IO SONO IL MIO CORPO

di Luciano Fico
per gentile concessione della rivista "Insonnia. Mensile di confronto ed ironia" (Racconigi-Torino)

Lei è una donna, sulla trentina, e non ha mai permesso che il suo corpo fosse violato da un uomo, neppure suo marito. Lui è un uomo e di anni ne ha una cinquantina; lui non si è mai permesso di far l’amore con una donna. Casi limite, direte voi. Non so…

Ripenso a due ragazze molto giovani che negli anni scorsi ho incontrato: erano entrambe trincerate in un corpo ormai scheletrico, in cui si ostinavano a non fare entrare cibo, a costo di morire.

Casi limite certo, ma forse anche messaggi che dalla sofferenza ci raggiungono per dire cose non banali sul corpo. E forse è davvero giunto il tempo di dire cose serie ed importanti sul corpo che noi siamo.

Proprio quando la vita si svela in modo così brutale nel dolore di chi non riesce più a viverla, io vedo che il discorso si fa radicale e vero, senza scampo. Mi appare l’immagine di queste persone come di guerrieri arroccati in un castello dalle alte mura: il ponte levatoio è alzato, niente e nessuno può più entrare.

Sono disposti a morire di fame e di solitudine pur di non farsi invadere. Ma cosa stanno difendendo, chiudendosi nel proprio corpo?

Io penso che stiano strenuamente difendendo la propria identità che sentono oscuramente minacciata dall’altro. Ed ecco così apparire una grande verità da questa loro battaglia: il corpo è la sede irrinunciabile della nostra identità. Il corpo ci appare allora come il nostro insostituibile modo di stare al mondo: noi siamo in quanto siamo un corpo. Quando Cartesio affermò “Penso dunque sono”, ci descrisse solo una faccia della medaglia e ci fece perdere il corpo. Da quasi trecento anni il mondo occidentale si fonda su quel drammatico equivoco ed ha smesso di vedere il corpo vivente, il corpo animato da intenzioni per sostituirlo con un “corpo oggetto”.



Il corpo che siamo ormai abituati a conoscere è un corpo cadavere che ci è dato come uno strumento, che deve servire a qualcosa. Il corpo è sempre servito a lavorare, ma negli ultimi tempi la Società ci ha insegnato che il corpo serve anche a consumare, per i tanti suoi bisogni.

Da quando l’immagine ha preso il sopravvento, il corpo è diventato lo strumento per apparire: canoni estetici, palestre, bisturi e creme si occupano di lui; Tv e giornali pensano poi a trasformarlo, soprattutto nella sua versione femminile, in oggetto di desiderio.

Oggi questo grande abbaglio comincia a farsi evidente in modo drammatico. Non mi saprei spiegare il fatto che un gruppo di ragazzini stupri in massa una compagna ad una festa senza sentirsi poi in colpa, o che altri diano fuoco ad un barbone per gioco, se non potessi pensare che ormai loro non riescono più a vedere la persona in quei corpi usati o seviziati: solo il video ripreso dal telefonino e messo in Rete sembra riportarli ad una qualche realtà, ma l’altro non è mai reale, è solo un corpo.

In Italia, ultimamente, questo processo di impoverimento del corpo sta anche facendosi riflessione etica e normativa. La Chiesa da una parte e lo Stato dall’altra sembra che cerchino di rimediare al problema, ma purtroppo senza riuscire a ricucire lo strappo tra il corpo e l’individuo, anzi peggiorandolo.

Cercano così di normare e “tutelare” quel corpo reietto, volendo imporre agli individui alcuni vincoli invalicabili: si cerca di dire allora che l’individuo non può decidere quando abbandonarsi alla morte se la vita non è più dignitosa per lui, ma che dovrà essere la Legge a decidere del suo corpo; si parla anche di vietare la chirurgia estetica ai minorenni, ma non di educare i minori a riconoscersi nel proprio corpo per imparare a rispettarsi come corpo; il corpo diventa terreno di scontro ideologico quando si parla di fecondazione artificiale, ma anche di sessualità, di sicurezza, di diritto alla salute, e così via.

Nessuno sa più dire, però, che noi siamo il nostro corpo, che la nostra libertà di esistere in quanto individui si fonda e si radica nel nostro corpo, che se io non posso più disporre del mio corpo allora non sono più un individuo libero di auto-determinarmi e divento l’ingranaggio di un sistema. Io questa verità ho dovuto farmela ricordare da chi del corpo ha fatto l’ultimo baluardo, nell’angoscia di perdersi in questa vita.

Passo parola ai lettori e spero che la voce si diffonda: ci stanno rubando il corpo e l’anima di conseguenza!

(27 Marzo 2011)
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