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PROGRAMMA E ITINERARIO | ||
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COMMENTI TECNICI |
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Vacche da latte nel deserto: la scommessa è oggi realtà (G.Pellegrini) | ||
Quando per
impollinare è meglio prendere l'aereo (S.Belli)
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PROGRAMMA E ITINERARIO | ||
Domenica 25 ottobre | Partenza da Venezia e arrivo nel pomeriggio a Tel Aviv. Trasferimento in pullman a Netanya. Incontro orientativo sul programma e su Israele. | |
Luned' 26 ottobre | Partenza per Nazaret: visita alla Basilica dell'Annunciazione - Grotta dell'Annunciazione - Cana - monte Tabor. Trasferimento a Haifa al Kibbutz di Nesh Amin. | |
Martedì 27 ottobre | Visita di Akko - Tiberiade - Monte delle Beatitudini - Cafarnao. Visita al kibbutz di En Ghev ed alle sue lavorazioni nel settore dell'orticoltura e della frutticoltura. Fiume Giordano. | |
Mercoledì 28 ottobre | Visita alle attrezzature per l'apicoltura del kibbutz di Nesh Amim. Partenza per la valle del Giordano ed arrivo a Gerico. Proseguimento verso Gerusalemme per la strada romana. Escursione a piedi nel deserto di Giuda al monastero ortodosso di Mar Koshiba nell'Wadi El Kilt. | |
Giovedì 29 ottobre | Visita di Gerusalemme: Cenacolo - monte Sion - muro del pianto - spianata del Tempio - moschea Al Aqsa - moschea di Omar - porta di S.Stefano - monte degli Olivi - Getzemani - porta di Damasco - via Dolorosa - basilica del S.Sepolcro - porta di Giaffa. | |
Venerdì 30 ottobre | Partenza per il Mar Morto. Visita della fortezza di Masada. Proseguimento per Yotvata, poco a nord di Eilat. Visita delle strutture per l'allevamento del bestiame e la trasformazione del latte. | |
Sabato 31 ottobre | Visita a Betlemme: basilica della Natività - Grotta della Natività. Breve giro panoramico per la Gerusalemme Nuova (Knesset, museo del Libro, ecc.). | |
Domenica 1 novembre | Visita alla Centrale del Latte di Tel Aviv. Partenza per Venezia. | |
indice |
don Lorenzo Dell'Andrea | Luigi Slongo |
Giuseppe Pellegrini | Gianna Corso |
Gina Bortot | Attilio Zatta |
Stefano Ghedina | Fanny Facchin |
Tiziana Ghedina | Elda Cescato |
Claudio Gaspari | Silvana Scola |
Sandro Menardi | Dario Campedel |
Alberto Pietro Lezuo | Orianna Viotto |
Luciano De Rocco | Lino Sief |
Gabriella Frigimelica | Ada Favero |
Orazio Andrich | Walter D'Alpaos |
Alberto Colleselli | Remo De Paoli |
Sisto Belli | Giovanna Sartor |
Bortolino Costan | Filomena Slongo |
Vicenzo Mario | Romana Slongo |
Maria Giovanna De Bernardin | Agostino Sacchet |
indice |
Vacche da latte nel deserto: la scommessa è oggi realtà
(Giuseppe Pellegrini)
Esperienza sicuramente esaltante e ricca di novità quella fatta da agronomi, forestali ed allevatori della provincia di Belluno in visita alla Terra d'Israele. La modernità del paese traspare subito: nell'organizzazione della vita sociale, nella pianificazione urbanistica, nella produzione e commercializzazione dei prodotti agro-alimentari. Un ottimo esempio di pianificazione ci è venuto dalla visita al kibbutz di Yotvata, cittadina situata all'estremo sud del paese nel mezzo del deserto del Negev, con indirizzo produttivo prevalentemente basato sulla produzione del latte.
Trent'anni fa nell'area non esisteva alcuna produzione lattiero casearia e un aereo trasportava quotidianamente dal nord i prodotti derivati dal latte. Il governo, nonostante lo scetticismo delle popolazioni locali che per tradizione non avevano mai allevato bovini da latte, progettò alcuni insediamenti con l'obbiettivo di rendere la zona autosufficiente.
Solo attraverso l'utilizzo di tecnologie che hanno permesso la bonifica del deserto grazie a produzioni qualche decennio fa impensabili (erba medica, frumento, sottoprodotti di lavorazione delle arance, del cotone, del latte), oggi risulta possibile la dieta alimentare somministrata alle bovine da latte. E nulla viene buttato, ma tutto riconvertito.
Nella coltura dell'erba medica, attraverso l'irrigazione, si effettuano a Yotvata fino a 12 tagli per anno, raggiungendo così produzioni unitarie di foraggio molto elevate. Risultato ne è che 2.000 vacche di razza frisona riescono a produrre circa 200.000 quintali di latte/anno, che soddisfano abbondantemente i fabbisogni di tutto il sud del paese. Per fare un raffronto, basti pensare che la media produttiva dei nostri allevamenti iscritti al libro genealogico è di circa 52 quintali all'anno per vacca contro i 100-110 degli allevamenti visitati.
Accurato è il lavoro di selezione (i capi con meno di 100 q.li vengono subito eliminati) ed efficace il management aziendale che prevede 3 mungiture giornaliere ogni otto ore, con un lavaggio completo della bovina a mezzo di apposite docce prima di ciascuna mungitura. Trattamento che viene effettuato più spesso durante la stagione estiva, quando è necessario mantenere la temperatura corporea a livello fisiologico, essendo le temperature medie massime di 40-42°C.
L'alimentazione viene effettuata con il sistema del piatto unico, unifeed, senza utilizzare auto-alimentatori per la somministrazione individuale del mangime data l'elevata omogeneità produttiva dei gruppi di animali. La situazione sanitaria del bestiame risulta senz'altro favorita dal clima molto secco, fattore che riduce l'incidenza delle forme batteriche quali mastiti, infezioni podali, malattie neonatali dei vitelli. Forme purtroppo frequenti nei nostri allevamenti, dove l'ambiente molto umido crea le condizioni favorevoli alla loro diffusione.
Risulta interessante osservare come tutte le strutture di produzione siano periodicamente seguite dai tecnici dei centri di ricerca governativi specializzati nei vari settori (genetica, alimentazione, programmazione delle produzioni, sanità) che danno così un'impostazione scientifica a tutte le fasi della gestione aziendale.
Ed è forse proprio grazie a questa impostazione che in pieno deserto si arriva oggi a produrre, da normali vacche da latte, 110 quintali di latte7anno. Una scommessa diventata realtà.
Quando per impollinare è meglio prendere l'aereo
(Sisto Belli)
Nel Kibbutz Eot Votà, in pieno deserto del Negev, dove arriva il soffio del clima ardente della vicina Africa, i turisti si imbattono in estesissime coltivazioni di palme da datteri. C'è anche dell'altro grazie alla preziosissima ( è il caso di dirlo) acqua che l'efficienza terribile di Israele ha portato nei quattro angoli del paese.
Il signor Erik, capelli rosso fulvo, look da piantatore americano, pistola nelle tasche degli shorts come noi tenevamo il temperino (brìtola), è direttore del Kibbutz e in buon inglese racconta la storia delle scommesse vinte, di cui una è quella della palma da datteri.
Le piante erano una esclusiva dei paese arabi dai quali non c'era verso di ottenere né piante, né know how. Due astuti ebrei aggirano tutti gli ostacoli. Recatisi in Iran si spacciarono per italiani che dovevano procurare piante ornamentali per i boulevards di Napoli, Genova ed altre città di mare. Ottennero settemila piantine che caricarono su una piccola imbarcazione con destinazione Italia. All'ingresso di Suez il capitano della nave assicurò in buona fede alla insospettita vigilanza araba che il carico era destinato all'Italia per alberare dei viali. Ma all'uscita del canale di Suez, i due "italiani" fecero venire la pelle d'oca al capitano quando gli chiesero: "Per favore, rotta a destra per il porto di Haifa".
Oggi quelle prime settemila piantine di datteri sono un esteso bosco di palme nel kibbutz che per primo ne sperimentò con successo la coltivazione. Lungo i filari, a perdita d'occhio, soffia il caldo vento del deserto. Chilometri di tubi interrati di poco rilasciano l'acqua goccia a goccia, che basta e avanza per far crescere anche erbacce infestanti. Ad esse pensa un mandria di cammelli e cavalli: mangiano l'erba tenendo pulito (abbastanza) il palmeto. Sulla sommità dei fusti (dai 5 ai 6 metri) si crogiolano al sole i caschi di datteri che entro dicembre saranno maturi. Di un bel colore giallo oro vecchio, fanno gola anche a noi.
Mi balena un'idea e subito la domanda: "Come fate per l'impollinazione dei fiori in primavera ?". Prima che la risposta sia tradotta, avendo percepito che Erik parla di aerei, temo che non abbia capito. Ha, invece, capito bene.
L'impollinazione dei datteri femmina avviene con passaggi ripetuti ed incrociati a bassa quota di un piccolo aereo, nel cui vortice viene risucchiato il polline dai fiori delle piante maschio e che poi disperdendosi nell'aria va a depositarsi in quantità sufficiente nei fiori in attesa delle piante femminili.
Ammirato, ma non convinto, domando ancora: "Perché non usate le api, come fanno in altre parti di Israele per altri fruttiferi ?". Risposta: "E' un sistema primitivo".
Così dopo 7.000 anni di Homo Sapiens l'ape che sta qui da 40 milioni di anni, è surclassata e, permettete, umiliata.
La ragione di tanta baldanzosa fiducia di marca occidentale nella meccanica dell'aereo impollinatore, sta nella grande distanza che separa il kibbutz Eot Votà dal resto di Israele. Durante la fioritura dei datteri occorrerebbe portare giù dal nord non meno di trenta alveari per ettaro. Venti, trenta giorni di fioritura, richiedono la presenza dell'apicoltore in loco, per vigilare, aggiungere melari, e poi toglierli. Al termine della fioritura le api non troverebbero un sufficiente nutrimento alternativo alle scorte e la sopravvenienza del grande caldo estivo creerebbe altri problemi alle operose famiglie. Ecco dunque la necessità di un rapido ritorno al nord e di altre spese per l'apicoltore.
L'orgoglio di Erik il rosso è dunque solo risultato di una scommessa vinta. Il clima secco e l'aiuto dello Stato (che fornisce l'aereo)rendono possibile impollinare con il vento artificiale una pianta che l'uomo ha piantato là per scommessa. Tutto Israele è in parte straordinario risultato di secolari e bibliche scommesse. Resta intatta, quindi, la nostra devozione e il rispetto per l'ape. Per Israele una accresciuta ammirazione.