LAVORO DIRITTI CONTRATTI
Manifestazione di Roma - 16 Ottobre 2010
Il racconto
di Giuseppe Bonaldo
E’ ancora buio e piove.
Nell’area di sosta dell’autostrada si respirano i gas di scarico dei pullman che trasportano le tute blu all’appuntamento di Roma, mentre nei parcheggi altri lavoratori stanno dormendo nelle cabine dei loro camion. Si passa in mezzo al dormitorio in silenzio, quasi a non volerli disturbare. A guardarli da lontano non c’è differenza tra i tifosi che entrano allo stadio e i manifestanti che preparano il corteo. Bandiere, suoni, colori, sguardi che si cercano e commenti che s’intrecciano.
Manifestazione di Roma - Cartelli
Ti accorgi delle differenze quando leggi i cartelli - "10, 100, 1000 democrazie, Diritti-Contratti-Lavoro, Il lavoro è un bene comune, Tutti Blu", e ascolti gli slogan: "Ci tolgono i diritti e dobbiamo stare zitti", gridato a ritmo di tamburi e la voce rabbiosa, "La dignità non è in vendita", "Se non lavoro non mangio". Quando il corteo si muove il frastuono aumenta insieme all’adrenalina, come al fischio d’inizio di una finale mondiale. Ma qui nessuno gioca, non c’è un trofeo in palio, non c’è rivalità. Qui si parla di lavoro, diritti e democrazia, si lanciano messaggi dal basso verso l’alto: alla classe dirigente, ai governanti che non governano i problemi e ai politici che non fanno politica ma si curano dei loro affari, sulla pelle di chi non ha nient’altro che il proprio lavoro. L’unico motivo di ansia è il rombo dell’elicottero che volteggia sul corteo. A terra tutto scorre pacificamente, ordinatamente, deludendo forse le aspettative del ministro della paura.
Piazza S. Giovanni è un calderone in ebollizione. Il Sacro dei palazzi e delle chiese offre il suo spazio al popolo profano. I comunisti che mangiano i bambini, qui si accontentano di panini e Coca Cola e aspettano d’essere ascoltati e di ascoltare. Il corteo si spalma nella piazza e sempre di più diventa massa compatta perché non c’è posto per tutti. " La più grande manifestazione della storia" urla dal palco Giorgio Cremaschi. Forse della storia no, ma di quella di Cisl e Uil, svoltasi nello stesso luogo solo qualche settimana fa, sicuramente sì. Vorrà dire qualcosa?
Per molti le manifestazioni come questa sono solo kermesse, sagre popolari che non producono altro che rumore e sporcizia. - " Un’accozzaglia di persone fuori dalla storia" - dice un ministro. Altri, più prudentemente, lasceranno che sia la Storia a giudicare.
Manifestazione di Roma - Piazza S.Giovanni
Il palco è là. Il megaschermo a fianco ingigantisce tutto, anche le emozioni. Parlano studenti, lavoratori, operai licenziati, reintegrati e poi pagati per non disturbare, persone dello spettacolo che provano a far ridere sdrammatizzando i drammi. Parlano immigrati neri e indesiderati bianchi. C’è forse qualche differenza? Ammiro il loro coraggio di stare sul palco, di parlare in pubblico sentendo la propria voce amplificata, rotta dall’emozione, di esporsi pubblicamente e dire ad alta voce cose che la maggior parte delle persone si tiene dentro.
I denominatori comuni degli interventi sono il lavoro, la dignità, il rispetto, la pace, la giustizia.
Chi ha ragione, chi ha torto? Chi firma accordi rinnegando i precedenti pur di lavorare, o chi non li firma perchè non accetta i ricatti? Intorno a questo tema si sviluppano gli interventi degli oratori e la piazza ascolta e partecipa a volte in silenzio, altre applaudendo. C’è anche lo spazio per balli e canti popolari che gli amplificatori trasformano in brividi di emozioni.
Quasi al termine della manifestazione arrivano i big della Fiom e della Cgil: Landini ed Epifani.
Sono professionisti, abituati ai riflettori e alla folla, hanno le idee chiare su cosa devono dire e la gente si aspetta da loro e non la tradiscono: "Gli slogan devono diventare decisioni; i governanti smetterla di dire castronerie e ci devono ascoltare perché siamo tanti e la pazienza sta’ finendo" – Anche per Confindustria, (Marcegaglia , pochi giorni prima) la pazienza sta’ finendo. Finalmente qualcosa di sinistra, anche da destra!
Discorso di Epifani
Epifani si deve difendere dai fischi dei duri della Fiom, ma para bene i colpi e promette anche lui lo sciopero generale se non arriveranno risposte. Uno sciopero è sempre una perdita per tutti, è l’ultima spiaggia per chi si sente derubato del futuro, ma non ci sono alternative quando i lavoratori per rendersi visibili devono salire sui tetti, chiudersi nel carcere dell’Asinara, legarsi ai cancelli della fabbrica e fare scioperi della fame.
Un amaro boato di consenso accompagna le parole di Epifani. Nessuno vuole lo sciopero, ma tutti lo invocano perché la pazienza sta finendo.
Per me finisce qui anche la manifestazione di Roma, per il Lavoro, i Diritti, i Contratti.
(23 Ottobre 2010)
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