Recensione di Fabrizio Billi, "Il giornale comunista dei lavoratori", ottobre - novembre 2011
Il titolo sintetizza efficacemente cosa gli autori pensano sia la Lega:
un partito populista che sfrutta una identità “etnica” per caratterizzarsi
e cercare consensi, e che quando governa amministrazioni nazionali e locali
promuove politiche di esclusione per coloro considerati non far parte della
“etnia” di riferimento. Proprio come facevano fascismo e nazismo.
Per dimostrare la loro lettura della Lega, gli autori del libro citano
moltissimi documenti prodotti dalla Lega stessa, interviste ed articoli
di giornali relativi ad iniziative politiche leghiste.
Il libro è utile innanzitutto perché capire cos’è
la Lega e che ruolo ha avuto negli ultimi venti anni, aiuta a capire cos’è
diventata oggi l’Italia. All’inizio la Lega si caratterizzava come partito
antimeridionale. Successivamente hanno assunto importanza centrale l’avversione
verso gli immigrati, i rom, l’omofobia, il clericalismo più reazionario.
L’Italia, anche grazie alla Lega, è diventata sempre più
razzista e intollerante.
La Lega ha avuto importanza centrale non solo nella maggior parte dei
governi degli ultimi venti anni, ma soprattutto i valori e l’ideologia
propugnate della Lega sono diventati sempre più diffusi nella società
italiana. Alcune idee della Lega hanno attecchito anche nel centrosinistra.
Per esempio, la legge Bossi-Fini ha inasprito la legge Turco –Napolitano:
entrambe quelle leggi condividono l’idea che gli immigrati sono troppi,
non si può accogliere tutti.
Certo, non sempre è vero che i partiti del centrosinistra condividono
le idee della Lega. Per esempio, nel caso della scuola di Adro, intitolata
a Gianfranco Miglio e costellata di simboli leghisti, il centrosinistra
si è contrapposto in nome dell’unità nazionale. Ma diamo
tempo ai dirigenti del centrosinistra: tempo fa, era stato D’Alema a definire
la Lega “costola della sinistra”, chissà, tra qualche anno dirà
che Miglio è stato un grande teorico del federalismo ed è
giusto dedicargli piazze e scuole.
Un altro pregio del libro è smascherare cosa c’è dietro
al discorso “etnico”-razzista: serve ad “addebitare le diseguaglianze sociali
ad un nemico esterno, parassitario rispetto agli operosi padani, invasore
e predatore delle loro risorse. Non più operai e ceti popolari contri
padroni, ma padani contro meridionali, romani e stato colonialista occupante”.
(pp. 47-48)
Così facendo, si offre “una rappresentazione rovesciata della
realtà, presentando come invasori gli oppressi e come invasi chi
li sfrutta. Come il Ku Klux Klan diceva di difendere la “razza bianca”
dalla contaminazione con quella “negra” e il nazismo diceva di difendere
la ”razza ariana” contro il complotto plutogiudaico, così anche
il razzismo leghista si camuffa e veste i panni dell’autodifesa contro
i meridionali che vivono “a spese del nord” (Bossi), contro “i bambini
dei zingari [sic!] che rubano ai nostri anziani” (Gentilini), contro “gli
islamici di merda che vogliono privarci delle nostre tradizioni” (Borghezio)”.
(p. 50)
Se i leghisti sono intolleranti e razzisti non è perché
sono “cattivi” e antipatici, ma perché ritengono che il modo migliore
per difendere gli interessi economici dei ceti sociali che vogliono rappresentare
consista nel ridurre i diritti e nel mostrare la faccia feroce. Insomma,
l’interesse economico come al solito genera l’ideologia (razzista in questo
caso) e le scelte politiche.
Un altro merito del libro è analizzare le cause dell’ascesa
della Lega, come fa Annamaria Rivera nella postfazione, definendo la Lega
una espressione della “onda nera ultrarazzista, antisemita, antimusulmana,
nazionalista, in alcuni casi secessionista” (p. 425) che ha preso piede
in Europa negli ultimi anni.
La Lega e i partiti della destra europea hanno saputo volgere “a proprio
vantaggio il senso d’incertezza, di frustrazione, d’impotenza e di perdita
di fronte alle trasformazioni della società e a una crisi non solo
economica, ma anche sociale e identitaria, la Lega li dirotta verso capri
espiatori variabili, ma sempre appartenenti a categorie sociali svantaggiate,
vulnerabili e discriminate”. (p. 436)
La crisi economica, e prima ancora la globalizzazione ed il neoliberismo,
sono all’origine delle fortune elettorali della Lega. La Lega ha saputo
prosperare sulla paura, i leghisti sono “imprenditori politici dell’intolleranza
e della xenofobia”. (p. 437)
Le loro proposte mirano sia a rassicurare il proprio elettorato (e
non a risolvere i problemi), sia a ridurre i diritti di coloro che non
fanno parte della base sociale di riferimento della Lega.
Consideriamo per esempio cosa propone la Lega per esempio per il problema
dei disperati che cercano di arrivare in Europa per sfuggire a guerre e
miseria: affondare le barche! Una proposta (fortunatamente) irrealizzabile,
ma che colpisce una parte dell’elettorato.
Oppure, cosa propone la Lega nei confronti dei Rom? Via, che vadano
altrove! Anche stavolta, nessuna proposta per l’integrazione, la sola via
che permetterebbe l’uscita dei rom dalla miseria e dai furti che ne conseguono.
Dopo l’alluvione in Veneto dell’autunno 2010, diversi esponenti leghisti
come il presidente della provincia di Treviso ed il prosindaco di Treviso
Gentilini hanno dichiarato che bisognerebbe fucilare sul posto chi ruba
nelle case abbandonate in seguito all’alluvione. (p. 245) Anziché
affrontare il problema della tutela del territorio (la cementificazione
che ha causato l’alluvione), si vuole tranquillizzare l’elettorato eccitandone
i peggiori istinti contro un capro espiatorio. Stesso obiettivo hanno per
esempio prese di posizione come quella dei leghisti del Comune di Cortenuova,
contrari allo stanziamento di 500 euro per il rimpatrio in Ghana della
salma di un cittadino di quel paese (residente da anni a Cortenuova) morto
d’infarto. (p. 180) Anche questo è un modo per far vedere che agli
“altri”, agli immigrati, non si vuole dare nulla!
Qual è l’unica soluzione proposta dalla Lega a qualsiasi problema
sociale ed economico? “Fora!” (fuori) per dirla con le parole dell’ex sindaco
di Treviso Mario Gentilini. (p. 117) Ma fuori chi? “Lori!”: loro, gli immigrati,
i rom, i cinesi, i meridionali, tutti coloro che non fanno parte della
“razza Piave” di Gentilini o della “Padania bianca e cristiana” di Borghezio
o di qualsiasi altra fantasiosa etnia coniata dalla fertile immaginazione
dei leghisti.
Altre volte i leghisti non si limitano a ringhiare ma mordono: la legge
Bossi – Fini, per esempio, ha peggiorato le condizioni di vita degli immigrati.
Così pure, a livello locale, tanti piccoli provvedimenti razzisti,
come i divieti di vendere kebab!
Un piccolo appunto che si può fare al libro è che non
risulta convincente l’obiettivo dichiarato nell’introduzione di voler “smascherare”
la Lega, mostrandola come sarebbe veramente. Secondo gli autori, la Lega
si autorappresenterebbe come partito “mosso da un onesto desiderio di garantire
ai cittadini legalità, sicurezza, decentramento, federalismo e snellimento
della macchina burocratica”. (p. 11)
Gli autori vorrebbero dimostrare che dietro questa tranquillizzante
facciata si cela un movimento “eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario”.
(p. 11)
In realtà, è difficilmente sostenibile che la Lega nasconda
i suoi caratteri razzisti ed eversivi. Anzi, li mostra senza ritegno, pensiamo
a Borghezio o Gentilini o allo stesso Bossi, non si registrano loro dichiarazioni
che non siano becere, truculente e stupide.
La Lega ha avuto a volte tattiche spregiudicate, ma sempre sono rimasti
costanti il razzismo e l’intolleranza. Come ricordano gli autori del libro,
i rapporti tra Bossi e Berlusconi sono fondati su un reciproco scambio
di favori: “Un patto d’acciaio, fondato non su ideali o obiettivi comuni,
ma su un crudo scambio di favori: Berlusconi s’impegnò ad attuare
la devolution, ribattezzata poi federalismo fiscale, Bossi s’impegno ad
accantonare le perentorie richieste di processare i “corrotti”. (p. 257)
Certo fa impressione che siano stati rimossi dal sito del quotidiano
“la Padania” gli articoli dell’epoca in cui Berlusconi era, per la Lega,
“il mafioso di Arcore”: “In quegli anni non correva buon sangue tra il
cavaliere e la Lega nord e il quotidiano della Lega si lanciò in
una serie interminabile di articoli pesantissimi, tutti riguardanti le
origini mafiose delle fortune del presidente del consiglio. Successivamente
quegli articoli sono scomparsi. La Padania li ha tolti di mezzo e, cercando
con Google, si riesce a rintracciarne solo i titoli”. (p. 269)
La Lega non si fa mancare proprio alcuna caratteristica per essere
il novello partito fascista del ventunesimo secolo: il razzismo, l’intolleranza,
il sessismo, il clericalismo reazionario. Ora si aggiunge anche il revisionismo
storico orwelliano.
Non è eccessivo dire che la Lega è un partito dove trovano
accoglienza le idee della destra più estrema: “la difesa della stirpe,
la purezza della razza, la necessità di non contaminarsi, il disprezzo
e la discriminazione dei diversi (omosessuali, rom, meridionali, musulmani,
migranti, ecc.), l’invito, talvolta esplicito, al linciaggio o all’esecuzione
sommaria dei devianti, l’incitamento e la pratica governativa dell’affondamento
delle imbarcazioni dei profughi”. (pp. 432-433)
La Lega può a buon diritto essere considerata l’estrema destra
del ventunesimo secolo, avendo al centro della propria politica l’intolleranza
e il razzismo. Siccome al peggio non c’è mai fine, la Lega si può
considerare anche l’erede della peggiore Democrazia cristiana, insomma
un mix della Democrazia cristiana e del fascismo.
Un partito interclassista, che vuole aggregare e rappresentare differenti
ceti sociali: la Dc lo faceva nel nome della fede religiosa, il fascismo
in nome dell’identità nazionale, la Lega in nome dell’identità
“etnica”.
Un partito che tutela in modo particolare i lavoratori autonomi, i
piccoli imprenditori e la loro propensione all’evasione fiscale, proprio
come faceva la Dc o il fascismo che tutelava la piccola borghesia.
Un partito che legittima comportamenti miranti a considerare ciò
che è pubblico come da sfruttare per ricavarne un beneficio personale:
come ieri la Dc utilizzava i finanziamenti pubblici in modo clientelare
e corrotto, oggi la Lega tutela, sperperando milioni di soldi pubblici,
gli allevatori che con le quote latte hanno fatto soltanto il proprio interesse.
Un partito i cui rappresentanti nelle istituzioni non è raro
che ricavino vantaggi personali dalla carica ricoperta, come ieri i democristiani,
l’altro ieri i gerarchi fascisti, così oggi fanno i leghisti che
non rinunciano all’auto blu, che assumono parenti negli enti pubblici o
li fanno eleggere solo perché si tratta del figlio del capo, come
nel caso del figlio di Bossi.
Un partito dove la religione intesa nel senso più bigotto è
solo una maschera ipocrita utilizzata per legittimare il proprio potere:
“Don Floriano benedice il presepe al parlamento europeo, fortemente voluto
da Mario Borghezio, poi benedice i “bravi ragazzi di Salò”, insulta
i partigiani e giustifica Priebke”. (p. 290)
Un libro la cui lettura è da consigliare soprattutto a chi dice
che la Lega “non è razzista”. Come Pierluigi Bersani, che ha dichiarato
ciò in un’intervista alla “Padania” il 15 febbraio scorso. Bisognerebbe
ricordare che “le dichiarazioni, le imprese e le norme leghiste contro
migranti, profughi, rom e omosessuali sono ormai un veleno quotidiano di
cui si nutre una parte non esigua dell’opinione pubblica”. (p. 435)