DIARI DI VIAGGIO:
IL GRAND TOUR TRA VOYAGE PAR LETTRES E VOYAGE PITTORESQUE
di Michela Costantini
La letteratura di viaggio da sempre è un obiettivo puntato su realtà diverse che non solo racconta luoghi ‘altri’ da sé, lontani nello spazio e nel tempo, ma soprattutto svela la sensibilità e il contesto socio-culturale dell’osservatore, creando uno stretto dialogo tra l’occhio di chi vede e l’oggetto osservato, in un continuo rimando nel quale l’arricchimento è reciproco.
L’istinto alla scoperta è antico come l’uomo e il resoconto di viaggio – dall’Odissea di Omero alla Periegenesi della Grecia di Pausania, a metà strada tra la ‘guida turistica’ e la trattazione storica, passando per pietre miliari del genere come il Milione di Marco Polo – ne è la trascrizione letteraria, la rivisitazione successiva, la rielaborazione critica. Va da sé che il resoconto di viaggio è sempre legato ad un luogo: ma allo stesso tempo – ed in misura non certamente minore - è anche espressione dei propri luoghi, di quei luoghi intimi e di quel luogo del sé che accompagna ogni viaggiatore.
Da queste esperienze nasce una vastissima letteratura odeporica: da I viaggi di Gulliver di Swift, al Viaggio in Italia di Goethe, dal viaggio nel futuro de La macchina del tempo di G.B.Wells ai numerosi resoconti di viaggio di Chatwin (tra cui spicca quello dal titolo particolarmente significativo di Anatomia dell’irrequietezza) passando per i viaggi fantastici di Jules Verne o per i reportage dall’Asia di Terzani.
Il Grand Tour: cronache letterarie e pittoriche
Se la cronaca del viaggio è cosa antica, pur tuttavia è solo tra XVII e XVIII secolo che si afferma come pratica sociale condivisa, diventando in breve tempo vera e propria consuetudine, addirittura moda. Il Settecento in particolare è l’epoca che vede l’affermarsi del viaggio come percorso obbligato di formazione umana e artistica, definendosi con il termine di Grand Tour: è una sorta di iniziazione, di formazione della persona, non solo sul lato artistico ma più ampiamente su quello umano ed esperienziale, percorso di crescita personale che può durare mesi e più spesso anni.
Il termine viene coniato da Richard Lassels nel 1670 nel suo libro The Voyage of Italy - prima vera e propria guida d’Italia - ma la pratica si era ormai diffusa già dal 1630 si tra le elites culturali del nord Europa come esperienza necessaria per ogni artista che volesse formarsi in modo diretto all’arte e alla cultura, segnatamente a quella classica. Non dobbiamo dimenticare infatti che la pratica del viaggio si diffonde ampiamente in tutta Europa grazie anche alla riscoperta del valore della classicità; nel secolo successivo subisce poi una nuova accelerazione in seguito alle scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano, che segnano fortemente la cultura degli anni Quaranta del secolo.
Per questo motivo il viaggio per eccellenza, il più ambito, è il viaggio in Italia, che si snoda tra i due massimi epicentri artistici di Venezia e Roma ma si spinge spesso anche più a sud, fino a Napoli e a Palermo, senza peraltro disdegnare i numerosissimi centri minori, le cento città di cui l’Italia può vantarsi. Pittori, architetti, musicisti, letterati e poeti percorrono in lungo e in largo la penisola, alla ricerca delle vestigia della cultura europea, delle bellezze paesaggistiche e artistiche ma anche degli usi e dei costumi degli abitanti.
L’esperienza non è affatto priva di rischi: a quel tempo i trasporti sono lenti e non di rado insicuri, l’ospitalità spesso precaria e le insidie per un ricco viaggiatore numerose. Economicamente dispendioso, è per lo più appannaggio dei rampolli delle classi nobili (anche se il governo inglese spesso finanziava i giovani viaggiatori in possesso di documentate motivazioni) e – soprattutto dal XVIII secolo – anche dei ricchi borghesi, divenendo una vera e propria moda e per i secondi anche un’operazione di adeguamento culturale alle classi nobili e una tappa della scalata sociale.
La maggior parte dei viaggiatori è di giovane età e di solito accompagnata da fidati tutor più anziani, ‘precettori viaggianti’ di maggior esperienza e fama (ma anche di ridotte possibilità economiche) che avevano il compito di stabilire mete e finalità del viaggio. Tra il 1760 e il 1780 anche le donne iniziano a viaggiare, preannunciando la successiva e feconda stagione delle viaggiatrici romantiche.
Minuziose descrizioni di opere d’arte e paesaggi, considerazioni di natura urbanistica, quadretti spesso sagaci di vita sociale e mondana, racconti di costume: i temi trattati nel voyage par lettres sono quantomai variegati, espressione delle personali e diversissime motivazioni dei viaggiatori, ma sempre dettati dall’esigenza (non sempre raggiunta, peraltro) della trascrizione fedele. L’intento della traduzione letteraria del viaggio settecentesco è infatti quello dell’oggettività: banditi i commenti salottieri e gli aneddoti, la narrazione si sforza di incentrarsi sui dati oggettivi, sul taglio da cronaca consono ad un intento informativo e – diremmo - quasi didattico.
I resoconti di viaggio, proprio per la natura stessa del materiale da trasmettere, assumono le frammentarie forme letterarie del diario, della relazione, della guida, della cronaca e soprattutto della raccolta epistolare, la più diffusa. La lettera infatti – dal tono spesso confidenziale - consente una stesura libera da rigidi schemi letterari, uno stile discorsivo, diretto, che renda il senso dell’immediatezza dell’esperienza vissuta.
Il voyage pittoresque è la versione pittorica della cronaca letteraria del Grand Tour settecentesco, il risultato visivo non solo dell’interesse e dell’ammirazione che le bellezze artistiche dell’Italia suscitano nei viaggiatori, ma anche dell’interesse per la storia e per la geografia dei luoghi.
Non va dimenticato che il disegno è considerato nel Settecento strumento diretto di conoscenza, mezzo di educazione e modo per raccontare, più e talvolta meglio della parola, paesaggi naturali o opere di architettura e in questo senso appare quindi del tutto naturale che le testimonianze del Grand Tour viaggino sul doppio binario della cronaca letteraria e della cronaca pittorica: corredare il racconto letterario di ‘appunti’ grafici, che vanno dagli schizzi ai veri e propri quadri passando per incisioni, acqueforti, stampe e carte topografiche è pratica molto diffusa, se si considera che non di rado il viaggiatore stesso sa dipingere.
Più spesso però il viaggiatore è accompagnato dai pittori delle Accademie, scuole d’arte assai quotate come la più illustre, l’Académie des Beaux-Arts di Parigi, che aveva istituito una sede anche a Roma, dove confluiscono gli artisti francesi meritevoli della borsa di studio nota come Grand Prix de Rome. Tale pratica che è così diffusa che l’Accademia stessa prevede veri e propri permessi per consentire ai suoi migliori pittori di accompagnare i giovani nel viaggio artistico.
Nuovi generi pittorici prendono vigore grazie alla pratica del Grand Tour. In primis quello del vedutismo, genere che rivaluta il tema del paesaggio (naturale e architettonico) fino ad allora adombrato dai più frequentati generi religiosi o storici. Se il vedutismo ha valore anche come documento storico dell’Italia del Settecento, allo stesso tempo non va dimenticato che esso propone una rappresentazione in cui la realtà oggettiva si fonde con la visione personale e la libera interpretazione, in un intreccio nel quale il dato reale spesso si trasfigura.
E poi il pittoresco, genere artistico ma anche categoria estetica in cui la natura acquista valore soprattutto nelle rappresentazioni di luoghi ancora vergini e incontaminati, dai tratti irregolari e spontanei e quindi luoghi altri rispetto alle opere dell’uomo, geometricamente definite. E anche dove questa è presente, quale vestigia dell’antico splendore, essa è ritratta in forma di rovina, di frammento spesso sommerso dalla natura selvaggia: dunque tempietti diroccati, colonne spezzate, scorci di vecchie rovine immersi in una natura incontaminata che, con la sua forza vitale e primordiale, anticipa uno dei grandi temi del Romanticismo.
Che si tratti di resoconto letterario o di album pittorico, il Grand Tour ha il pregio di promuovere – insieme alla stessa cultura del viaggio - testimonianze che sono tra i lasciti maggiori dell’età dei Lumi ai secoli successivi: la moderna letteratura di viaggio o gli attuali libri fotografici non sono che alcuni degni esempi dell’eredità di quelle esperienze illuministe, traslate nei tempi attuali e declinate nei moderni linguaggi comunicativi.
(30 Gennaio 2011)
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