Da "Umanità Nova" n.35 del 7 novembre 1999
Collezionisti di fumetti di tutto il mondo, all'erta state. Non dovrà mancare nella vostra collezione il prezioso volumetto prodotto dal nostro Stato Maggiore dell'Esercito, dal titolo "Un Esercito di possibilità professionali", collana "Stellette". Prendendo spunto dalla copertina che l'americano Time ha dedicato al bersagliere Antonello Manca di Sassari, impegnato con la brigata Garibaldi a "interporsi" in Macedonia, i nostri hanno sceneggiato una storiella semplice semplice, eppur di grande impatto emotivo. Un prodottino alla Lancio Story, nella migliore tradizione del fumetto lumpen, con i disegni di Beniamino Delvecchio, soggetto e sceneggiatura di Franco Ressa.
Tutto ha inizio in un bar di una imprecisata città (preferibilmente del centro-sud), dove quattro ragazzotti passano le loro giornate tra un lamento e l'altro. Ma ecco che il nostro Gianni vede passare Silvia, una gnoccolona che non vuole dargliela perché lui è disoccupato e non la porta mai a ballare, in pizzeria e al mare (sic). Gianni è sempre più incazzato e gironzola immerso nei suoi pensieri per le strade della città. Lui ha un diploma ed è onesto, mica come quelli che scippano in moto le vecchiette e le fanno stramazzare al suolo, che pestano le donne per costringerle a prostituirsi, che trafficano in droga e poi addirittura cascano nel tunnel delle pere, praticamente la maggioranza della popolazione. Ma, a volte vedi i casi della vita, su un muro il Gianni vede un manifesto dell'esercito, entra al volo nel distretto militare e si arruola. Minchia! che culo, sembra dirgli l'ufficiale arruolatore accogliendolo nella grande e gloriosa famiglia.
Il Gianni arriva al reggimento (tutto bello lindo) e guarda caso chi ti incontra? Il nipote di un amico di suo nonno, che anche lui viene dal paese di XXX (deve essere un paese molto porno), il quale gli illustra le delizie della vita militare, fatta su misura per temprare nel fisico e nello spirito i giovani disoccupati. "Sei volontario, sei idoneo per diventare bersagliere, e devi esserne degno" gli dice, e continua "Perché lo sei nel nome dell'Eroe dei due mondi", e qui faccione di Garibaldi e commozione garantita. Il nostro Gianni si fa un culo così per rendersi adatto alle fatiche e ai disagi della vita militare. Studia le armi, si esercita al tiro, giura, fa Karate, studia topografia, comunicazioni, operazioni sanitarie e di soccorso, impara a usare i computer, ecc. ecc.
Dopo cinque mesi torna a casa e incontra i vecchi amici che lo sbeffeggiano in modo volgare. Il Gianni non si arrende, e qui scatta il primo colpo di scena. Ritorna dai vecchi amici con la sua divisa tutta bella lustra proprio mentre passa di lì (per puro caso) la Silvia in saloppette e Adidas. Appena lo vede così giovane e bello (gli sono passati i brufoli), con la super moto da buzzurro (presa a rate) viene colta da un arrapamento cosmico, salta in groppa e se lo porta su una spiaggia dove, per puro amore, finalmente gliela molla. Gianni dai che vai forte.
Intanto scoppia la guerra in Bosnia e il nostro Gianni parte in missione di pace. Gli è stato insegnato infatti che l'esercito è fatto di esperti di guerra che però sono "operatori di pace". Mentre è tutto intento a nutrire e proteggere quelle povere popolazioni scatta inesorabile il secondo colpo di scena. Il Gianni, grazie al suo perfetto addestramento professionale, disinnesca una bomba e salva decine di vite umane. Il suo faccione, di bravo ragazzo, finisce in prima pagina di tutti i giornali e viene pure intervistato dal TG. Gli amici a casa si mangerebbero una merda se non fosse che a questo punto scatta il terzo e definitivo colpaccio di scena con effetti speciali e lieto fine. I tre disoccupati avevano un sogno nel cassetto che non osavano confessare. D'un balzo prendono coscienza dello squallore della loro inutile e vitellonesca vita da bar. Chiedono scusa all'amico eroe e corrono ad arruolarsi.
Lo sportivo diventerà alpino, il geometra sarà geniere, e il perito meccanico andrà sugli elicotteri. Poi, dopo tre anni di ferma volontaria, potranno essere assunti nell'amministrazione pubblica. Impara l'arte e mettila da parte. Non spenderanno una lira per vestiario, vitto e alloggio, spostamenti e assistenza medica. Dalle stalle alle stellette. La grande gloriosa famiglia cresce. In un tripudio di bandiere al vento i novelli quattro moschettieri sorridono in macchina. Fine della disoccupazione.
Un soggetto pregno di buoni sentimenti: lavoro = soldi = figa. A questi sentimenti aggiungiamo il tentativo di far passare il militare per una professione di utilità sociale. Un cocktail micidiale che però ci lascia perplessi. In un volumetto analogo, pubblicato nel 1970, intitolato "L'Italiano - Manuale del cittadino alle armi" si legge: "Il cittadino che per obbedienza alla legge o per intima vocazione, entra a far parte delle Forze Armate deve, al di sopra degli interessi personali, essere pronto ad ogni sacrificio e a dedicare tutte le forze fisiche, di intelletto e di cuore al bene della Patria". Nel fumetto proposto a trent'anni di distanza questi "valori" vengono completamente stravolti. L'ipocrisia di prima si trasforma in puro vantaggio economico, questo è il messaggio e nient'altro. Nella sua propaganda, l'esercito arranca per strade secondarie, tentando di svecchiare la propria immagine ma il destino è implacabile. Lo "zibaldone" del generale Celentano e soprattutto il parà morto dopo un giorno di naja nella Folgore sono solo la punta di una situazione dura a morire. Il nonnismo, utilizzato ad arte per dividere i soldati, creare un posticcio "spirito di corpo", reprimere e rendere servili, fornisce ancora quella rendita di posizione che serve per non avere problemi di truppa.
Neanche la trasformazione dell'esercito di leva in esercito di professionisti pare che riesca a cancellare quella immagine di inefficienza, di inaffidabilità, di poca serietà, anche in senso propriamente capitalistico e repressivo, che le Forze Armate si sono conquistate in un secolo e mezzo di disastri. Lo squallore infantile e decisamente imbecille di questo fumetto stanno a dimostrare quanto i nostri militari, e con loro i politici che ci governano, siano in mala fede e non rinuncino a questi mezzucci puerili, buoni solo per chi sarà "costretto", da situazioni economiche insostenibili, ad arruolarsi col miraggio (dopo tre anni) di diventare magari vigile urbano o guardia forestale.
Evidentemente un solo fumetto non basta a riempire le piazze davanti alle caserme di giovani vocianti che premono per arruolarsi.
Attendiamo con apprensione la puntata sulle donne soldato.
Marius De Maria