Walter Peruzzi – Gianluca Paciucci, “Svastica verde. Il lato oscuro del và pensiero leghista”, Editori riuniti, 2011, pp. 437, 15 Euro

Recensione di Fabrizio Billi, "Il giornale comunista dei lavoratori", ottobre - novembre 2011


Il titolo sintetizza efficacemente cosa gli autori pensano sia la Lega: un partito populista che sfrutta una identità “etnica” per caratterizzarsi e cercare consensi, e che quando governa amministrazioni nazionali e locali promuove politiche di esclusione per coloro considerati non far parte della “etnia” di riferimento. Proprio come facevano fascismo e nazismo.
Per dimostrare la loro lettura della Lega, gli autori del libro citano moltissimi documenti prodotti dalla Lega stessa, interviste ed articoli di giornali relativi ad iniziative politiche leghiste.
Il libro è utile innanzitutto perché capire cos’è la Lega e che ruolo ha avuto negli ultimi venti anni, aiuta a capire cos’è diventata oggi l’Italia. All’inizio la Lega si caratterizzava come partito antimeridionale. Successivamente hanno assunto importanza centrale l’avversione verso gli immigrati, i rom, l’omofobia, il clericalismo più reazionario. L’Italia, anche grazie alla Lega, è diventata sempre più razzista e intollerante.
La Lega ha avuto importanza centrale non solo nella maggior parte dei governi degli ultimi venti anni, ma soprattutto i valori e l’ideologia propugnate della Lega sono diventati sempre più diffusi nella società italiana. Alcune idee della Lega hanno attecchito anche nel centrosinistra. Per esempio, la legge Bossi-Fini ha inasprito la legge Turco –Napolitano: entrambe quelle leggi condividono l’idea che gli immigrati sono troppi, non si può accogliere tutti.
Certo, non sempre è vero che i partiti del centrosinistra condividono le idee della Lega. Per esempio, nel caso della scuola di Adro, intitolata a Gianfranco Miglio e costellata di simboli leghisti, il centrosinistra si è contrapposto in nome dell’unità nazionale. Ma diamo tempo ai dirigenti del centrosinistra: tempo fa, era stato D’Alema a definire la Lega “costola della sinistra”, chissà, tra qualche anno dirà che Miglio è stato un grande teorico del federalismo ed è giusto dedicargli piazze e scuole.
Un altro pregio del libro è smascherare cosa c’è dietro al discorso “etnico”-razzista: serve ad “addebitare le diseguaglianze sociali ad un nemico esterno, parassitario rispetto agli operosi padani, invasore e predatore delle loro risorse. Non più operai e ceti popolari contri padroni, ma padani contro meridionali, romani e stato colonialista occupante”. (pp. 47-48)
Così facendo, si offre “una rappresentazione rovesciata della realtà, presentando come invasori gli oppressi e come invasi chi li sfrutta. Come il Ku Klux Klan diceva di difendere la “razza bianca” dalla contaminazione con quella “negra” e il nazismo diceva di difendere la ”razza ariana” contro il complotto plutogiudaico, così anche il razzismo leghista si camuffa e veste i panni dell’autodifesa contro i meridionali che vivono “a spese del nord” (Bossi), contro “i bambini dei zingari [sic!] che rubano ai nostri anziani” (Gentilini), contro “gli islamici di merda che vogliono privarci delle nostre tradizioni” (Borghezio)”. (p. 50)
Se i leghisti sono intolleranti e razzisti non è perché sono “cattivi” e antipatici, ma perché ritengono che il modo migliore per difendere gli interessi economici dei ceti sociali che vogliono rappresentare consista nel ridurre i diritti e nel mostrare la faccia feroce. Insomma, l’interesse economico come al solito genera l’ideologia (razzista in questo caso) e le scelte politiche.
Un altro merito del libro è analizzare le cause dell’ascesa della Lega, come fa Annamaria Rivera nella postfazione, definendo la Lega una espressione della “onda nera ultrarazzista, antisemita, antimusulmana, nazionalista, in alcuni casi secessionista” (p. 425) che ha preso piede in Europa negli ultimi anni.
La Lega e i partiti della destra europea hanno saputo volgere “a proprio vantaggio il senso d’incertezza, di frustrazione, d’impotenza e di perdita di fronte alle trasformazioni della società e a una crisi non solo economica, ma anche sociale e identitaria, la Lega li dirotta verso capri espiatori variabili, ma sempre appartenenti a categorie sociali svantaggiate, vulnerabili e discriminate”. (p. 436)
La crisi economica, e prima ancora la globalizzazione ed il neoliberismo, sono all’origine delle fortune elettorali della Lega. La Lega ha saputo prosperare sulla paura, i leghisti sono “imprenditori politici dell’intolleranza e della xenofobia”. (p. 437)
Le loro proposte mirano sia a rassicurare il proprio elettorato (e non a risolvere i problemi), sia a ridurre i diritti di coloro che non fanno parte della base sociale di riferimento della Lega.
Consideriamo per esempio cosa propone la Lega per esempio per il problema dei disperati che cercano di arrivare in Europa per sfuggire a guerre e miseria: affondare le barche! Una proposta (fortunatamente) irrealizzabile, ma che colpisce una parte dell’elettorato.
Oppure, cosa propone la Lega nei confronti dei Rom? Via, che vadano altrove! Anche stavolta, nessuna proposta per l’integrazione, la sola via che permetterebbe l’uscita dei rom dalla miseria e dai furti che ne conseguono.
Dopo l’alluvione in Veneto dell’autunno 2010, diversi esponenti leghisti come il presidente della provincia di Treviso ed il prosindaco di Treviso Gentilini hanno dichiarato che bisognerebbe fucilare sul posto chi ruba nelle case abbandonate in seguito all’alluvione. (p. 245) Anziché affrontare il problema della tutela del territorio (la cementificazione che ha causato l’alluvione), si vuole tranquillizzare l’elettorato eccitandone i peggiori istinti contro un capro espiatorio. Stesso obiettivo hanno per esempio prese di posizione come quella dei leghisti del Comune di Cortenuova, contrari allo stanziamento di 500 euro per il rimpatrio in Ghana della salma di un cittadino di quel paese (residente da anni a Cortenuova) morto d’infarto. (p. 180) Anche questo è un modo per far vedere che agli “altri”, agli immigrati, non si vuole dare nulla!
Qual è l’unica soluzione proposta dalla Lega a qualsiasi problema sociale ed economico? “Fora!” (fuori) per dirla con le parole dell’ex sindaco di Treviso Mario Gentilini. (p. 117) Ma fuori chi? “Lori!”: loro, gli immigrati, i rom, i cinesi, i meridionali, tutti coloro che non fanno parte della “razza Piave” di Gentilini o della “Padania bianca e cristiana” di Borghezio o di qualsiasi altra fantasiosa etnia coniata dalla fertile immaginazione dei leghisti.
Altre volte i leghisti non si limitano a ringhiare ma mordono: la legge Bossi – Fini, per esempio, ha peggiorato le condizioni di vita degli immigrati. Così pure, a livello locale, tanti piccoli provvedimenti razzisti, come i divieti di vendere kebab!
Un piccolo appunto che si può fare al libro è che non risulta convincente l’obiettivo dichiarato nell’introduzione di voler “smascherare” la Lega, mostrandola come sarebbe veramente. Secondo gli autori, la Lega si autorappresenterebbe come partito “mosso da un onesto desiderio di garantire ai cittadini legalità, sicurezza, decentramento, federalismo e snellimento della macchina burocratica”. (p. 11)
Gli autori vorrebbero dimostrare che dietro questa tranquillizzante facciata si cela un movimento “eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario”. (p. 11)
In realtà, è difficilmente sostenibile che la Lega nasconda i suoi caratteri razzisti ed eversivi. Anzi, li mostra senza ritegno, pensiamo a Borghezio o Gentilini o allo stesso Bossi, non si registrano loro dichiarazioni che non siano becere, truculente e stupide.
La Lega ha avuto a volte tattiche spregiudicate, ma sempre sono rimasti costanti il razzismo e l’intolleranza. Come ricordano gli autori del libro, i rapporti tra Bossi e Berlusconi sono fondati su un reciproco scambio di favori: “Un patto d’acciaio, fondato non su ideali o obiettivi comuni, ma su un crudo scambio di favori: Berlusconi s’impegnò ad attuare la devolution, ribattezzata poi federalismo fiscale, Bossi s’impegno ad accantonare le perentorie richieste di processare i “corrotti”. (p. 257)
Certo fa impressione che siano stati rimossi dal sito del quotidiano “la Padania” gli articoli dell’epoca in cui Berlusconi era, per la Lega, “il mafioso di Arcore”: “In quegli anni non correva buon sangue tra il cavaliere e la Lega nord e il quotidiano della Lega si lanciò in una serie interminabile di articoli pesantissimi, tutti riguardanti le origini mafiose delle fortune del presidente del consiglio. Successivamente quegli articoli sono scomparsi. La Padania li ha tolti di mezzo e, cercando con Google, si riesce a rintracciarne solo i titoli”. (p. 269)
La Lega non si fa mancare proprio alcuna caratteristica per essere il novello partito fascista del ventunesimo secolo: il razzismo, l’intolleranza, il sessismo, il clericalismo reazionario. Ora si aggiunge anche il revisionismo storico orwelliano.
Non è eccessivo dire che la Lega è un partito dove trovano accoglienza le idee della destra più estrema: “la difesa della stirpe, la purezza della razza, la necessità di non contaminarsi, il disprezzo e la discriminazione dei diversi (omosessuali, rom, meridionali, musulmani, migranti, ecc.), l’invito, talvolta esplicito, al linciaggio o all’esecuzione sommaria dei devianti, l’incitamento e la pratica governativa dell’affondamento delle imbarcazioni dei profughi”. (pp. 432-433)
La Lega può a buon diritto essere considerata l’estrema destra del ventunesimo secolo, avendo al centro della propria politica l’intolleranza e il razzismo. Siccome al peggio non c’è mai fine, la Lega si può considerare anche l’erede della peggiore Democrazia cristiana, insomma un mix della Democrazia cristiana e del fascismo.
Un partito interclassista, che vuole aggregare e rappresentare differenti ceti sociali: la Dc lo faceva nel nome della fede religiosa, il fascismo in nome dell’identità nazionale, la Lega in nome dell’identità “etnica”.
Un partito che tutela in modo particolare i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e la loro propensione all’evasione fiscale, proprio come faceva la Dc o il fascismo che tutelava la piccola borghesia.
Un partito che legittima comportamenti miranti a considerare ciò che è pubblico come da sfruttare per ricavarne un beneficio personale: come ieri la Dc utilizzava i finanziamenti pubblici in modo clientelare e corrotto, oggi la Lega tutela, sperperando milioni di soldi pubblici, gli allevatori che con le quote latte hanno fatto soltanto il proprio interesse.
Un partito i cui rappresentanti nelle istituzioni non è raro che ricavino vantaggi personali dalla carica ricoperta, come ieri i democristiani, l’altro ieri i gerarchi fascisti, così oggi fanno i leghisti che non rinunciano all’auto blu, che assumono parenti negli enti pubblici o li fanno eleggere solo perché si tratta del figlio del capo, come nel caso del figlio di Bossi.
Un partito dove la religione intesa nel senso più bigotto è solo una maschera ipocrita utilizzata per legittimare il proprio potere: “Don Floriano benedice il presepe al parlamento europeo, fortemente voluto da Mario Borghezio, poi benedice i “bravi ragazzi di Salò”, insulta i partigiani e giustifica Priebke”. (p. 290)
Un libro la cui lettura è da consigliare soprattutto a chi dice che la Lega “non è razzista”. Come Pierluigi Bersani, che ha dichiarato ciò in un’intervista alla “Padania” il 15 febbraio scorso. Bisognerebbe ricordare che “le dichiarazioni, le imprese e le norme leghiste contro migranti, profughi, rom e omosessuali sono ormai un veleno quotidiano di cui si nutre una parte non esigua dell’opinione pubblica”. (p. 435)