di Ella Baffoni, "il Manifesto", 2 ottobre 2002
E'l'ennesima delega, una cambiale in bianco sull'ambiente. Per quattro
anni tutto quel che riguardala tutela ambientale e paesaggistica in Italia
verrà sottratta al parlamento e delegata al governo. O meglio: a
una commissione di 24 membri «particolarmente qualificati nei settori
e nelle materie oggetto di delega scelti anche tra persone estranee all'amministrazione».
Per la modica somma di 1.300.000 euro in due anni la commissione preparerà
un imprecisato numero di decreti legislativi per il riordino delle leggi
sulla gestione dei rifiuti, la tutela delle acque e delle risorse idriche,
difesa del suolo e lotta alla desertificazione, gestione di aree protette
e di flora e fauna protetta, tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente,
valutazione di impatto ambientale, tutela dell'aria e delle emissioni in
atmosfera. Questo dice il testo della legge delega sull'ambiente, da ieri
in discussione alla Camera. Che c'è di male? Apparentemente nulla,
a parte il trascurabile particolare - in epoca di tagli e di finanziarie
magre - che il riordino legislativo c'è già stato, almeno
per alcuni temi: la gestione dei rifiuti e dei siti contaminati, ad esempio,
ma anche per le aree protette, che hanno una apposita legge quadro, come
la caccia e la tutela della fauna selvatica; quanto alla valutazione di
impatto ambientale, ci ha pensato direttamente la finanziaria di quest'anno.
Ma quando hanno letto il testo della legge tutte le associazioni ambientaliste
sono insorte. Fai, Italia nostra, Vas, Legambiente, Greenpeace, Wwf, Marevivo,
Comitato per la bellezza, Lac, associazione Bianchi Bandinelli hanno inviato
una preoccupatissima lettera a tutti i parlamentari sottolienando una pesante
questione istituzionale: gli «esperti esterni» sono chiamati
infatti a modificare leggi dibattute e approvate dal parlamento al di fuori
di esso e lontano dal dibattito parlamentare, esautorandolo dunque dalle
sue funzioni. E' uno scippo al parlamento, un colpo di stato nelle politiche
ambientali, s'indigna Fulvia Bandoli, responsabile ambiente dei Ds; e tutti
i gruppi d'opposizione ieri avevano già presentato 300 emendamenti.
Ma quale scippo, ribatte il ministro Matteoli, che ancora non si è
accorto di essere stato onorevolmente esautorato: una razionalizzazione
è indispensabile, l'affastellamento di leggi e norme è uno
stimolo alla violazione delle regole.
Ma a leggere gli articoli della legge c'è da rabbrividire. E
non solo per l'innovazione creativa della compensazione in caso di nuovi
vincoli ambientali, idea sul filo dell'anticostituzionalità. Non
è ancora stato riesumato il vecchio condono edilizio, edizione ter,
ma già spunta - è l'articolo 8 - la sanatoria nelle aree
paesaggistiche e ambientali con estinzione del reato. Una vera novità,
visto che persino le distruttive sanatorie consideravano comunque insanabili
gli abusi in zone vincolate. Chi ha costruito in zona archeologica, o sulle
dune o nei parchi, ora può star tranquillo; e anche chi ha costruito
sulle falde acquifere, con buona pace delle norme di tutela delle acque.
Il reato di aver modificato paesaggi o ambienti tutelati, che prevedeva
perfino il carcere, sarà abolito, grazie a una sanzione pecuniaria;
e i vincoli perderanno qualsiasi efficacia. Saranno premiati dunque gli
abusivi nella valle dei Templi a Agrigento con il loro sindaco abusivista,
tireranno un sospiro di sollievo i lottizzatori dei parchi; e funzionerà
l'effetto annuncio, via tutti a costruire che poi si sana. Perché
meravigliarsi? E' il governo del falso in bilancio, del conflitto di interessi,
del ministro che si vanta di evadere il fisco.
La preoccupazione dell'opposizione, però, sembra condivisa.
Il presidente della camera Casini ha stigmatizzato sia il gran numero di
decreti leggi del governo, ormai quasi la metà della produzione
legislativa, sia l'inflazione delle deleghe «troppo generiche e eccessivamente
ampie» per quasi tutti i provvedimenti di grande rilievo politico.
E ha ricordato: «Sarebbe avventato pensare che la prova elettorale
risolva ogni problema di indirizzo politico per l'intera legislatura, e
che da quel momento in poi si tratti di realizzare solo il programma della
maggioranza. Il valore del confronto democratico permea di sé ogni
tipo di governo: la dialettica con l'opposizione non può essere
vista come un intoppo». La parola, ora, è alla Camera.