Nikolajewka

Steppa russa - Nikolajewka - 26 gennaio 1943

Non c'è alpino che non abbia sentito almeno una volta il racconto della battaglia di Nikolajewka, eppure il ricordo del grido "Tridentina avanti" lanciato dal generale Reverberi (medaglia d'oro al valor militare), ad ogni cerimonia commemorativa evoca in noi l'immagine disperata della massa di alpini che si precipita dalla scarpata per aprirsi un varco verso casa.

E passano, gli alpini, rompono l'accerchiamento, l'ultimo ostacolo verso i propri cari.

Ciò che rimaneva del Corpo d'armata alpino era tornato fra i vivi.

Come dimenticare tanta voglia di tornare al paese, tanto sacrificio, tanto dolore, - certo non gli alpini -, ed è così che, come ogni anno, anche in questo 26 gennaio 2006 gli alpini di Bagnaria Arsa, con la partecipazione di tutta la Sezione, si sono impegnati ad organizzare la S.Messa in suffragio dei nostri morti.

La cerimonia si svolge nel consueto modo: - preceduto dalle autorità si è formato il corteo dei rappresentanti d'arma invitati e degli alpini, presenti in tanti, con il labaro della Sezione di Palmanova e i gagliardetti dei Gruppi; - la S.Messa accompagnata dal coro locale; - il ricordo del nostro Presidente; - la Preghiera dell'Alpino "...tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza e ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti..."; - la deposizione della corona al monumento ai caduti, con tutti gli alpini sull'attenti.

Ecco, è qui, in questo preciso momento che la cerimonia acquista la pienezza del suo significato. La mano sale all'ala del cappello, con convinzione, con  commozione, i pensieri si affollano, si sovrappongono. In questo saluto vi ricordiamo in silenzio, silenzio che ogni anima riempie di una preghiera.

Siamo i vostri figli, i vostri fratelli, i vostri nipoti - ci sforziamo di meritarvi - ora siete tornati alle vostre case.

26 gennaio 2006 - gli Alpini di Bagnaria Arsa

Domenico Franco

 

PRIMA LINEA

"A mio padre che, per fortuna,

attraverso il mirino non ha visto

che un bersaglio di legno"

 

L'azzurro del cielo è stato spazzato via

in prossimità di cime nebulose e lontane,

al suo posto c'è la criniera di fuoco del tramonto.

La poiana grida alla valle,

sembra una nera lama lanciata a fendere l'aria.

Dietro sacchi di sabbia,

sulla terra morbida e fresca,

in fondo ad un  fosso,

menti logore partoriscono folli pensieri.

Attorno a loro non ci sono le vette

contro il cielo,

come nasi di giganti stesi a pancia all'aria,

non ci sono le cascate che esplodono

in un vortice di spuma,

ci sono membra armate di ferri

non più lucidi,

ma ricoperti di polvere e fango.

Ferri del Giudizio,

strumenti per fermare i cuori.

Quelle membra sono là avanti,

al di la delle ruvide rocce accanto ai pini.

Le loro mani sono diventate parte dell'arma

che stringono,

gli occhi dilatati fissano il bordo della trincea.

 

 

Non c'è più posto per tutto ciò che

sembrava aver un valore,

ora c'è solo la propria vita

appesa ad un filo.

E si è visti morire i compagni.

Ad uno ad uno,

cadere nel fango,

con la mascella contratta,

e una parte di se stessi vacilla.

E ci si chiede: "che possibilità ho io?"

Ma ad ogni sorgere del sole

la speranza ritorna.

Prima linea.

Dove la vita è un gioiello e terribile.

Prima linea.

Dove il cuore è in gola.

Prima linea.

Dove per un attimo ti sembra che sia finita,

e l'attimo successivo ti accorgi

che stavi per addormentarti. 

                                                Matteo Franco

              

 

Versi riconducibili alla vita, alle tradizioni, all'ambiente friulano o veneto

NELL'ARIA DI SERA

Chino nella rimessa mescola benzina,

i jeans macchiati, con gesti forti.

Controlla il livello con un'asta fina,

nel serbatoio. Gli astri sono già sorti.

Esce nella sera e le respira,

le stelle: il suo volto indiano,

gli occhi da cane randagio mentre spira,

remoto, il vento. Pensa che invano

vive. Ha mani grandi, segnate

dal distributore e dalla terra

dei padri. Scarpe grosse, infangate,

olio ed erba. Passa accanto alla serra.

Conosce le piante e il fiume.

Capelli color pneumatico lunghi,

sulle spalle. Sbircia incerto il lume

del suo domani. Il motore sputa funghi

di nebbia. E lui sa farlo cantare.

I vestiti odorano di cielo fumoso,

e di carburante, mentre prende a scrollare,

deciso, la polvere dal pastrano gibboso.

Dopo la cena cammina nell'oscurità,

tra il frumento. Pensa al suolo.

Lo sente fermentare, con vitalità.

Ed è vita. Come il morbido stuolo

                                         dei suoi sogni.

                                                                   Matteo Franco

 

 

La gara di pesca

Nella bassa pianura friulana c'è un piccolo paese chiamato Bagnaria Arsa. Nei pressi di questo paese c'è uno specchio d'acqua, chiamato "laghetto di loc. Bordiga". Il laghetto è popolato dagli spiriti dell'acqua e la vita trascorre tranquilla: acque limpide popolate da pesci, alberi, piante profumate ne fanno un posto tranquillo. Un giorno, come accadde di sovente, preceduti dal trambusto delle loro auto, le rive del laghetto si popolano di un gruppo di uomini. Ma in questi gli spiriti dell'acqua notano qualche cosa di diverso: portano uno strano cappello ornato da una penna sul lato sinistro del cocuzzolo - e li scambiano per folletti del bosco. Però si ricredono subito, perchè anche questi sono muniti di lenze.

"Ci risiamo, ecco i soliti pescatori" sospirano gli spiriti dell'acqua e levando lo sguardo smarrito verso l'alto, incrociano lo sguardo degli spiriti della montagna. Ma questi sorridono, sornioni: "Sono alpini - informano - noi li conosciamo, hanno camminato nei nostri boschi, non preoccupatevi, vogliono solo stare un giorno assieme in allegria e allora hanno organizzato una gara di pesca".

E fu proprio così: trascorsero la giornata pescando, per poi alla fine riunirsi a mangiare assieme, con le loro donne, i loro figli, i loro amici.

C'è anche un vincitore della gara: il signor Davide Pascut: mentre il primo classificato tra i pescatori alpini è Renato Strizzolo, premiato con una medaglia d'oro.

Alla fine della giornata, questi "folletti" hanno raccolto le loro cose, hanno pulito le rive del laghetto e lasciando tutto in ordine se ne sono tornati alle loro case. Tornò il silenzio sul laghetto, ma questa volta gli spiriti dell'acqua, incrociando lo sguardo con gli spiriti della montagna, sorridevano.

                                                                                                                                                    Domenico Franco - luglio 2007

 

CERIMONIA DEL 4 NOVEMBRE 2007

Gruppi alpini di Bagnaria Arsa, Sevegliano-Privano, Campolonghetto-Chiarmacis, Castions delle Mura

Nel Comune di Bagnaria Arsa la celebrazione ufficiale 2007 della ricorrenza del 4 novembre è stata ospitata dalla frazione di Campolonghetto. Dopo la celebrazione della S.Messa a suffragio di tutti i Caduti, senza distinzioni di nazionalità, come ha ricordato il celebrante, preceduto dal Sindaco e dalle autorità civili e militari, si è formato il corteo dei rappresentanti d'arma presenti sul nostro territorio, per recarsi a deporre la corona di alloro al monumento ai Caduti di Campolonghetto. Alle parole celebrative del sindaco dottor Bertossi, ha fatto seguito una ulteriore cerimonia: la consegna di una targa di riconoscenza all'alpino Giovanni Bergamin e all'alpino Alfredo Zuttion entrambi classe 1917, reduci della guerra di Grecia, da sempre soci del gruppo Campolonghetto-Chiarmacis. Sentirsi amati e ricordati, per questi due "vecchi" alpini, è stato certamente un momento di commozione; come del resto per noi nel vedere presente in loro parte della leggenda della Julia. Una nutrita delegazione di rappresentanti d'arma si è poi recata presso tutti i monumenti ai Caduti delle frazioni, per deporvi, sempre con sentita partecipazione, la corona d'alloro. Per finire proviamo ad esprimere il pensiero degli alpini sul significato di questa ricorrenza. Si potrebbe obiettare che la celebrazione della ricorrenza del 4 novembre sia ormai, dopo tanti anni, inutile, superata, priva di significato. Invece i continui conflitti che ancora devastano il mondo la rendono oltremodo attuale, elevandola a "simbolo di pace". Non dimentichiamo che quelli che chiamiamo "i Caduti" erano ragazzi di 20 anni o poco più, e questo rende il loro sacrificio ancora più terribile da accettare. Se potessero parlarci, ci chiederebbero, ognuno nella loro lingua, di vivere in pace, di superare le divisioni ideologiche, partitiche, religiose, e di aiutarci tra i popoli tutti, di amarci. Depositare una corona di alloro anche nei cimiteri e monumenti di quelli che un tempo si chiamavano "nemici" è il segno più grande di civiltà. Questo, e solo questo, è il significato che assume per noi la giornata del 4 novembre. Continuiamo a celebrare questa giornata, per ricordarli, e come esorcismo ai conflitti. Solo così i Caduti di tutte le guerre completano il loro olocausto; eleviamo la loro morte a calvario, per dire ai popoli che le loro sofferenze non sono state inutili.

                                                                                                                                                                                                                                                                        Domenico Franco

Campolonghetto

Bagnaria Arsa

Castions delle Mura

Sevegliano

 

Pranzo sociale 2010

Il 21 marzo si è tenuto il tradizionale pranzo sociale del nostro gruppo.

Con piacere evidenziamo la partecipazione numerosa di alpini e ospiti del nostro paese e anche delle zone limitrofe, a dimostrazione della simpatia che sempre riscuotono gli alpini. Questo ci sprona ancora a renderci promotori di momenti aggreganti; in tempi di egoismi e superficialità, gli alpini sono visti come un'isola felice, una associazione di uomini sinceri, affidabili, calati nella realtà della vita. Un grazie a tutte le persone e ditte che ci hanno aiutato con i loro doni da distribuire con la lotteria, e grazie ai graditi ospiti che ci hanno onorati della loro presenza. Un plauso particolare agli alpini che più si sono adoperati alla riuscita: il capogruppo Flavio Fedele, i consiglieri Guido De Biasio e Gianni Bazzarro.

Domenico Franco

 

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