di Alberto D'Argenzio, "il Manifesto", 16 novembre 2002
Incredibile: le nuove direttive della Ue rimettono gli scarti animali
nei mangimi destinati ai bovini. E li tolgono dai fertilizzanti, costringendo
così gli agricoltori a usare quelli chimici, importati.
Passata la psicosi, tornata a tavola la fiorentina e riprese pure le
esportazioni di carne dal Regno unito, l'Unione europea si permette di
fare marcia indietro sulla mucca pazza. Bruxelles ha approvato il mese
scorso un regolamento, passato completamente inosservato, che riapre la
porta al pericolo di infezioni da encefalopatia spongiforme bovina nel
continente. In sostanza la Ue permette ora quanto diceva di voler proibire,
ossia l'utilizzo di farine animali - provenienti da scarti di macellazione
di ovini - per alimentare i bovini. Non è una questione di diete
ma di tutela della salute: le farine di carne provenienti dalle pecore
pazze, cioè gli ovini affetti da scrapie, sono state il principale
vettore, se non l'unico, di diffusione dell'encefalopatia spongiforme bovina,
la Bse. L'anello successivo ci porta all'anomala frequenza di persone infette
dal morbo di Creutzfeld-Jacob negli ultimi anni in Europa. Per evitare
il contagio pecora-mucca si difende da anni la necessità di proibire
l'utilizzo di resti di ruminanti per alimentare altri ruminanti: ma ora
la Ue se ne esce con una normativa che cambia le carte in tavola. La pietra
dello scandalo è l'articolo 22 del regolamento 1774/2002 del 3 ottobre
scorso, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 10 ottobre e che entrerà
pienamente in vigore il 30 aprile prossimo. L'articolo vieta «l'alimentazione
di una specie con proteine animali trasformate da corpi o parti di corpi
di animali della stessa specie». Cioè non si può alimentare
pecora con pecora e mucca con mucca, ma non si risolve il problema semplicemente
perché è evidente che i soggetti interessati non sono animali
della stessa specie. Il testo nel complesso è assolutamente poco
chiaro, probabilmente perché in origine aveva altri fini: regolamentare
la distruzione dei residui animali o il loro eventuale utilizzo in settori
comunque diversi da quello dell'allevamento.
«Ho delle grosse perplessità - è il giudizio di
Massimo Castagnaro, professore di patologia veterinaria all'Università
di Padova - mi sembra strano che effettivamente si torni indietro sulla
questione della farine di carne, un mezzo così importante di diffusione
della Bse, se non l'unico. Utilizzare farine di carne di pecora per i bovini
mi sembra una cosa abbastanza strana. Il regolamento prescrive che vengano
tolti gli organi a rischio ma se l'operazione è abbastanza semplice
nei bovini, in cui la Bse colpisce cervello e midollo, nella pecora è
molto più difficile. Negli ovini i tessuti infetti dalla scrapie
non sono così facilmente selezionabili: la letteratura indica che
ci possono essere moltissimi tessuti infetti. Mi sembra molto strano permettere
di riutilizzare i resti della pecora per l'alimentazione animale ma l'articolo
22 parla chiaro, è preoccupante».
Secondo il docente universitario la ragione per cui si ritorna indietro
è probabilmente quella di smaltire le ingenti quantità di
rifiuti animali prodotti. «Distruggendoli con l'inceneritore in realtà
si inquina molto di più, ma anche così non vedo come da un
punto di vista sanitario si possa tornare ad affrontare dei rischi potenzialmente
tanto elevati».
Dietro al voltafaccia potrebbero però esserci motivi ancor più
prosaici. La normativa avrebbe dovuto infatti limitare l'utilizzo delle
farine animali per la zootecnia e facilitare invece il suo uso in agricoltura
come fertilizzante. «Però in agricoltura - assicura Marino
Perelli, agronomo ed editore della rivista Fertilizzanti - diminuisce
il valore di mercato delle farine animali. In questo settore sarebbero
dovute entrare in competizione con gli altri concimi organici ad un prezzo
ben inferiore di quanto offre l'industria dei mangimi per animali».
A danno si somma danno.
«Se non si può utilizzare un concime organico valido come
le farine animali bisognerà utilizzarne uno chimico. E così
oltre a non tutelare per due volte la salute non si tutela nemmeno l'agricoltura
e l'industria europea dei concimi. La Ue non produce fertilizzanti chimici,
li importa dalla Norvegia, dalla Russia, dal Nord Africa, dai paesi arabi.
C'è un divieto intelligente nel decreto, cioè quello di vietare
l'uso dei concimi di origine animale, le farine di carne, sui pascoli:
una cosa utile per prevenire eventuali infezioni secondarie negli animali.
Ma oltre a ciò interviene in maniera francamente poco comprensibile,
permette l'alimentazione con farine animali ma crea grossi ostacoli all'uso
del letame, considerato potenzialmente pericoloso. Cioè non si guarda
a 3.000 anni di storia dell'agricoltura e alle conclusioni scentifiche
che hanno escluso la presenza di prioni nel letame». Mentre sono
ben presenti nei resti di pecora.