La caricatura e l’articolo di cui pubblichiamo ampi stralci sono
tratti dall’inserto Affari e Finanza de La Repubblica dello scorso 26 marzo.
Sia la caricatura che l’articolo ritraggono in un bianco e nero netto
e senza tante sfumature il nostro presidente della provincia che proprio
in quei giorni era assunto all’onore delle cronache economiche nazionali
per il suo ingresso nel consiglio d’amministrazione di Medio-banca, quello
che un luogo comune ampiamente inflazionato definisce il “salotto buono”
della finanza italiana.
Un’articolo senza tante sfumature dicevamo, in cui lo stile e le mosse
di Palenzona vengono più volte definite “spudorate”. Ma crediamo
che lo stesso Palenzona in questo ritratto si riconosca e ne sia - tutto
sommato - soddisfatto, non avendo mai fatto mistero di questo suo modo
d’agire. Chi dovrebbe restare attonito sono gli elettori del centrosinistra
alessandrino che per due volte hanno ricon-fermato la propria fiducia ad
un individuo che ha utilizzato il loro consenso per dare il via ad una
carriera tutta personale.
Palenzona oggi è ancora presidente della provincia, ma a Palazzo
Ghilini ormai lo si vede di rado: d’altra parte ha ben altro a cui pensare.
A noi che di Palenzona, della sua arroganza, dei suoi furori cementificatori,
siamo sempre stati avversari dichiarati resta la magrissima soddisfazione
di aver capito per tempo con chi avevamo a che fare. Oltre che al ricordo
per Pasquale Cavaliere, che venne a sfidare il lupo Palenzona nella sua
tana e che quando gli raccontammo delle bandiere rosse sotto Palazzo Ghilini
che festeggiavano la rielezione di Palenzona ci rispose: ”Bandiere rosse?
Saranno stati gli operai di Gavio!”
Gianni Agnelli è stato a lungo sindaco di Villar Perosa, ma notoriamente
non era per quello che sedeva nel consiglio di amministrazione di Mediobanca.
Poi a un certo punto, anno 2001, mese di marzo, arriva un certo signor
Fabrizio Palenzona, che percorre via Filodrammatici, varca il portone di
Mediobanca, sale e si siede su una poltrona da consigliere per la ragione
che è il presidente della Provincia di Alessandria. Complimenti,
non si era mai visto.
La prima cosa che viene in mente è che questo signor Palenzona
non deve essere preso sottogamba. A mettere il piede in Mediobanca non
c’era riuscito neppure Andreotti, che, come dire, aveva metodo (e continua
ad averlo): se c’è riuscito Fabrizio Palenzona, piccolo imprenditore
nel ramo trasporti ma di professione politico (nelle file del Ppi), ci
deve essere della stoffa. (...)
Cominciamo da Fabrizio Palenzona: in effetti uno con un curriculum
così in quel palazzo dietro il Teatro della Scala non c’era probabilmente
mai entrato. Palenzona è un politico vero, di quelli che cominciano
consiglieri comunali (di Tortona) e poi imparano a fare le alleanze, a
tessere i rapporti, e dal comune passano alla provincia (di Alessandria).
Uno di quelli che se fossimo indietro di quindici anni sarebbe finito a
fare il peone a Montecitorio con la prospettiva di conquistare un sottosegretariato
per un pezzo di legislatura. Democristiano doc, cresciuto dentro Forze
Nuove, la corrente di Donat Cattin, allevato con cura da Riccardo Triglia,
che era parlamentare dc e anche sottosegretario, che ora Palenzona ha messo
come vicepresidente a presidiare la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino.
In queste poche righe c’è già un bel pezzo delle ragioni
del suo potere: da sindaco di Tortona era diventato grande amico di Marcellino
Gavio, l’uomo della Torino-Milano, vicino al Polo. Sempre a Tortona Palenzona
era stato uno dei primi a fare maggioranza con il Pci, e di lì i
rapporti con quel mondo che poi gli sono tornati buoni quando si è
candidato alla provincia di Alessandria. Essendo dei ragazzi di Donat Cattin,
forti sono i legami con Marini, ma anche dall’altra parte della barricata
con Buttiglione, che ha raccolto un bel pezzo di Forze Nuove tra le sue
fila. Del buon politico democristiano non gli manca niente: coltiva anche
la corporazione, tradizionalmente una buona base dei poteri duraturi, e
da piccolo imprenditore nel settore dei trasporti è da una decina
d’anni presidente degli autotrasportatori italiani.
L’altra ragione del potere, quella che dal curriculum non emerge, è
la spudoratezza: perché di amministrazioni locali che nominano consiglieri
delle fondazioni bancarie l’Italia è piena, ma di presidenti di
provincia che a rappresentare la provincia abbiano nominato se stessi ce
n’è pochi. Forse nessuno. Palenzona lo ha fatto, come se fosse la
cosa più naturale del mondo. Probabilmente aveva ragione: nessuno
sarebbe riuscito a far contare così tanto la Provincia di Alessandria.
E qui torniamo alla stoffa. Torino non è una città facile,
c’è un sacco di gente importante e smaliziata che sa come si gestisce
il potere, e non è proprio ovvio che uno arriva da Tortona e in
quattro e quattr’otto diventa il padrone della Fondazione Crt. Palenzona
lo ha fatto. Non solo con le tattiche, questo va riconosciuto. Lui ha spinto
la Crt all’alleanza con Cariverona e poi a quella con il Credito Italiano
dalla quale è nata Unicredito, e sono state battaglie vere con avversari
veri, come Cornelio Valetto, amico di Scalfaro, che il Palenzona da Tortona
riuscì a sconfiggere quando Scalfaro era ancora sul Colle.
Spudoratezza per spudoratezza, essendosi nominato rappresentante di
se stesso, in quanto presidente di Alessandria, nella Fondazione, si è
nominato nuovamente rappresentante di se stesso. Questa volta in quanto
Fondazione, nel consiglio di Unicredito. Tanto forte e tanto sicuro da
aver rinunciato a cariche nella Fondazione, che non gli servono per governarla
poiché la governa lo stesso, per la vicepresidenza della banca,
da cui, ultimo anello di questa catena, l’ingresso nel consiglio di Mediobanca.
Tanto di cappello, si sarebbe detto una volta. (...)