La documentazione presentata sulla tratta AV/AC Milano-Genova. Terzo Valico dei Giovi per la pronuncia di compatibilità ambientale lo scorso 10 marzo è stata redatta dal Consorzio Co.Civ., general contractor cui TAV SpA, concessionaria della realizzazione del progetto nazionale sull'AV, ha affidato la realizzazione dell'opera.
La società concedente Rete Ferroviaria Italiana - RFI S.p.A. e la Concessionaria Treno Alta Velocità - TAV S.p.A. ritengono evidentemente, sulla base dell'art. 11, comma 1 della L. n. 166/2001, che Co.Civ. abbia titolarità a presentare tale progetto, non tenendo conto della violazione delle normative europee e della procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea.
Infatti, il 22 luglio 2002 la Commissione Europea ha inviato una lettera di costituzione in mora del Governo Italia relativa agli appalti per la realizzazione delle linee dell'Alta Velocità Milanno-Genova, Milano-Verona e Milano Venezia.
Le associazioni e i comitati scriventi riscontrano nella norma in questione una violazione delle nome comunitarie e in particolare della Direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori e degli artt. 4 (ex articolo 3A), 87 (ex art. 92), 88 (ex art. 93) e 89 (ex art. 94) del Trattato istitutivo della Comunità Europea, che disciplinano la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato.
Infatti, a giudizio delle associazioni e dei comitati scriventi, esiste un contrasto tra le norme comunitarie sugli appalti dei lavori pubblici e sulla tutela della concorrenza, e il comma 1 dell'art. 11 della Legge n. 166/2002 che abroga l'art. 131, comma 2, della Legge Finanziaria 2001 e stabilisce il proseguimento, "senza soluzione di continuità" delle concessioni rilasciate alla TAV SpA e dei "sottostanti rapporti di general contracting", per la progettazione e sola costruzione delle tratte ferroviarie ad Alta Velocità ancora da iniziare (Milano-Verona, Verona-Venezia e Milano-Genova), che erano state revocate formalmente, appunto, dal già richiamato, art. 131 della L. n. 388 del 23/12/2000).
È utile ricordare che l'art. 131, comma 2, della L. n. 388/2000 (Legge Finanziaria 2001), che il Governo ha abrogato, disponeva che ai lavori di costruzione "non ancora iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge, i cui corrispettivi ancorché indeterminabili non siano stati ancora definiti, e alle connesse opere di competenza della società ferrovie dello Stato SpA si applica, in conformità alla vigente normativa dell'Unione Europea, la disciplina di cui alle leggi (...). Sono revocate le concessioni per la parte concernente i lavori di cui al presente comma rilasciate alla TAV SpA dall'ente Ferrovie dello Stato il 7 agosto 1991 e il 16 marzo 2992, ivi comprese le successive modificazioni e integrazioni (...). La Società Ferrovie dello Stato SpA provvede, direttamente o a mezzo della TAV SpA all'accertamento e al rimborso, anche in deroga alla normativa vigente, degli oneri relativi alle attività preliminari ai lavori di costruzione, oggetto della revoca predetta, nei limiti dei costi effettivamente sostenuti alla data di entrata in vigore della presente legge".
Come si può vedere, si trattava di un adempimento tardivo del Governo italiano rispetto a quanto stabilito dalle norme comunitarie.
Il Governo italiano ha invece proposto al Parlamento un Disegno di Legge (che è poi diventato, appunto, la L. n. 166/2002 cui ci riferiamo), accompagnato da una Relazione illustrativa che sul punto in questione presentava, a giudizio della scrivente associazione, argomentazioni pretestuose a difesa di tale abrogazione. Nell'introduzione al DDL in questione (poi diventato L. n. 166/2002) il Governo italiano si soffermava, tra l'altro, su: l'affidabilità della formula di general contracting adottata per l'Alta Velocità ferroviaria italiana nella determinazione dei prezzi delle opere; il rischio di ritardi e di contenziosi nell'affidamento delle opere e nella realizzazione dei lavori nel caso che si fosse proceduto, come prevede la normativa comunitaria, a gara europea.
Le associazioni e i comitati scriventi rilevano che la posizione del Governo italiano sulle concessioni per l'AV ferroviaria e i sottostanti rapporti di GC, sembra entrare in contrasto con le normative europee oltre che con le regole del libero mercato.
Questa valutazione è basata su riscontri documentali, stime e considerazioni di soggetti istituzionali ed economici.
L'Autorità Antitrust italiana (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) smentisce autorevolmente l'interpretazione governativa ribadendo che la revoca delle concessioni per le tratte in questione e il ricorso alle gare europee sono ineludibili, data la caratteristica ancora iniziale dei rapporti in corso.
Questo giudizio è stato ribadito recentemente all'inizio dell'iter parlamentare del provvedimento in questione, con la Segnalazione inviata il 12 febbraio 2002, dall'Autorità Antitrust (AA) ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio, al Ministro dell'Economia e delle Finanze e al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Segnalazione in cui l'AA chiedeva al Governo di ritirare la proposta di cancellazione della revoca delle concessioni prevista dall'att. 131 della Legge Finanziaria 2001.
Le motivazioni di tale richiesta sono state ribadite nella relazione annuale dell'Authority del 2001 nella quale si rileva con molta chiarezza che
- "la prospettata abrogazione dell'art. 131, comma 2, della Legge n. 388/00, comportando una riviviscenza dell'affidamento delle opere la cui realizzazione non è ancora iniziata eluderebbe l'obbligo di gara sancito dalla normativa comunitaria e nazionale di riferimento. Inoltre l'Autorità ha sottolineato che la proposta di abrogazione risulta incompatibile con i principi generali posti a tutela della concorrenza (...), l'Autorità ha infatti ribadito che il ricorso concorrenziale tra gli operatori rappresenta lo strumento idoneo al fine di individuare le imprese che siano in grado di realizzare le opere affidate in modo efficiente sia da un punto di vista produttivo che organizzativo, così da garantire la minimizzazione dei relativi costi".
- "il meccanismo di gara fondato su criteri obiettivi, non discriminatori proporzionati e trasparenti, sanciti dalla disciplina comunitaria e nazionale, risulta essere la procedura concorrenziale più idonea ad attuare gli obiettivi di efficienza e di qualità funzionali alla realizzazione delle opere relative all'alta velocità".
- "Infine, l'Autorità ha auspicato che, laddove il legislatore ritenga opportuno conservare l'impianto concessorio (...), tale affidamento o la connessa individuazione dei general contractor avvengano tramite una selezione competitiva conforme alla normativa nazionale in tema di appalti e ai principi posti a tutela della concorrenza".
Bisogna anche ricordare che, a suo tempo, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Autorità Antitrust), con provvedimento n. 3526 del 10 gennaio 1996 argomentava a questo proposito che, nei casi in cui la normativa europea sulla concorrenza è stata applicata, "il rispetto dei meccanismi concorrenziali garantiti dalla Direttiva CEE 90/351) ha consentito la realizzazione di notevoli risparmi di costo a vantaggio dei committenti e, in ultima istanza, della collettività. Sotto questo profilo, si deve constatare che la stipula delle convenzioni tra TAV e General Contractor, anteriormente all'entrata in vigore della Direttiva CEE 90/351, ha sottratto alle procedure concorrenziali che tale disciplina garantisce l'affidamento delle tratte Milano-Genova, Milano-Verona e Milano-Venezia, la cui realizzazione, seppur caratterizzata da rapporti contrattuali definiti, si trova ancora in fase iniziale".
Riguardo ai rapporti poi tra lo Stato italiano e i GC per la realizzazione e gestione delle linee ferroviarie ad AV c'è poi da rilevare - come vedremo meglio più avanti - che, a fronte di rapporti a trattativa privata avviati 10 anni fa e di congrui finanziamenti statali per la progettazione, ancora non esistono progetti definitivi e esecutivi sulle tratte in questione.
Per la Milano-Genova è stata avviata per la quarta volta la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale dopo le bocciature avvenute il 2 giugno 1994 e il 15 luglio 1998 e la richiesta di integrazioni, equivalente a pronuncia interlocutoria negativa del 5 settembre 2000 del Servizio di Valutazione Ambientale del Ministero dell'Ambiente, riguardante i progetti presentati dal consorzio Co.Civ. Sempre riguardo a questa tratta c'è da ricordare che Co.Civ. tra il 1996 e il 1997 ha realizzato, con soldi pubblici (130 miliardi di Lire di allora), vere e proprie gallerie di servizio al tunnel di valico, senza che ci fosse alcun progetto definitivo e/o esecutivo,, fatto che comportò il 24 febbraio 1998 il sequestro dei cantieri del Consorzio da parte del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri in località Fraconalto e Voltaggio, in provincia di Alessandria in Piemonte a seguito di un'Ordinanza del Ministro dell'Ambiente. Ordinanza che sospendeva con effetto immediato "i lavori relativi all'esecuzione dell'opera, onde evitare che in attesa che sia conclusa la valutazione di impatto ambientale si verifichino danni gravi e irreversibili al sistema dell'area interessata", poiché le opere avviate da Co.Civ. non si potevano considerare "cunicoli esplorativi per sondaggi geodiagnostici", ma corrispondevano già in toto "alle previste finestre della galleria di valico".
Per la Milano-Verona-Venezia non esisteva alcuna progettazione definitiva ma solo studi di fattibilità elaborati a suo tempo dalla Direzione Centrale infrastrutture e sistemi di trasporto (1988-1989) e da Italferr, società di ingegneria di FS (prima versione del 1992 e aggiornamento del 1995). Il che dimostra, se ce ne fosse bisogno, la comprovata incapacità dei GC delle tratte ferroviarie ad AV di cui trattasi a produrre in tempi utili proposte di tracciato e infrastrutturali credibili dal punto di vista tecnico e ambientale.
Quanto alla questione degli investimenti necessari alla realizzazione del progetto dell'AV ferroviaria italiana nel suo complesso, si ricorda che, nonostante il progetto per l'AV prevedesse la stipula di "contratti a prezzo chiuso e invariabile", i costi calcolati dalla stessa TAV per le tratte già cantierate per l'AV (Roma-Napoli, Firenze-Bologna, Bologna-Milano, Milano-Torino) sono oggi già quattro volte superiori a quelli preventivati (11 mila miliardi previsti al 1991, circa 43 mila miliardi del 2001).
Tutto ciò avviene mentre esistono valutazioni che sottolineano come una ridefinizione degli accordi contrattuali, attraverso procedure concorrenziali, potrebbe portare a risparmi per lo Stato italiano estremamente significative. Secondo le stime della Società di Ricerca e Sviluppo QUASCO (formata, tra gli altri, dalla Regione Emilia Romagna e dalle categorie economiche) a un risparmio di oltre 25 mila miliardi di Lire.
Una scelta questa, della ridefinizione dei rapporti contrattuali, sostenuta a suo tempo anche da ANCE - Associazione Nazionale Costruttori Edili (la maggiore associazione imprenditoriale italiana del settore), che nel suo documento consegnato il 24 ottobre 1996 all'allora Ministro dei Trasporti Burlando, auspicava la modifica del modello contrattuale adottato per l'AV "almeno relativamente alle tratte ancora da iniziare", suggerendo che TAV acquistasse "dal concessionario la progettazione, affidando successivamente in gara la realizzazione delle opere restanti" e sostenendo questa scelta con l'inconsistenza delle conseguenze per la parte pubblica ( nel documento ANCE si dice letteralmente: "Una scelta di questo tipo potrebbe portare, al netto del 3% delle penali ad un risparmio per il Tesoro di 4 mila miliardi (di Lire del 1996) conseguente all'eliminazione di un'intermediazione - quella del General Contractor, che si è rivelata poco efficace e onerosa)".
Va, infatti, ricordato che l'intero progetto di AV ferroviaria è oggi interamente finanziato dallo Stato e che, laddove sia possibile, per le opere ancora non in fase di realizzazione, è un dovere del Governo rescindere contratti troppo onerosi. E' sempre l'ANCE a confermarci che già nel 1996 "il progetto Alta Velocità resta un investimento che grava praticamente per l'intero sul bilancio dello Stato. Infatti, il 60% dell'investimento complessivo finanziato dai privati, gode di una garanzia di copertura totale dei relativi interessi da parte dello Stato fino all'avviamento completo dell'opera" (come vedremo, tra l'altro, più avanti).
È sempre ANCE ad analizzare le motivazioni di fondo del fallimento dell'eccezionale scelta operativa, che aveva portato TAV ad avvalersi dei GC, "in quanto soggetti ritenuti capaci di assicurare e garantire al 100% la realizzazione dell'intero sistema Alta Velocità, nel rispetto dei tempi e dei costi stabiliti", a causa "delle molte incertezze esecutive, dei ritardi nella realizzazione del progetto e dal volume di risorse finanziarie pubbliche assegnate al progetto in aggiunta a quelle iniziali". ANCE nel documento citato produceva dei calcoli, rilevando come già nel 1996 il costo stimato dalle Ferrovie dello Stato per la realizzazione delle tratte del sistema dell'AV italiana aveva visto un incremento dei costi del 56% (27% in termini reali) "rispetto ai dati previsti in convenzione (1991)".
Secondo il documento dell'ANCE già nel 1996 si doveva "prendere atto che il modello del General Contractor, così come sperimentato nel Programma Alta Velocità, non ha prodotto gli effetti positivi sperati". ANCE sottolineava come il costo complessivo dell'AV ferroviaria italiana risenta del fatto che: "a) nei costi stabiliti nelle convenzioni è compreso un 'fee' a favore del General Contractor che risulterebbe essere dell'ordine del 20%; b) i ribassi che le singole imprese offrono per l'esecuzione delle opere restano a beneficio del GC e non della TAV". Tant'è che ANCE, come già ricordato. Suggeriva a TAV di procedere alle gare, valutando che l'eventuale contenzioso sarebbe stato meno oneroso della intermediazione dei GC, sottolineando come "le Ferrovie dello Stato, gestendo i progetti con le ordinarie procedure di appalto (...) acquisirebbero i vantaggi dei ribassi ottenuti in gara oggi incassati dai General Contractor".
Da queste stime e valutazioni prodotte da autorevoli soggetti istituzionali ed economici (che siamo pronti a produrre, se fosse necessario) risulta evidente come la linea del Governo italiano sia indifendibile e stia producendo una distorsione delle regole comunitarie e nazionali del mercato e una patente violazione delle norme sulla regolarità e trasparenza delle procedure di assegnazione dei lavori pubblici.
Quanto poi sostenuto dallo stesso Governo, e cioè che i ribassi dei prezzi a base di gara per la realizzazione delle opere sarebbero così rilevanti perché presentati da gruppi inaffidabili che produrrebbero in sede di gara costi inferiori a quelli di mercato, oltre che dalle stime dell'ANCE e dall'Autorità Antitrust, viene clamorosamente smentito dai fatti, che qui di seguito richiamiamo:
- da quanto avvenuto per la progettazione della galleria ferroviaria del Nodo di Bologna. L'unico lavoro per l'AV assegnato sinora con gara internazionale è stato aggiudicato con un ribasso del 47% al raggruppamento di imprese guidate dalla spagnola Necso Entracanales Cubiertas, tra le aziende leader a livello mondiale nella costruzione di gallerie. L'Istituto di ricerca QUASCO ricorda che l'importo dei lavori a base d'asta era di 449 miliardi (di Lire del 2001) per la realizzazione di 7 chilometri di galleria e come, sulla base del ribasso proposto da Necso la galleria del nodo bolognese costerà 29 miliardi (di Lire del 2001) a chilometro, quando la galleria della tratta ad AV Bologna. Firenze, affidata a trattativa privata costerà allo Stato circa 142 miliardi (di Lire del 2001);
- dalle valutazioni tecniche ed economiche, che precedettero la decisione politico-istituzionale che indusse il Governo allora in carica a introdurre l'art. 131 della Finanziaria 2001.Infatti, bisogna ricordare che il Consiglio di Amministrazione di TAV SpA nel marzo 2001 decise di rompere il contratto con il GC Iricav Due (Ansaldo Trasporti, Condotte, Del Favero, Fintecna, Impregilo, Italstrade, Salini Costruttori, Torno), suggerendo il ricorso a procedure concorrenziali, perché la realizzazione della tratta Padova-Mestre della linea ad AV Verona-Venezia sarebbe costata il 34% in più di quanto stimato. Il Consiglio di Amministrazione di TAV SpA assunse all'unanimità la decisione "di dar corso agli atti finalizzati allo scioglimento del rapporto contrattuale per l'intera linea Verona-Venezia" dopo che Iricav Due si era attestato per la realizzazione della tratta Padova-Mestre (24 km) su una richiesta superiore del 34% (1.200 miliardi di Lire del 2000), rispetto al prezzo ritenuto congruo da TAV SpA (870 miliardi di lire del 2000).
Infine, bisogna rilevare alcune peculiarità della dell'architettura finanziaria dell'operazione e dei rapporti contrattuali del Progetto dell'AV ferroviaria italiana, che presentano elementi discutibili e per molti aspetti in contrasto con le direttive europee e con le leggi italiane.
A questo proposito occorre l'obbligo di far notare innanzitutto che la continua, incontrollabile lievitazione dei prezzi dovuta al regime contrattuale che regola l'AV ferroviaria italiana e alle varianti in corso d'opera, ha gravato in tutti questi anni (dal 1991 fino alla trasformazione nel 1998 di TAV SpA, in società al 100% pubblica) direttamente e interamente sul bilancio dello Stato italiano, non solo perché i prestiti bancari per la realizzazione dell'AV erano garantiti da FS e dal Ministero del Tesoro (come fatto notare da ANCE sin dal 1996), ma per la stessa natura di TAV SpA, così come viene definita fin dalla sua costituzione.
Infatti, come si può dedurre anche dallo Statuto di TAV SpA approvato da FS il 19 marzo 1991 e dalla L. 25 marzo 1991 n. 98, TAV SpA, società di diritto privato, non ha mai visto quel contributo del 60% da parte dei privati, che era alla base dell'operazione. In TAV SpA il controllo pubblico copriva di fatto totalmente il rischio dell'intera operazione, Infatti, il 50,5% delle azioni erano controllate sin dall'origine dall'allora Ente Ferrovie dello Stato (45% FS e 5.5% dall'istituto di credito delle ferrovie, la Banca nazionale delle Comunicazioni) e il restante 49.5% era distribuito tra 23 istituti bancari, anch'essi a maggioranza di diritto pubblico.
Se è nell'architettura finanziaria del Progetto AV che si può individuare il peccato originale che porta a quella commistione tra interessi pubblici e privati che provoca lo snaturamento ab origine del Progetto dell'Alta Velocità italiano e alla distorsione delle regole di mercato, è tra l'altro nella scelta della forma contrattuale che regola i rapporti tra TAV SpA e i General Contractor (e tra questa e i Consorzi di imprese) che sembrerebbe emergere la violazione più palese delle norme sull'affidamento dei lavori pubblici. Infatti, i lavori per l'AV ferroviaria vengono assegnati con la "concessione di progettazione e costruzione", oggi esplicitamente vietata dalle normative comunitarie.
Infine, come rileva Ivan Cicconi, direttore di QUASCO: "Più problematica era la scelta della relazione contrattuale tra FS e la TAV (...). Dovendo le FS apparentemente finanziare solo il 40% delle opere, l'unica forma contrattuale possibile era la 'concessione di gestione: le entrate derivanti dalla gestione del treno superveloce avrebbero dovuto garantire alla TAV il recupero del 60% delle risorse non coperte direttamente dallo Stato. I conti però parlavano troppo chiaro: anche nelle migliori ipotesi possibili, per il privato che avesse deciso di finanziare il 60% dell'opera, ci sarebbero voluti almeno 350 anni per recuperare l'investimento. Si inventò dunque un contratto con un titolo che era una novità assoluta: concessione per lo sfruttamento economico (...). L'invenzione dello sfruttamento economico in concessione che gli stessi General Contractor, nonostante i loro contratti fossero comunque garantiti al cento per cento, avevano dei dubbi sulla possibilità che questa potesse reggere: ENI e IRI, infatti, si faranno da parte (...)" (pag. 161 de "La storia del futuro di Tangentopoli" - Edizioni DEI - 1998).
In conclusione si sono voluti fornire gli elementi formali e sostanziali per contestare il ruolo di Co.Civ. nel momento in cui tale Consorzio risulta essere il progettista della tratta in questione.
Introduzione delle 100 pagine di Osservazioni presentate il 9 aprile 2003 da WWF Italia, Italia Nostra e "Coordinamento interregionale dei comitati dei cittadini contro il Terzo Valico".
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