Marco Ferrando, http://www.pclavoratori.it, gennaio 2009
Caro direttore,
l'articolo di Gian Antonio Stella, apparso su il Corriere di domenica
18 gennaio, e dedicato all'"antisemitismo di sinistra" sente il bisogno
di citare alcune mie dichiarazioni sul sionismo, definendole" sventurate",
e collocandole tra le " frattaglie". Tutto legittimo, inclusa la levità
dello stile. Non mi pare legittimo invece inquadrarle in una cornice obiettivamente
falsificante.
Tralascio la scorrettezza giornalistica, non nuova, di attribuirmi
in virgolettato, per di più in occhiello, dichiarazioni non mie(
"distruggiamo quest'incubo razzista e genocidario infame"): anche se giornali
e giornalisti di indubbio prestigio dovrebbero evitare simili "incidenti".
Vado invece alla sostanza. La sostanza è che tutte le dichiarazioni
mie e del Partito Comunista dei Lavoratori- nessuna esclusa- hanno sempre
affermato la netta distinzione tra ebraismo e sionismo, contro ogni forma
di antisemitismo. Abbiamo sempre rivendicato la grande tradizione storica
e culturale dell'ebraismo socialista e antisionista: quella di Rosa Luxmburg
e di Trotskij, dell'insurrezione del ghetto di Varsavia , di larga parte
dell'ebraismo antifascista della resistenza. Per altro il bolscevismo di
Lenin( e l'intera socialdemocrazia russa del primo '900) fu protagonista
di una lunga battaglia contro l'antisemitismo zarista(" infamia e disonore
su coloro che seminano l'odio contro gli ebrei" dichiarava Lenin ), e l'Urss
rivoluzionaria del '17-'23 non solo pose fine ad ogni pogrom antiebraico,
ma predispose gravi sanzioni contro ogni manifestazione antisemita e garantì
il libero sviluppo della cultura Yddisch. La stessa Quarta Internazionale
delle origini che- sola a sinistra- denunciò i fondamenti coloniali
e anti arabi dello stato di Israele nel 48, nacque anche da una lunga battaglia
contro l'antisemitismo stalinista e nazista. E contava tra i suoi massimi
dirigenti molti militanti e intellettuali ebrei.
Peraltro lo stesso Gian Antonio Stella rivela indirettamente la distinzione
profonda tra ebraismo e sionismo, proprio quando parla dello stalinismo:
quello Stalin che massacrava gli ebrei dell'opposizione di sinistra in
Urss con i peggiori argomenti del vecchio antisemitismo grande russo, era
lo stesso Stalin che riconosceva lo Stato di Israele e armava le milizie
Israeliane del' Haganah e la loro "pulizia etnica" anti palestinese( Ilan
Pappe). Si può essere dunque filo sionisti e antisemiti.
Noi siamo l'opposto : siamo avversari dell'antisemitismo e del sionismo.
Di più: siamo noi a rivolgere al sionismo l'accusa di una complicità
di fatto con l'antisemitismo; laddove l'assimilazione ideologico messianica
del popolo ebraico allo Stato di Israele e alla sua barbara oppressione
contro il popolo Palestinese, incentiva- qui sì - il grave rischio
di un ritorno dell'antisemitismo( sia esso fascista, integralista islamico,
o stalinista). Per questa stessa ragione riteniamo che una battaglia coerente,
politica e culturale contro il sionismo, sia anche un atto di difesa del
popolo ebraico dall'antisemitismo.
No, noi non attribuiamo al popolo ebraico gli orrori di quel regime
sionista che l'ha preso in ostaggio e che agisce in suo nome: né
il terrore antiarabo, né l'espansionismo coloniale, né i
fondamenti giuridici di uno stato confessionale che nega il diritto al
ritorno di più di cinque milioni di profughi palestinesi, mentre
discrimina al suo interno gli arabo israeliani e vieta persino i matrimoni
tra palestinesi ed ebrei. Noi stiamo dalla parte di quella coraggiosa minoranza
ebraica antisionista che combatte e denuncia tutto questo e che rivendica
il pieno diritto di autodeterminazione del popolo palestinese: un diritto
incompatibile non con gli ebrei , ma con il sionismo. La nostra rivendicazione
di una Palestina, unita, laica, socialista, rispettosa dei diritti della
minoranza ebraica, si pone in questo quadro.
Naturalmente siamo disponibili, sulle pagine de il Corriere , come
in ogni altra sede, a qualsiasi serio confronto e contraddittorio sul tema
in questione. Certo senza bisogno, per parte nostra, di ricorrere a caricature
delle posizione contrarie. Ma con l'assoluta pretesa che siano rispettate
le nostre.