dal blog http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/, 23 febbraio 2006
Caro procuratore Capo,
ho letto ed ascoltato alla televisione le Sue parole sul caso nato
dalla morte di mio figlio.
Sono profondamente addolorata e rattristata di fronte alle (poche per
fortuna) dimostrazioni di inciviltà che qualcuno sul blog o sui
muri vuole a tutti i costi dare per distinguersi da tutti coloro, con incarichi
istituzionali e non, che mi sono costantemente vicini e solidali nella
richiesta di verità e giustizia.
Vedo che anche lei come noi lamenta un clima pesante nel quale si svolgerebbero
le indagini, mi chiedo a cosa lei faccia riferimento nel fare questa valutazione.
Ad una scritta apparsa sui muri già da tempo il cui significato
si denuncia da sé senza necessità di ulteriori commenti?
A qualche insulto o minaccia apparsi sul blog da parte di chi sicuramente
non ha a cuore la sorte di Federico o mia?
Caro Procuratore io, diversamente da Lei, sono nata e cresciuta in
questa città, così come i miei familiari e credo di conoscerla
bene.
La gente è civile, onesta, composta ed assolutamente estranea
a qualunque genere di violenza anche verbale. E’ così per DNA generazionale.
Questa, tutto sommato, è una città tranquilla. Ma alla gente
di Ferrara ed a coloro che la rappresentano non si può impedire
di pensare, di sapere, di valutare.
Qualcuno ha detto "che in una città piccola come Ferrara la
verità viene sempre fuori". Ciò è ormai già
accaduto. "E’ meglio quindi che venga fuori prima per la via ufficiale
e non per altre vie".
Anche questo credo si sia già verificato. Noi la verità
la conosciamo. A chi mi accusa di cercare una verità precostituita,
rispondo di fronte a Dio e di fronte agli uomini, che la verità
è una sola e non può essere quella spesso molteplice e contraddittoria
delle aule di giustizia.
Vista le Sue continue e tempestive esternazioni sul caso che riguarda
mio figlio, Le chiedo di rispondere pubblicamente a queste semplici domande:
Perché mio figlio è morto alle 6 del mattino del 25/9/2005 a poche centinaia di metri dalla sua casa, mentre noi genitori, che lo stavamo cercando in tutti gli ospedali, siamo da Voi stati informati ben 5 ore più tardi?
Perché si è fatto in modo che io non lo vedessi quando era ancora sul luogo dove aveva trascorso i suoi ultimi momenti della sua troppo breve vita?
Perché quando ripetutamente lo chiamavo sul suo cellulare col mio ed appariva la scritta "mamma" nessuno rispondeva, mentre quando lo chiamò mio marito col proprio ed apparve la scritta "Lino", un agente rispose?
Perché questo agente, che già sapeva perfettamente che stava parlando col padre di un ragazzo appena morto non gli disse nulla, ma anzi chiuse la conversazione in modo quantomeno sgarbato e sbrigativo, costringendoci a tempestare invano la Questura per chiedere informazioni sulla sorte di mio figlio?
Perché quella maledetta mattina la Questura fornì ai giornali una versione dei fatti completamente falsata in quanto si sostenne che Federico era morto per un "malore" in circostanze apparentemente non violente, tacendo che nel fatto ben quattro agenti sono ricorsi alle cure mediche all’Ospedale S. Anna?
Perché solo in Parlamento è stato ammesso il violento uso di manganelli sul corpo di mio figlio, fino a romperne addirittura due?
Perché tanta violenza? Per impedirgli di farsi del male da solo?
Perché si è falsamente sostenuto o comunque lasciato intendere che Federico fosse ancora vivo all’arrivo dei sanitari i quali, addirittura si sarebbero opposti alla richiesta di togliergli le manette?
Perché si è chiesto l’intervento della DIGOS con la motivazione che il giovane, privo di documenti, indossava abiti che potevano corrispondere alle persone dedite a frequentare i centri sociali, mentre non si è voluto rispondere al telefonino che chiaramente diceva che lo stava chiamando la mamma?
Caro Procuratore, i perché non sarebbero finiti , ma gli altri riguardano le modalità delle indagini e li lascerò per ora ai miei legali.
Se per clima si intende fiducia sul Vostro operato, questa purtroppo
siete ora voi stessi a dovervela guadagnare di fronte alla collettività.
Fiducia che, su richiesta del mio legale, a suo tempo espressi insieme
a mio marito in modo chiaro, esplicito e totale.
Le forze di Polizia sono un patrimonio preziosissimo delle comunità
e meritano assoluto ed incondizionato rispetto. Chi mette in dubbio ciò
in nome di mio figlio, sappia che manca di rispetto alla sua memoria.
Ciò però non significa che qualcuno non possa aver sbagliato
quella maledetta notte.
Ciò però non esime quegli agenti interessati, il Questore,
e tutti gli altri dall’obbligo della verità.
Attendo cortese risposta.
Leggo poi che vi sarebbe necessità di nominare un perito all’estero.
Non so se per fare una valutazione di questo caso non vi sia in Italia
un medico legale idoneo. Lascio la valutazione ai miei legali. Quel che
so è che, forse, mi piacerebbe che le indagini fossero condotte
dall’estero.
Con osservanza e profondo rispetto.
Patrizia Moretti