha sostenuto che le previsioni
errrate sono state tutte colpa degli organismi internazionali, visto che
il governo prende per buoni i dati di «consenso» elaborati
all'esterno. Falso, naturalmente, perché tutti gli organismi (Fondo
monetario, Ocse e via dicendo) lavorano sui dati forniti dai governi nazionali.
L'unica attenuante generica che si può concedere al ministro è
il perdurare della recessione internazionale. Anche così, però,
non si possono giustificare le cifre diffuse nell'ultimo anno. Tanto per
ricordarlo (lo ha fatto anche Tremonti) la crescita del Pil nel 2002 era
stata prevista dal passato Dpef al 3,1%; poi (dopo l'11 settembre) è
stata rivista al 2,9%; poi con il Dpef di giugno (quando erano già
evidente la caduta produttiva) la crescita è stata ulteriormente
ridotta in una forbice compresa tra il 2,3% e l'1,2%. L'ultimo falso, visto
che in agosto il governo ha dovuto ammettere che anche quelle previsioni
erano sballate e il Pil in realtà crescerà di appena lo 0,6%,
cinque volte meno della previsione iniziale. E c'è il rischio che
anche questa previsione vada a vuoto, visto che presuppone un incremento
rilevante (che gli indicatori economici più recenti non segnalano)
della crescita.
Aver falsificato i dati sulla crescita del Pil ha portato a sottodimensionare
il rapporto tra indebitamento (il deficit) e Pil, ma soprattutto a varare
provvedimenti senza copertura finanziaria (l'abolizione dell'imposta di
successione e la Tremonti-bis, i maggiori). C'è da dire che il governo
ha cercato di mascherare l'esplosione del deficit ricorrendo alla finanza
creativa, anche se sapeva che l'Ue non avrebbe accettato certi giochini.
E infatti, l'1,4% nel rapporto deficit/Pil stabilito dal governo per il
2001, è stato fatto salire a oltre il 2% da Eurostat. Quello che
non è stato contabilizzato lo scorso anno, però, nel 2002.
Ma nonostante questa boccata d'ossigeno, quest'anno il rapporto deficit/Pil
salirà nuovamente oltre il 2%. Aggiungendo il bonus Ue si arriverebbe
al 2,5%. L'obiettivo era lo 0,5%.
Per il prossimo anno, ci ha fatto sapere Tremonti, l'indebitamento
sarà l'1,5% del Pil grazie a una manovra di «rigore e sviluppo»
nella quale le misure strutturali bilanceranno le minori entrate strutturali
(il ridisegno delle aliquote Irpef, Irpeg e Irap). In realtà di
rigore nella manovra c'è molto poco. La quasi totalità della
manovra (da 20 miliardi di euro) è composta da misure non strutturali,
ma volgari una-tantum (e vediamo cosa dirà questa volta il governatore
di Bankitalia Fazio) tanto più odiose perché rilanciano la
politica dei condoni (fiscali e a favore di chi ha esportato clandestinamente
capitali all'estero) e delle cartolarizzazioni (che priveranno gli italiani
di parte del territorio e di molti beni pubblici).
Anche ammettendo che un deficit pari all'1,5% del Pil possa essere
centrato nel 2003 (ma si ripropone il problema di una crescita del prodotto
che appare sovradimensionata); che i tagli alla spesa corrente (correzioni
del tred, hanno insistito Berlusconi e Tremonti) possano essere permanenti;
che i condoni fruttino quanto previsto (8 miliardi) a settembre del prossimo
anno, per centrare l'obiettivo di un deficit attorno allo 0,5-0,8 per cento,
si riproporrà il problema di una manovra strutturale di almeno altri
20 miliardi di euro. C'è da essere ottimisti?
Ma le cifre e le dichiarazioni del governo, oltre ai falsi contengono
anche molte omissioni. E' un falso che il prossimo anno i prezzi al consumo
aumenteranno solo dell'1,7% (e sottostante c'è un tetto programmato
per l'inflazione è dell'1,4%); è una omissione non dire che
la riduzione fiscale per i redditi medio bassi non coprirà che quello
che un tempo si chiamava fiscal drag.