IL DIRITTO DI SCEGLIERE
di Alberto Mannoni

Molte polemiche hanno fatto seguito alla trasmissione "Vieni via con me" di Fazio e Saviano del 15 Novembre. Si è parlato di mafie, di idee della politica, di destra e sinistra, di immigrazione, di Englaro e Welby, con le loro scelte personali, insieme intime e pubbliche.

Ed è su quest'ultime che vorremmo fare alcune riflessioni.
Si tratta di due vicende diverse eppure simili, nel loro essere vissute con passione civica oltre che con coraggiosa determinazione.

Le storie sono note a tutti. La battaglia di Peppino Englaro per difendere il diritto della figlia Eluana, in coma da diciassette anni, ad interrompere l'alimentazione ed idratazione forzata e riposare in pace, in osservanza alle idee e il sentire da lei espresso esplicitamente prima dell'incidente stradale del 1992 che l'aveva ridotta in quello stato.



E tutti ricordano il vergognoso utilizzo del suo caso fatto dall'attuale Governo a scopi propagandistici e per raggiungere altri obiettivi che nulla avevano a che vedere con la pietà e con la sofferenza.

Piergiorgio Welby era invece affetto da distrofia muscolare in forma progressiva dall'età di 16 anni. La malattia, progredendo lentamente, non gli consentì più di parlare, di compiere movimenti e lo costrinse, nello stadio finale, a stare immobile su un letto, sempre a mente lucida. Una macchina gli pompava artificialmente aria nei polmoni. Comunicava attraverso uno speciale apparecchio comandato con gli occhi e chiedeva di interrompere quello che considerava un accanimento terapeutico.

Perchè sono storie simili? Perchè mettono in evidenza il conflitto tra scelta di autodeterminazione, tra diritto del malato a rifiutare l'accanimento terapeutico e un ordinamento legislativo lacunoso, con la mancanza di una legge sul testamento biologico. E perchè in entrambi i casi c'è stato poco o nessun rispetto per la sofferenza umana, per il dolore di una scelta.
Il tutto imbarbarito dagli assalti di un certo tipo di morale cattolica come dire, poco cristiana, se ci è consentito il bisticcio di aggettivi.



La posizione ufficiale della Chiesa Cattolica è che la vita di una persona è indisponibile, anche per la persona stessa. E poichè la scelta di Welby è stata cosciente, e pubblicamente dichiarata, essendo questa scelta contraria alla dottrina (eppure Welby non si è suicidato: ha fatto interrompere quello che considerava un accanimento terapeutico), non ha concesso i funerali cattolici, in quanto "concedere il funerale sarebbe stato come dire il suicidio è ammesso".

Quindi concedere i funerali cattolici ad Auguste Pinochet, ex dittatore cileno, colpevole -direttamente o indirettamente- di migliaia di morti, sarebbe come dire che la strage di stato è ammessa? O forse lui si era pentito, in punto di morte? Ci sono decine di esempi di questo tipo, ma lasciamo perdere; la coerenza cristiana non è certo la virtù maggiore dei successori di Pietro.

Senza addentrarci in considerazioni filosofiche, è chiaro che un argomento come la difesa della vita e della sua dignità, incontra sensibilità e sentimenti morali diversi, così come posizioni diverse ma ugualmente alte e degne di rispetto sono possibili in un campo in cui, più di ogni altro, nessuno ha la verità in tasca, meno che mai chi crede di averla.
E la verità è una coperta troppo corta perchè ciascuno di noi possa coprircisi tutto.



Ma in una democrazia moderna e -non dovrebbe esserci il bisogno di aggiungerlo- laica, nel rispetto delle convinzioni morali e/o religiose di ciascuno, per ogni cittadino adulto deve esserci il diritto di scegliere rispetto alla propria salute e alle cure/trattamenti terapeutici che riceve.

Deve altresì essere assicurato il diritto a chi voglia di indicare le proprie volontà riguardo a questo, quando non sia in grado di esprimerle direttamente. Questo vale sia per l'accanimento terapeutico, sia per la donazione degli organi dopo la propria morte.
Ed è, questo sì, immorale che in un Paese che si ritiene moderno e civile non ci sia ancora una legge sul testamento biologico degna di questo nome.

Si parla qui di diritto di scelta per ciascuno, di fronte alla propria coscienza. Non di obbligo, si badi bene. Se sono attaccato ad un macchina per vivere, senza speranza di guarigione, ho il diritto di chiedere di staccare la spina se questo è il mio sentire. Chi vuole, può fare una scelta diversa.

La civiltà non sta nello staccare o meno la spina, ma nella possibilità di scegliere.

(21 Novembre 2010)
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