RIFLESSIONI SUL PAESAGGIO SONORO
Esperienze dirette sul paesaggio sonoro, tra acoustic performance e sound-walks

di Michela Costantini

Dopo la lezione fondamentale di Murray Schafer e i brevi cenni ai nuovi contributi italiani in fatto di studi sul paesaggio sonoro, concludiamo con questo contributo il breve e certamente non esaustivo viaggio attraverso il concetto, l’evoluzione e le esperienze dirette sul paesaggio sonoro con alcuni esempi di applicazioni interattive del concetto di soundscape, filiazioni dirette della lezione del musicologo canadese in merito alla conoscenza, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei paesaggi sonori.

La nuova sensibilità emersa verso questa componente del paesaggio e della vita di ciascuno di noi ha infatti messo in moto negli ultimi decenni energie artistiche, stimoli compositivi e sensibilità da parte delle amministrazioni comunali, rendendo una realtà concreta di molti paesi del mondo le intuizioni di Schafer e trasferendo il concetto di paesaggio sonoro dagli studi specialistici all’ambito artistico e a quello dell’esperienza quotidiana.

Sarebbe semplice - e semplificante - limitarsi ad elencare tutti quei luoghi patrimonio culturale delle varie nazioni esaltati dall’inserimento di un contributo sonoro che, immerso nel paesaggio, ne amplifica il valore artistico: pensiamo, solo per fare un esempio, alla colonna sonora che accoglie il visitatore nella Cisterna di Yerebatan a Istanbul, che contribuisce, insieme al gioco dei riflessi delle colonne nell’acqua e alle luci, ad amplificare l’atmosfera di raccoglimento che il luogo già di per sé ispira. Non si tratta però solo di questo, anche se l’interazione tra suono spazio di per sé è antichissima e attraversa tutta la storia dell’umanità (ma questa è ancora un’altra storia).



Si tratta invece di creare una nuova sensibilità e nello stesso tempo di ri-creare una fruizione consapevole, corretta e rispettosa ma anche originale del fattore sonoro dei luoghi, spesso geograficamente definiti a livello percettivo proprio e soprattutto dalla componente sonora che ospitano. Come si è cercato (con risultati peraltro non sempre soddisfacenti) di ri-creare una percezione corretta e rispettosa dei luoghi sotto l’aspetto visivo (come nel caso, questa volta pienamente riuscito, di alcuni degli ‘ecomostri’ italiani fortunatamente rimossi dai luoghi più belli della nostra penisola con una coraggiosa opera di riqualificazione visiva del paesaggio) vedremo che in molti altri casi la riqualificazione è declinata su questo altrettanto importante aspetto della realtà che ci circonda.

Luoghi sonori: concerti in/di città
La valorizzazione acustica di luoghi sonori in questi ultimi anni è stata oggetto di studio anche da parte di coloro che si occupano di riqualificazione della città, cioè architetti e urbanisti. Recenti studi hanno studiato l’interazione della componente sonora con la progettazione e la riqualificazione edilizia e urbana, così come è stato da sempre nel caso della luce, delle caratteristiche del sito o della vocazione culturale dei luoghi.

Se è vero che la componente visiva ha prevalso storicamente nella percezione (come nella rappresentazione) dei luoghi, mettendo in subordine, sia sotto l’aspetto metodologico che sotto quello terminologico, quella uditiva, è altrettanto vero che si è ormai fatta strada una nuova attenzione verso la componente acustica del paesaggio, sia naturale che costruito. Su questo terreno anche la progettazione architettonica mette al giusto posto la componente acustica, valutandone la portata anche sul piano psicologico:

«non meno delle strutture fisiche che occupano lo spazio, le onde sonore che lo attraversano influenzano la vita dell’uomo […] I suoni, dunque, possono divenire un elemento della progettazione architettonica, urbanistica e paesaggistica»(1).



Il sound (come ormai andiamo dicendo) è un fattore essenziale di ciascun luogo: ne determina fruibilità, vocazione, problematiche e peculiarità e deve essere per ciò posto nella giusta considerazione anche tra gli elementi che intervengono nella gestione territoriale, quindi da parte delle amministrazioni locali.

Il caso delle Sinfonie portuali di Pointe-à-Callière, eseguite dal 1995 ogni anno nella zona portuale della città di Montreal, è particolarmente interessante in quanto rappresenta un modo per riqualificare e restituire alla fruizione cittadina la zona marginale del porto. Volute dall’amministrazione del Museo di Pointe-à-Callière, intendono essere uno strumento di riappropriazione culturale di questa porzione di spazio cittadino, come rileva anche chi si occupa di architettura e di progettazione degli spazi cittadini:

«intendere il Porto Antico di Montréal come orchestra significa saper mettere in musica un vasto spazio sonoro e trattare come strumenti musicali fonti sonore incomplete»(2).

La potenzialità sonora degli spazi urbani, dunque, come tramite per la riappropriazione di quegli stessi spazi, soprattutto quando si presentino marginali e banali, con un operazione che induce la popolazione a riconsiderare e rivedere la propria percezione sensoriale dei luoghi cittadini. Analogo in questa direzione è il caso dei concerti di campane allestiti dal musicista spagnolo Llorenç Barber(3): si tratta di una serie di concerti per torri campanarie di varie città tra cui ricordiamo Tifernum armonicum a Città di Castello (27 agosto 1992), O Roma nobilis, tenutasi a Roma nel giugno 1993 e Serrallo del Alto Aire, organizzato a Cagli il 20 giugno 2002. Tutte queste perfomance sonore nascono da un attento studio dell’aspetto sonoro della città e del suo patrimonio campanario: i maestri campanari eseguono vere e proprie partiture fornite di cronometri, non potendovi essere un direttore dell’esecuzione. Sono previste poi altre fonti sonore libere di muoversi nella città; molto spesso le amministrazioni comunali stampano e distribuiscono volantini che illustrano ai cittadini le caratteristiche dell’evento sonoro.



«Tutti i concerti per campane cominciano con alcuni spari, che indicano […] il momento d’attacco del brano, il momento da cui far partire i cronometri. Ogni concerto è intrinsecamente legato al contesto della città, dipende dalle caratteristiche locali, dalle condizioni atmosferiche e dagli elementi dominanti dello spazio acustico. E’ costruito intorno alle campane a disposizione e agli altri eventuali strumenti da affiancare alle campane, come ad esempio lo scoppiettare di fuochi d’artificio, tubi armonici, megafoni, sirene di navi e bande di paese»(4).

E’ evidente che queste performance sonore ridisegnano in modo del tutto nuovo – anche se per il breve tempo di un paio d’ore – la geografia percettiva della città: gli ascoltatori sperimentano nuove percezioni (spesso amplificate dalla sospensione dell’illuminazione pubblica per la durata dell’evento) e sono condotti ad una fruizione dettata unicamente dalla componente uditiva.

Giardini sonanti contemporanei
Il Sonic Garden, installazione newyorchese allestita tra ottobre e novembre 2002, alla cui progettazione hanno partecipato musicisti del calibro di David Byrne e Laurie Anderson, è una sorta di giardino contemporaneo che utilizza la componente sonora utilizzata fin dall’antichità nella progettazione dei giardini e divenuta elemento essenziale a partire dal giardino barocco, quando soprattutto l’acqua (oltre, ovviamente, la costante presenza di musica eseguita) diviene elemento sonoro caratterizzante la percezione uditiva del luogo. Dal periodo barocco in poi, nei giardini pubblici di molte città - proprio per il carattere di luogo ponte tra Natura e Città tipico del giardino - la componente sonora è stata ampiamente utilizzata per la riqualificazione e il rinnovamento delle aree verdi. Il Sonic Garden, destinato a ridare identità al volto di Lower Manhattan dopo l’11 settembre, non è però un luogo fisico ma piuttosto un itinerario sonoro che propone al visitatore una serie di inaspettati stimoli acustici emessi da oggetti comuni come colonne, scale mobili, alberi:

«L’audience ha, quindi, l’opportunità di vivere un’esperienza estetica diversa, ascoltando lavori di artisti di fama mondiale in uno dei più grandi spazi pubblici di New York»(5).



In questo giardino contemporaneo il fattore sonoro risulta preponderante più del luogo stesso – sostituito da semplici elementi, anche non naturali - e caratterizza, più e meglio di quello visivo, la vocazione del luogo, guidando lo spettatore ad una fruizione del tutto nuova.

A spasso (sonoro) per le città
Passeggiare nelle città alla ricerca/scoperta di inediti paesaggi, di nuove sensazioni, di inusuali percezioni è una delle attività che vengono proposte oggi in molte città europee ed americane come esperienze di fruizione del paesaggio sonoro nell’ottica della loro valorizzazione. Anche se ancora inusuale, rispetto ad altri tour turistici classici concepiti con il precipuo scopo di scoprire le visuali della città, l’idea non è nuova e vi sono illustri precedenti in campo letterario e artistico:

«La pratica del camminare in città risale alla flânerie descritta da Baudelaire, dove flâneur è colui che cammina solitario per la città, vagabondando»(6).

Da Baudelaire la flânerie passa ai movimenti artistici: negli anni Venti dello scorso secolo il movimento dada organizza a Parigi le visites dada (la prima delle quali, come un moderno ready-made, avviene il 14 aprile 1921 alle tre del pomeriggio con ritrovo nel giardino della chiesa di Saint Julien le Pauvre) che, illustrate ai passanti con un volantino che ne spiega la motivazione, invitano ad una visita della città banale. Nell’ottica dada della rivalorizzazione della normalità in senso artistico, le visite ai luoghi urbani lontani dalle mete turistiche assume la finalità di ridare importanza ai luoghi meno convenzionali o assolutamente ordinari, a quelli che in realtà il cittadino ordinario vive abitualmente e che ne costituiscono lo scenario quotidiano.

I moderni sound-walk, che dell’ascolto della città ordinaria fanno il proprio scopo, sono la riposta attuale alla stessa necessità. La pratica moderna del camminare nella città con l’orecchio consapevolmente rivolto ai suoni del paesaggio circostante inizia nel 1966 con l’opera di Max Neuhaus(7) Listen. Il musicista americano realizza la prima performance di questa serie invitando gli amici a seguire un percorso concentrato sull’ascolto dei luoghi che ha come punto d’arrivo il suo studio di New York. Gli esperimenti di Listen confluiscono poi nella categoria di lavori denominati dallo stesso Neuhaus Walks e danno l’avvio ad una serie di eventi successivi che esplorano a tutto campo le possibilità artistiche di queste performance. Da allora il soundwalking diviene esperienza praticata in moltissime città come forma di partecipazione attiva all’interno del paesaggio sonoro.



Instancabile organizzatrice di sound-walk, nel 1997 Janet Cardiff(8) ha organizzato nella città di Münster i Walk Münster, un tour audio nel centro della città tedesca della durata di 17 minuti che termina nel museo della città. Il concetto è analogo al classico percorso museale con audio-guide, ma in questo caso è effettuato tra le vie cittadine e presenta una traccia sonora con rumori naturali dei luoghi montati in una sorta di colonna sonora della città. L’esperimento – condotto a partire dal racconto di un anziano del posto - dimostra come la nostra percezione sia fortemente determinata dal senso dell’udito e, conseguentemente, quanto sia possibile agire su di essa utilizzando i suoni.

«Il soundscape virtuale trasmesso in cuffia mima e commenta quello reale, anche con elementi discordanti, persino contraddittori. Obiettivo è studiare un effetto prodotto dalla combinazione di entrambi»(9).

Queste esperienze mettono a fuoco anche la forte componente simbolica del suono: lo aveva già messo in luce Schafer nei suoi studi, ma in questo caso la conferma arriva direttamente al fruitore, che entra a contatto in modo consapevole con il valore psicologico e simbolico del suono, oltre che, naturalmente, con la sua componente fisico-acustica.

Il cittadino comune come musicista dello spazio urbano
Nell’interazione uomo/paesaggio non potevano mancare le attività in cui l’uomo è chiamato a misurarsi con la componente sonora diventando egli stesso componente attiva della rappresentazione uditiva, co-attore, con le proprie scelte, del risultato finale. Le città sonanti di François Bernard Mache(10) sono progetti (non realizzati) che propongono all’interno della città fruizioni sonore differenziate in base a cornici concentriche in cui la città è ripartita: dal centro alla periferia la città offre performance musicali diverse, che spaziano dal silenzio (nella zona centrale) al suono organizzato (concerti veri e propri), ai rumori ambientali fino ai rumori meno controllati e a quelli spontanei prodotti dal pubblico. Infatti è proprio il pubblico che interviene come co-produttore di evento e non solo come semplice fruitore:



«L’uditore può scegliere tra i possibili percorsi che attraversano le trentuno diverse zone, può addentrarsi nella prima corona e ascoltare solamente i suoni provocati da lui stesso, può attraversare tutte le zone secondo un percorso a spirale. Gli abitanti della città sono allo stesso tempo autori e uditori: viene ripensato il rapporto tra autore, brano e uditore»(11)

Anche Viv Corringham(12) sceglie il coinvolgimento diretto delle persone nelle sue performance sonore - proponendo un tipo di performance riconducibile ai sound walks di cui abbiamo detto sopra - ma nel suo caso l’elemento sonoro utilizzato è la voce: le vocal strolls (letteralmente ‘cantare a zonzo’) sono esperienze sull’interazione tra voce umana e ambiente cittadino e sono concepite come itinerari che incoraggiano chi li percorre ad intervenire con commenti sonori. Nelle iniziative della Corringham «voce e ambiente si rispondono vicendevolmente»(13), commenta Belgiojoso: l’operazione è quella di riproporre la fruizione dello spazio cittadino ricostruendone, come già nel caso della Cardiff, la storia e la vocazione.

Allo stesso modo il festival olandese Yo!Opera di Utrecht, svoltosi a partire dal 2004, cerca proprio nel coinvolgimento del pubblico la sua motivazione artistica: una community opera in cui l’opera tradizionale è ridotta e resa flessibile per essere direttamente fruita dal un vasto pubblico partecipante. L’edizione del festival del 2005 (Opera in the bus) coinvolge guidatori di autobus e pubblico (i passeggeri devono cantare!!), oltre che musicisti professionisti, e prevede la dislocazione di eventi in vari luoghi, centrali e non, della città.

In questi, come in molti altri analoghi casi, il risultato assume il carattere di opera aperta(14), diviene collettivo e improvvisato, plurimo e unico allo stesso tempo, e contemporaneamente, diverso dalle rappresentazioni tradizionali ma basato comunque su modalità contrappuntistiche, sebbene di diversa natura da quelle della musica colta.



Quando il paesaggio sonoro diventa sound design
In parallelo con lo sviluppo della Land Art, anche la Sound Art trova spazio nelle attuali ricerche artistiche, andando inevitabilmente ad intrecciarsi con il concetto di paesaggio sonoro.

Tra le molte creazioni di Sound Art il Garden of time-dreaming, presentato al Festival Ars Electronica di Linz nel 1990, appare particolarmente interessante. Primo importante progetto uscito dallo studio O+A(15), questo progetto utilizza i suoni del traffico che vengono raccolti, rielaborati e mixati con suoni naturali (acqua e vento ma anche strumenti tradizionali), resi musicali e poi trasmessi tramite altoparlanti raggiungendo l’ascoltatore prima dei suoni del traffico e fungendo così da barriera sonora al rumore del traffico stesso. Lo studio O+A utilizza il tuning tube, strumento innovativo che raccoglie, analogamente ad un sistema empirico usato dalle antiche civiltà, le frequenze fondamentali (le toniche, diremmo con Schafer) di un dato ambiente:

«sviluppando gli armonici principali dei suoni ambientali creando un effetto simile a quello del didjeridoo […] Incanalando gli armonici principali dei rumori ambientali è possibile intonare l’ambiente circostante a una frequenza base, si direbbe, di bordone che ha la capacità di armonizzare il paesaggio sonoro»(16).

Analogamente ai vasi risuonatori dell’antichità lo studio O+A nel 1991 ai Fori Traianei a Roma realizza Traffic Mantra, ottenuto intrappolando e amplificando alcuni suoni del traffico circostante: il risultato è quello di un’atmosfera fatta di armonici cangianti.



Qualche nota conclusiva
Alla fine di questa breve excursus su alcune delle recenti performance che vedono protagonista, a viario titolo, il paesaggio sonoro (le filiazioni degli studi sul paesaggio sonoro di Schafer sono certamente molto più numerose del breve campione che abbiamo esaminato) ci sentiamo di fare qualche riflessione.

Gli esempi cui abbiamo accennato - dimostrando la grande mole di energie artistiche e creative che l’affermarsi del concetto di soundscape ha messo in moto – dimostrano anche che tutto ciò sarebbe stato impossibile senza l’aiuto fondamentale dell’elettronica e dell’elettroacustica: con le sole risorse sonore tradizionali questa mole di sperimentazioni sarebbe stata impensabile. Pur tuttavia è evidente che la musica tradizionale (con i suoi strumenti, i suoi generi, le sue forme) non venga mai del tutto abbandonata, a dimostrazione che esiste una via non solo possibile ma particolarmente feconda di incontro del nuovo con il vecchio.

Gli esperimenti che abbiamo visto vedono sempre una strettissima commistione tra arte e musica e tra spazio e tempo, quasi a dimostrare la relatività di queste categorie e invece l’esistenza di eventi in cui i diversi piani dell’arte e delle dimensioni in cui essa si esplica (essenzialmente spazio e tempo) divengono osmotici; la sperimentazione sta per lo più in questa capacità di spaziare nelle arti, ridisegnandone i limiti e ponendo lo spettatore/fruitore in una posizione che per lo più lo pone al centro dell’evento stesso.

L’intento di questo tipo di performance, poi, è anche democratico: una partecipazione collettiva è, per sua natura, aperta a tutti, anche a chi non frequenta abitualmente luoghi culturali, non richiede competenze specifiche, in essa ogni singola azione ha valore come le altre e, anche, assume valore proprio nell’interazione con le altre azioni per il raggiungimento del fine ultimo.



Note

(1) A. Minidio, I suoni del mondo. Studi geografici sul paesaggio sonoro, Milano, Guerini Scientifica, 2005, p. 117

(2) R. Belgiojoso, Costruire con i suoni, Milano, FrancoAngeli, 2009, p. 61

(3) Llorenç Barber (1948 -) scenografo e direttore d’orchestra spagnolo, studia composizione e pianoforte e si laurea in Storia dell’Arte. Introduce il minimalismo musicale in Spagna ed è considerato creatore della musica polifocale (concerti di città, concerti dei sensi, concerti itineranti). Da oltre vent’anni si occupa anche di concerti per torri campanarie in varie città europee.

(4) Belgiojoso, op. cit., p. 58

(5) Minidio, op.cit., p. 113

(6) Belgiojoso, op.cit., p. 98

(7) Max Neuhaus (1939 –2009) è stato un percussionista e interprete di musica contemporanea degli anni ’60, divenendo un pioniere nel campo della Sound art. Oltre ai Listen, realizza molte altre perfomance sonore tra cui, nel 1967, Drive in Music, allestita a Buffalo: lungo un tratto della via principale della città sette altoparlanti trasmettono ognuno un suono proprio e l’automobilista può ascoltare questa colonna sonora sintonizzandosi su una stazione radio predisposta, che mixa i vari contributi in base alla velocità dell’automobile e anche alle condizioni meteorologiche. Il risultato è originale e varia a seconda delle condizioni del tragitto di ogni singola macchina, risultando quindi un’opera aperta.

(8) Janet Cardiff (1957 - ) è un’artista canadese che ha raggiunto notorietà internazionale con le radio-walks, collaborando soprattutto con i principali musei di arte moderna. Dal 1991 con il compagno John Bures Miller ha realizzato le famose walks, una delle quali a Villa Medici a Roma nel 1998. (9) Belgiojoso, op. cit., p. 95

(10) François Bernard Mache (1935 - ) è un musicologo francese e compositore di musica concreta ed elettronica. Discepolo di Olivier Messiaen, oltre che per le composizioni tradizionali, è ricordato per essere stato l’iniziatore della zoomusicologia, branca della musicologia che studia l’estetica della comunicazione sonora presso gli animali. Il progetto per le città sonanti è pubblicato nel 1971.

(11) Belgiojoso, op. cit. p. 63-64

(12) Viv Corringham, cantante e artista inglese, da anni lavora a livello internazionale con performance musicali, installazioni audio e sound-walks, partecipando ai principali festival di sound art. Dal 2005 lavora in particolare alla realizzazione delle shadow-walks, performance prodotte dalla interazione di tre elementi: il camminare con gli altri, l’ascolto dei suoni ambientali e le sue improvvisazioni vocali. La prima di queste esperienze è realizzata nella città di Cork seguendo le tracce dei flâneur.

(13) Belgiojoso, op.cit., p. 97

(14) Per quanto riguarda il concetto di opera aperta vedi U. Eco, Opera aperta, Milano, Bompiani, 1962

(15) Bruce Odland e Sam Auinger (noti come O+A) sono una coppia di artisti, compositori e sound designers attivi dal 1989.

(16) Minidio, op. cit. p. 124



Bibliografia

Architecture as a translation of music, (a cura di) edited by Elizabeth Arden, New York, Princeton Architectural Press, 1994

Colimberti, Antonello (a cura di) - Ecologia della musica: saggi sul paesaggio sonoro, Roma, Donzelli, 2004

Minidio, Andrea - I suoni del mondo. Studi geografici sul paesaggio sonoro, Milano, Guerini Scientifica, 2005

Rinaldi, Renato e Zanini, Piero - Il punto di vista dell’orecchio, in «Lo Squaderno», n. 10, Soundscapes/Paesaggi Sonori, Dicembre 2008, pp. 15-21

Chiodo, Susanna (a cura di) – Il suono congelato, Milano, Unicopli, 2009

Belgiojoso, Ricciarda – Costruire con i suoni, Milano, FrancoAngeli, 2009


(29 Gennaio 2012)
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