RIFLESSIONI SUL PAESAGGIO SONORO
I nuovi contributi, dalla storia alla geografia
di Michela Costantini
“Il campo degli studi sul paesaggio sonoro … non può relegarsi in un solipsistico compiacimento delle valenze multisensoriali del paesaggio, ma deve raggiungere lo scopo della valorizzazione, della salvaguardia e del miglioramento” (Andrea Minidio, 2005)
Questa affermazione dimostra come la lezione di Raymond Murray Schafer, che ha avuto il merito di focalizzare l’attenzione sul concetto di paesaggio sonoro, abbia generato nei decenni successivi innumerevoli studi: in questo senso Minidio esorta al passaggio dallo stato di studio a quello di azione volta al miglioramento dell’ambiente sotto l’aspetto sonoro.
I nuovi contributi teorici che sono scaturiti dalla lezione del musicologo canadese spaziano dalla storia alla geografia, dalla sociologia all’antropologia passando per la psicologia, e raccontano di un interesse sempre crescente ma soprattutto sempre più consapevole riguardo all’ambiente che ci circonda considerato nella sua valenza sonora e uditiva. Ribaltando il discorso, oggi possiamo affermare che lo studio del suono rientra a sua volta in molte discipline: bioacustica, ingegneria ambientale, fisica, geografia, psicologia ambientale.
La lista degli studi recenti sul paesaggio acustico sarebbe molto lunga: tra questi quelli, maturati nei paesi francofoni - e diremmo che non è un caso – la fanno da padrone. In Francia come nella stessa patria di Schafer, il Canada, il tema appare infatti particolarmente sentito, a giudicare dalla mole cospicua di contributi prodotti.
Qui ci preme soprattutto tracciare qualche breve cenno su alcuni dei molti contributi italiani o tradotti in italiano su questo tema, tema nel quale – riteniamo – chiunque può trovarsi coinvolto. Come il capostipite The Tuning of the world aveva già prospettato, questi contributi hanno la caratteristica di muoversi in ambiti pluridisciplinari, con analisi che legano il fenomeno sonoro ad altre discipline, dalla storia alla geografia, dall’ecologia alla psicologia.
Nuovi repertori del materiale sonoro
Il Repertorio degli effetti sonori, opera del filosofo sociale francese Jean-François Augoyard e del sociologo e urbanista Henry Torgue(1), matura nell’ambito del progetto di ricerca sullo spazio sonoro e l’ambiente urbano ‘Cresson’ presso l’università di Grenoble. Come si evince dal titolo, intende essere uno studio compilativo, poiché conduce un esame sistematico degli effetti sonori in senso acustico; tuttavia la recensione alla sua prima uscita, a firma dello stesso Murray Schafer, lo pone a pieno titolo nella scia degli studi che la lezione del musicologo canadese ha prodotto. Il testo propone l’esame acustico degli effetti sonori e allo stesso tempo letture comparate con altre discipline, volte a mettere in luce come l’aspetto sonoro della nostra esistenza sia legato a complessi fattori culturali, fattori che vanno compresi a fondo se si vuole operare efficacemente per rendere i nostri paesaggi sonori più consoni alle nostre esigenze e più in armonia con il nostro essere.
Il taglio della rassegna degli effetti (vi troviamo l’anticipazione come la compressione, il decrescendo come la permanenza) è principalmente acustico, ma gli autori ne esaminano le relazioni anche con categorie del sapere come la Psicologia e fisiologia della percezione, la Sociologia e cultura del quotidiano, l’Estetica musicale, o l’Architettura e urbanistica.
Un esempio: l’effetto del filtraggio (fenomeno che consiste nel rinforzo o riduzione di alcune frequenze di un suono rispetto al modo con cui lo ascoltiamo abitualmente) è esaminato sotto l’aspetto psicologico (sensazioni legate alla percezione di alcuni suoni rispetto ad altri dello spettro sonoro modificato in fase di filtraggio) e sotto quello architettonico e urbanistico. In questo caso Augoyard e Torgue esaminano come la conformazione degli isolati o gli aspetti distributivi delle abitazioni intervengano nella percezione dei rumori e quindi dell’ambiente sonoro che si crea al loro interno.
Il paesaggio sonoro del XX secolo
Schafer aveva già a suo tempo messo in evidenza come una delle massime trasformazioni del paesaggio sonoro nel mondo occidentale sia avvenuta nel passaggio tra Ottocento e Novecento, passaggio segnato – con un processo peraltro senza ritorno - dall’invadenza nella macchina nella vita dell’uomo. Recentemente Stefano Pivato(2) ha studiato queste stesso momento storico, momento che vede il passaggio definitivo e inesorabile da una società silenziosa ad una civiltà rumorosa, non solo in termini squisitamente acustici ma soprattutto in termini culturali e sociologici.
Nuove armi a disposizione per i conflitti, il moltiplicarsi delle industrie e il dilagare di automobili, motociclette ed aerei, accompagnano un mutamento senza eguali nel repertorio dei rumori in cui si svolge la quotidianità dell’uomo occidentale. Dal silenzio del salotto borghese al mito del rumore propugnato dal Futurismo, dalla invadenza del rumore delle armi avvenuta nelle due guerre alla rumorosità dell’ideologia del ventennio, dagli slogan dei comizi di piazza alla rivoluzione nella musica che ha avuto luogo dalla fine degli anni Sessanta, Pivato ripercorre le fasi del crescendo nella società e dei mutamenti di significato di cui è stato oggetto, mettendo in evidenza soprattutto il significato sociologico del binomio silenzio-rumore, che vede il ribaltamento dei valori di positività e negatività correlati ai due termini. Se infatti la società borghese dell’Ottocento attribuisce al primo un valore positivo e al secondo un valore negativo – in analogia con i codici di comportamento che rimarcano la necessità della differenziazione tra borghesia e popolo - il secolo XX ribalta i termini della questione, arrivando a considerare il rumore come manifestazione imprescindibile e positiva del progresso e il silenzio come portatore di vuoto e assenza, momento di pura negazione o di oscuro conservatorismo.
Di più, Pivato, come giù Schafer prima di lui, connota il rumore di valori politici e persuasivi: come immaginare le grandi adunate di massa senza il contributo del rumore, senza un uso fragoroso della voce (efficacemente amplificata dal microfono), senza il tono acusticamente aggressivo della propaganda? I fenomeni politici e di massa del XX secolo sarebbero impensabili senza il rumore e senza un adeguato uso del volume sonoro nella comunicazione. Insomma, la forza del suono come capacità di persuasione (ma non funziona così, oggi, anche la pubblicità televisiva?).
Invaso dal rumore istituzionalizzato, però, l’uomo del XX secolo ha attraversato altre stagioni e, all’alba del nuovo Millennio, subito ulteriori trasformazioni: logorato dall’invasività del rumore, caratterizzante lo spazio pubblico ma sempre più violentemente anche quello privato, l’uomo è andato ricercando nuovamente il silenzio, silenzio questa volta rivestito di significati olistici, religiosi, meditativi, curativi…
I nuovi luoghi del silenzio sono fuori dalla città, e la cosa non stupisce: monasteri, atolli sperduti, montagne inaccessibili, casolari immersi nel verde della campagna sono i nuovi miti del silenzio, luoghi altri dalle nostre città e dalle nostre case, in cui è garantita la lontananza dal frastuono di tutti i giorni e dove è possibile recuperare quel silenzio – fisico ma soprattutto psicologico - che nelle metropoli è ormai impensabile.
I legami tra paesaggio sonoro e geografia
Analoga ricerca è avvenuta sul piano degli studi geografici, e con esiti altrettanto interessanti. Il contributo di Andrea Minidio(3) (che in coda al testo riporta anche un interessante sunto discografico dei suoni del mondo) si muove sul piano degli studi geografici e, raccogliendo importanti lezioni precedenti, mira a ricostruire i possibili apporti che la geografia può fornire agli studi sul paesaggio sonoro: come osserva l’autore nella prefazione “dei tanti elementi presi in considerazione dai geografi (clima, vegetazione, acque, territorio, ecc,) la componente legata al suono e ai rumori non sembra essere stata sufficientemente indagata”(4).
Partendo dunque dall’analisi del paesaggio sonoro in analogia con quanto è stato fatto relativamente al paesaggio rappresentato, cioè alla pittura, Minidio si riallaccia ai concetti-chiave già messi in luce da Schafer (tonica, segnale sonoro, impronta sonora) esaminando i rapporti tra paesaggi geografici e paesaggio sonoro, spaziando dalle composizioni onomatopeiche (che imitano i suoni del paesaggio naturale, degli animali, dei linguaggi umani), a quelle effettivamente ispirate ai suoni – o all’immaginario sonoro - dei luoghi. Qui pensiamo al genere pastorale, alle opere di Vaughan Williams (A London Simphony, The Sea Simphony, Sinfonia Antartica), a quelle di Charles Ives (Central Park in the Dark, Il campo del Generale Putnam), a quelle del finlandese Rautavaara (Cantus Articus op. 61) ma anche allo sconfinato repertorio popolare che costantemente attinge dall’ambiente geografico di appartenenza.
Nella seconda parte del libro l’autore scende nello specifico di alcuni particolari paesaggi sonori del mondo, come il giardino (con incursioni nella progettazione dei giardini - come le fontane, elementi dalla forte componente acustica - o nei recenti esperimenti sui giardini sonori), o la città.
Infine Minidio si occupa delle relazioni tra il campo del paesaggio sonoro e quello della progettazione, territoriale e ambientale: in questo senso il discorso passa da un piano prettamente analitico e descrittivo a quello ben più impegnativo dell’azione e della sensibilizzazione e, ancor più in là, a quello della doverosa e imprescindibile pianificazione del territorio. L’esame del paesaggio sonoro (termine, come Minidio precisa, più ampio del semplice paesaggio acustico) avviene sul piano qualitativo, secondo i parametri dell’ascolto attivo e delle esperienze ad esso legate, esperienze che rafforzano la pratica di un ascolto che lungi dall’essere inconsapevole, porta invece ad un’interazione proficua e consapevole con l’ambiente.
Si tratta delle esperienze di soundwalking (ne parleremo nel terzo di questa serie di articoli dedicati al tema del paesaggio sonoro) che possono aiutare lo studioso del paesaggio sonoro a tracciare mappe e studi utili alla scelta del pianificatore in fatto di controllo della qualità uditiva e conseguente pianificazione degli ambienti.
Un dato che appare degno di nota in relazione a questo tema è l’interesse rivolto dall’Unesco nei confronti dei patrimoni sonori: fin dagli anni Sessanta l’ente ha avviato una strategia di tutela delle specificità dei paesaggi sonori del mondo in collaborazione con l’IMC (International Music Council) tramite la registrazione delle tradizioni orali e musicali, considerate patrimonio dell’umanità e quindi oggetto di preservazione, e la pubblicazione dei risultati. Tra quelle italiane citate troviamo la tradizione della musica per zampogna nelle regioni meridionali o quella campanaria bergamasca (che peraltro si ricollega alla famosa opera dello storico Alain Corbin, Les Cloches de la terre, 1994(5)).
Un altro aspetto assolutamente centrale nelle riflessioni attuali sul paesaggio sonoro è quello educativo: Minidio – come già Schafer a suo tempo – rilancia l’importanza dell’educazione al paesaggio sonoro nelle sue varie declinazioni, dalla conoscenza al rispetto, alla valorizzazione: l’ascolto consapevole ed educato – scrive Minidio - appare infatti come strumento per la costruzione di sviluppo sostenibile e di pace, tramite privilegiato per il conseguimento della cultura dell’accettazione e del rispetto.
Note
(1) Augoyard, Jean François, Torgue, Henry – À l’ècoute de l’environnement. Répertoire des effets sonores, Marseille, Editions Parenthèses, 1995, ed. it. Repertorio degli effetti sonori, a cura di Adolfo Conrado, trad. di Sabrina Doria, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2003
(2) S. Pivato, Il secolo del rumore. Il paesaggio sonoro nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 2011
(3) A. Minidio, I suoni del mondo. Studi geografici sul paesaggio sonoro, Milano, Guerini Scientifica, 2005
(4) A. Minidio, op. cit., p. 15
(5) Corbin, A. Les Cloches de la terre. Paysage sonore et culture sensible dans les campagnes au XIXe siècle, Paris, Albin Michel, 1994
Bibliografia
Augoyard, Jean François, Torgue, Henry – À l’ècoute de l’environnement. Répertoire des effets sonores, Marseille, Editions Parenthèses, 1995, ed. it. Repertorio degli effetti sonori, a cura di Adolfo Conrado, trad. di Sabrina Doria, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2003
Minidio, Andrea - I suoni del mondo. Studi geografici sul paesaggio sonoro, Milano, Guerini Scientifica, 2005
Pivato, Stefano - Il secolo del rumore. Il paesaggio sonoro nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 2011
(25 Settembre 2011)
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