Vittorio Arrigoni, "il manifesto", 28 gennaio 2009
Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera , ha molto da insegnare alle nuove leve del giornalismo col suo articolo del 21 gennaio, pure troppo. Io che non ho mandanti se non una morbosa ricerca della verità, e non sono un giornalista prefessionista, per la casacca che indossato durante tutto il massacro, non con la scritta press bensì l'emblema della Mezza luna rossa, dico a Cremonesi che le bugie hanno le gambe corte. Anche io posso benissimo trovare persone disposte a dirmi che è stato Hamas e non l'esercito israeliano a sterminare più di mille palestinesi, e vi assicuro che ve ne sono, specie fra coloro che mangiavano nel piatto ricco dei corrotti di Fatah. Sta a un serio ricercatore distinguere una fonte attendibile da un attentato all'informazione. Nessuna ambulanza durante queste 3 settimane è stata utilizzata dai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. Ne sono assolutamente certo, perché sulle ambulanze c'eravamo io e i miei compagni dell'Ism. Su quella ambulanze abbiamo rischiato la pelle, e un nostro amico paramedico, Arafa, ci è rimasto. 14 paramedici sono stati uccisi. I soldati israeliani sparavano alle ambulanze certi di quello che facevano, ovvero uccidere civili. Non abbiamo mai concesso a un solo membro dell' almukawama , la resistenza palestinese, di salire a bordo di uno dei nostri mezzi. Quelli che ci provavano erano spintonati giù, anche quando (è accaduto) il guerrigliero era il marito di una donna che portavamo di corsa in clinica a partorire. All'ospedale Al Quds sono tutti di Fatah, lo sanno pure i muri (le pareti infatti sono tappezzate di Arafat, neanche una icona di Ahmed Yassin), così come allo Shifa. Al Awada di Jabilia invece parteggiano quasi tutti per il Fronte Popolare. E' un'impresa trovare personale medico pro-Hamas in tutta la Striscia, tanto che quando Fatah chiamò allo sciopero generale, incrociò le braccia l'80% dei dottori. Se la resistenza avesse utilizzato gli ospedali come postazioni per combattere, i medici li avrebbero fatti evacuare rifiutandosi di curare i feriti. Un atteggiamento come quello descritto da Cremonesi equivarrebbe a un suicidio politico per Hamas, e Hamas non vuole suicidarsi, è un movimento ben radicato che vuole ampliare i suoi consensi. Scudi umani? A Tal el Hawa durante il massacro io c'ero, e nella zona abita il mio migliore amico, Abu Nader. Suo padre e i suoi amici sì sono stati usati come scudi umani: ma non da Hamas, bensì dai soldati israeliani che andavano casa per casa a caccia di combattenti. E' possibile che il conto delle vittime diminuisca di qualche decina di unità, o che invece aumenti. Nel raccogliere i dati per le mie corrispondenze da questo inferno non aspettavo certo l'imboccata di Hamas, come non accetterei l'imboccata di un giornale che imponga di scrivere contro il movimento radicale islamista per porre in secondo piano il massacro. Le mie fonti erano quelle utilizzate da giornalisti palestinesi e attivisti per i diritti umani locali: fonti ospedaliere indipendenti. Se poi i morti saranno anche cento in meno, non derubricherò il massacro come meno efferato. Al momento è l'esercito israeliano a smentire Cremonesi: un suo portavoce ha dichiarato al Jerusalem Post che le vittime palestinesi dell'offensiva «Piombo Fuso» su Gaza sono circa 1.300. E poi: 5 giornalisti palestinesi sono stati uccisi durante i bombardamenti, diversi i feriti. Distrutta la sede della tv Al Aqsa, e più volte attaccato il palazzo al centro di Gaza City che ospita Reuters Cnn e Al Jazeera. Si dice che la verità è la prima a morire durante una guerra. Qualcuno in via Solferino profana il suo cadavere. Restiamo umani.