BREVI RIFLESSIONI SULLA LEGGE DI STABILITA’
(O LEGGE FINANZIARIA 2011-2013)

di Andrea Parola

Finalmente qualcosa di nuovo: il nome.
Si, perché è di questo che si tratta. Questa legge non ha nulla di diverso dalle altre che l’hanno preceduta se non il nome e pertanto non produrrà alcun miglioramento per la nazione.
Ciò che tutti stiamo vivendo è senza dubbio uno dei momenti più difficili, dal punto di vista economico. Da molto tempo a questa parte. Ad una situazione di crisi di questa portata deve per forza corrispondere una manovra pesante, che cerchi di arginare le perdite dei conti pubblici, già profondamente compromessi.

Purtroppo, però, dobbiamo ancora una volta “accusare” il fatto che i soggetti più colpiti saranno i lavoratori dipendenti, gli unici su cui lo Stato può contare per incassare il gettito fiscale. Tanto è vero che il peso maggiore di questa manovra graverà sul pubblico impiego, che si vedrà bloccati i contratti e congelati gli stipendi fino alla scadenza della legge e cioè fino a tutto il 2013.

Parlamento

La parte più innovativa della nuova legge è sicuramente rappresentata dalla possibilità, pensate un po’, di un ennesimo condono edilizio, riprendendo, fra l’altro, alcune norme sul tracciamento del capitale già facenti parte della riforma Visco del 2006 e che Berlusconi aveva scartato a priori per motivi elettorali. Così come si prevede il reintegro del limite di pagamento in contanti posto a 5mila euro, anch’esso in vigore col governo Prodi e capace, da solo, di portare nelle casse dello Stato circa 10miliardi ogni anno. Non è molto, ma se fosse rimasta in vigore la legge non avremmo perso 2 anni e 20miliardi di contribuzione.

L’onere sugli enti locali sarà ancora pesante. Anche questa volta le Regioni e i comuni, che si vedranno le spese ridotte di 14,8miliardi, saranno costretti a tagliare i servizi oppure ad aumentare le tasse locali, con le conseguenti arcinote ripercussioni sui cittadini. La legge nulla di nuovo apporterà sul fronte delle imposte sui redditi. La pressione fiscale è in continuo aumento ormai dal 2006, superando il 40% del reddito e non si vede ancora l’introduzione delle tanto sbandierate due aliquote, mentre resterà ancora purtroppo inalterata la tassazione sui redditi da capitale (12,5%) e dei redditi sul patrimonio.
Un’ipotesi del Governo è invece quella di fare ordine fra le 242 voci di esenzione Irpef, eliminando o restringendo alcune norme sulle detrazioni o sulle deduzioni. Il risultato sarà quello secondo il quale chi paga le tasse verrà ancora una volta e ancora di più penalizzato.

Un aspetto positivo c’è, anche se si sarebbe potuto fare molto di più, ed è rappresentato dal taglio degli stipendi di ministri e parlamentari del 10% sul netto (circa 5mila euro)
Dico che si sarebbe potuto fare di più perché, facendo una considerazione sui rapporti economici pubblicati in questo periodo, mi sembra di capire che i salari reali dei cittadini italiani abbiano già subito una riduzione simile negli ultimi dieci anni. Il potere di acquisto dei salari infatti ha subito una riduzione, al netto dell’inflazione, di circa 5mila euro, mentre le entrate di imprenditori e liberi professionisti hanno avuto un incremento pari allo stesso valore. Il conto è semplice: per ogni anno si considera l’aumento del salario a cui va sottratto l’aumento dell’inflazione (che diminuisce il valore reale, perché con gli stessi soldi si comprano meno cose). Poi si considera il cosiddetto fiscal drag, cioè l’effetto per cui un aumento di salario fa scattare un’aliquota Irpef più elevata e quindi il beneficio si riduce di molto o scompare.

E che dire dell’evasione fiscale? Ahinoi, ancora nulla di concreto è stato previsto per arginare i danni, che ammontano oggi a 140miliardi di euro. Non bastano le iniziative, per la verità vergognose e umilianti per chi paga le tasse, chiamate “scudo fiscale”, che hanno portato le briciole nelle casse dello Stato, facendo rimpatriare capitali per 43miliardi tassati al 5%, con garanzia dell’anonimato per l’evasore.

Berlusconi e Tremonti

E’ assolutamente necessario e urgente rifare da capo tutto il sistema tributario italiano. Crearne uno più semplice e snello che faciliti i controllo sull’evasione, sempre che ce ne sia la volontà. Un’evasione a questi livelli non può più essere tollerata. Persino i cassa integrati hanno il privilegio di pagare le tasse, chi percepisce milioni di reddito invece no. Un maggior gettito per lo Stato significherebbe poter alleggerire la pressione fiscale sul sistema impresa e creare competitività sul mercato globale e occupazione dei giovani lavoratori.

Non basta più farci una risata sopra. Dobbiamo ricominciare ad indignarci, cosa che non sappiamo più fare da troppo tempo.

(5 Novembre 2010)
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