di Gennaro Carotenuto, http://www.gennarocarotenuto.it, 16 ottobre 2007
Oggi la presidente cilena Michelle Bachelet è a Roma, incontrerà
le massime cariche dello stato, sarà elogiata da tutta la stampa
nazionale e sarà chiamata ad inaugurare l'anno accademico a Roma
Tre. Domani, mercoledì, riceverà a Siena una laurea Honoris
Causa in Medicina. Ma merita davvero tanti onori?
Quando lo scorso anno si sollevò l'intero mondo dell'educazione
cilena, scesero in piazza perfino i bambini delle elementari, l'Università
-caso unico al mondo- restò assolutamente silente. Le università
cilene, giardino di delizie e di opportunità per i giovani benestanti,
con un modello totalmente privatistico ed escludente tramandato da Pinochet
a Bachelet, con rette stratosferiche, tra i 7-8.000 e i 15.000 Euro, restavano
tranquille. Esplodevano invece le scuole medie, dove centinaia di migliaia
di adolescenti sanno di essere esclusi in partenza, per censo, dagli studi
superiori. E' esattamente l'opposto dell'Università pubblica e gratuita
di Salvador Allende, che l'apartheid sociale voleva superare. Che modello
di Università rappresenta Michelle Bachelet oggi a Roma Tre e domani
a Siena? La si premia per quel modello di Università?
L'università è una cartina tornasole di una presidenza
conservatrice. A un anno e mezzo dall'insediamento nel palazzo della Moneda,
il sistema neoliberale alla cilena resta intatto. Lo "stile Bachelet" -pallida
attenzione al progressismo e ai diritti civili e mantenimento pieno del
modello economico neoliberale- si è tradotto in pochi gesti simbolici,
una sconfitta politica nel tentativo di rendere legale la prescrizione
della "pillola del giorno dopo" e nel pagare (causando un piccolo scandalo)
con una donazione personale della Presidente la partecipazione della nazionale
gay di calcio ai mondiali. Poca cosa.
In campagna elettorale la Bachelet aveva venduto una sorta di neoliberismo[1]
dal volto umano. A quasi due anni di distanza, proprio educazione e salute
sembrano rappresentare i due talloni d'Achille del governo. Con il programma
AUGE (finanziato finora con un quinto della cifra promessa), non essendoci
la volontà politica di garantire cure sanitarie gratuite ed opportune
alla popolazione, che altrimenti smetterebbe di fare inenarrabili sacrifici
per pagare la salute privata, sono state scelte dal mazzo una cinquantina
di patologie, per le quali lo stato si fa carico ed escluse le altre. Il
presidente dell'Ordine dei Medici, Carlos Villarroel, definisce AUGE un
progetto discriminatorio e largamente insufficiente. Di fronte a questi
fatti, qual'è il motivo per il quale l'Università di Siena
concede a Michelle Bachelet una laurea h.c. in medicina? Il ministro Fabio
Mussi non ha nulla da obbiettare stavolta?
In questa sede è possibile fare solo brevi cenni ad alcuni dei
nodi del perché il governo di Michelle non può non essere
criticato. L'esercito, modernissimo, professionale, armato fino ai denti,
continua a dragare il 4.5% del PIL. E' il triplo della media latinoamericana
(1.5% in media anche per paesi fantasiosamente accusati di militarismo).
Secondo Washington il nemico strategico della macchina da guerra cilena
sarebbero niente di meno che i movimenti indigeni boliviani (sic!), un
paese pauperrimo con appena 20.000 soldatini di leva e un bilancio in difesa
pari a 1/20 (un ventesimo, il 5%) di quello cileno. All'estremo Sud, la
più dimenticata guerra del mondo, quella che da 150 anni conduce
il Cile contro gli indigeni mapuche, segna ogni giorno maggiori strette
repressive e centinaia di prigionieri politici. Cinque di loro, e venti
familiari, sono in questo momento in sciopero della fame, nell'indifferenza
della Bachelet, dei media e di chi la descrive e la premia come "la sinistra
responsabile latinoamericana". La Bachelet non ha in programma alcuna conferenza
stampa in Italia; che sia per non rispondere a scomode domande su cosa
abbia fatto davvero il suo governo per i diritti umani in Cile?
Nel passato mese di agosto, il più grande sciopero generale
dalla fine della dittatura, convocato dalla gloriosa Central Unica de Trabajadores
(CUT) per mettere in discussione il modello neoliberale si è concluso
con una selvaggia repressione, approvata e pubblicamente difesa dalla presidente,
che ha causato 760 arresti. I dati ufficiali parlano di una disoccupazione
ferma all'8%. Ma da questo numero, apparentemente incoraggiante, sono esclusi
centinaia di migliaia di sottoccupati, precari, temporali, mal pagati,
in condizioni sindacali che sono le stesse imposte col ferro e col sangue
dalla dittatura militare. Altre 140 persone sono state arrestate l'11 settembre:
volevano deporre una corona di fiori in un posto proibito: la porta della
Moneda della calle Morandé da dove passò il corpo di Allende.
Tra loro vittime e familiari di desaparecidos dei quali la Bachelet farebbe
parte.
In febbraio il caos provocato dal nuovo piano di trasporti della capitale,
il Transantiago, aveva simboleggiato meglio di tutto la cultura politica
del governo Bachelet, tagliando fuori dai servizi pubblici interi quartieri
popolari, perché non redditizi. Per settimane, decine di migliaia
di lavoratori furono costretti a percorrere a piedi anche molti chilometri
per raggiungere il mezzo di trasporto più vicino al quale non conveniva
più raggiungere capillarmente i quartieri popolari. Il profitto
come unico valore dunque, altro che "governo dei cittadini", lo slogan
giocato dalla Bachelet quando entrò in carica l'11 marzo 2006.
FINE DELL'INNAMORAMENTO Se la stampa internazionale, in maniera tediosamente
banale, disinformata e disinformante, continua ad elogiare Michelle Bachelet,
il malessere dei cileni non smette di aumentare. I dati parlano chiaro.
Durante buona parte dell'anno 2006, Michelle Bachelet fu il Presidente
latinoamericano con il miglior indice di approvazione: aveva il 71% di
appoggio secondo il Barometro Iberoamericano di Governabilità. Ma
negli ultimi 12 mesi la pazienza dei cileni verso la presidente ha avuto
un rapido declinare. Oggi è rovinosamente passata al penultimo posto
per approvazione su 22 paesi. Appena il 19% dei cileni continua ad approvare
la sua gestione: il 52% ha cambiato opinione. Solo il paraguaiano Nicanor
Duarte va peggio di Bachelet, mentre al capo opposto si trova quello che
a Washington chiamano "asse del male latinoamericano", l'ecuadoriano Rafael
Correa, Hugo Chávez, Evo Morales, tutti tra il 50 e il 60% di approvazione
popolare, in compagnia di un alleato di ferro di Washington, il colombiano
Álvaro Uribe.
Non solo, ancora l'11 marzo 2006, l'85% dei cileni continuava in qualche
modo a credere nel modello. Oggi solo il 39%, meno della metà, continua
ad avere fiducia nel futuro economico del paese. E' possibile che la Bachelet
abbia avuto la ventura di diventare Presidente al momento della maturazione
della società e che non sia peggiore di chi l'ha preceduta, ma è
anche vero che questi dati sono sicuramente viziati in positivo dal controllo
totale dei media del paese che non fanno che ripetere un messaggio tuttora
costantemente favorevole al sistema neoliberale. In Cile non esiste né
una televisione, né un grande giornale (tipo La Jornada) che critichi
il governo e il modello. Eppure oggi la Bachelet è impopolare in
Cile e in America Latina. In un anno e mezzo è passata di fallimento
in fallimento verso i propri elettori di centro-sinistra e di trionfo in
trionfo verso le oligarchie per le quali è la perfetta garante della
prosecuzione del modello neoliberale. Possibile che in Italia, media, governo,
università, non se ne sia accorto nessuno?
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[1] Sui temi del neoliberismo cileno si vedano: G. Carotenuto, «Cile: il laboratorio neoliberale dell'ingiustizia», Latinoamerica, Anno XXIV, n. 88, luglio-settembre 2004; G. Carotenuto, «Cile: il kamikaze del neoliberismo. Il Trattato di Libero Commercio tra Cile e Stati Uniti», Latinoamerica, Anno XXIV, n. 86-87, gennaio-giugno 2004; G. Carotenuto, «Cile - El cobre che fu nostro», Latinoamerica, Anno XXIV, n. 85, ottobre-dicembre 2003.