di Allan Bay, "Diario", 13 luglio 2001
Ce la si prende con la globalizzazione e subito contro McDonald’s volano
sassi, quando non sono bombe molotov. Posso capire che ogni tanto i sassi
ci vogliono ma perché prendersela proprio con la catena degli hamburger?
La globalizzazione è una cosa seria. Ma i suoi veri rappresentanti
sono altri. Come la General Electric, sulla quale ha tirato bejn altro
che sassi il commissario Monti, una delle più grandi conglomerate
del mondo, attiva dovunque e per la quale il mondo mercato unico è
veramente vitale. Come le infinite banche d’affari dai nomi composti, che
stanno imponendo l’american way of business in tutti i paesi. Alla fine,
chi è veramente interessato sono le sterminate e ultraproduttive
campagne americane del Midwest e del sud, che devono vendere a tutti, a
tutti i costi, i loro mais, soia, cotone e affini.
Però quando ce la si prende con questo fenomeno, il nemico da
combattere subito e ferocemente è la multinazionale della polpetta.
E’ curioso che l’altro grande simbolo yankee, la Coca Cola, sia quasi indenne.
Forse perché qui da noi in Europa, giustamente orgogliosi delle
nostre bevande alcoliche, sembra quasi da smidollati accanirsi contgro
una bevanda gassata e senz’alcol, una roba da bambini, è come sparare
contro la Croce Rossa. Invece McDonald’s c’è e si vede, un po’ dovunque.
Il successo di questo modello culinario, che tanti europei cercano di copiare
con maggior o minor successo, ha toccato evidentemente un nervo sensibile.
Forse perché si tratta di carne, per quanto trita: è trppo
poco tempo che siamo usciti dalla fame e bovini e carne hanno ancora una
valenza mitica. Forse per tanti altri motivi che solo un grande antropologo
è in grado di spiegare. E quindi non accettiamo che qualcuno ci
venga a insegnare cosa mangiare.
Insegnare è una parola grossa, in realtà propongono un
piatto, semplice e a buon mercato, sanitariamente ineccepibile checchè
se ne dica e su questa proposta hanno costruito un impero. Mi chiedo però
una cosa. Noi italiani, con l’aiuto di tanti indigeni entusiasti, abbiamo
letteralmente invaso il mondo con le nostre pizzerie: anche questa è
globalizzazione da combattere? Gli americani, sempre furbi, invece che
tirar sassi si sono appropriati del modello, do you know Pizza Hut? Peraltro
i cinesi hanno portato la cucina cantonese, con una qualità simile
a quella delle pizze italiane, negli States e degli hamburger dovunque,
in tutto il mondo. Anche qui globalizzazione? D’accordo, in un caso si
tratta di una manciata di multinazionali, per italiani e cinesi invece
di migliaia di imprenditori, ma modelli restano e il grado di concentrazione
della capacità produttiva non inficia il fatto che sono modelli
di altri.
La globalizzazione è un grande fenomeno, con il quale tutti
dobbiamo fare i conti. Ma se siamo contrari. Se pensiamo che sia un mostro
da combattere, prendiamocela con quelli che veramente contano, con quelle
realtà produttive per le quali un mercato globale anarchico e privo
di qualsiasi laccio o lacciolo è questione di vita o di morte –
si parla sempre di aziende, quindi si tratta in realtà di una maggiore
o minore redditività di un investimento. Ma evitiamo di accanirci
contro le polpette. Apprezziamo il fatto di poter liberamente scegliere
quello che vogliamo mangiare. Al limite per evitare che un qualche Bovè
locale sia tentato di bruciare un giorno una pizzeria per difendere le
sue tradizioni.