"da Baniaria a Bagnaria Arsa"

Tratto dal quaderno "da Baniaria a Bagnaria Arsa", pubblicato dal nostro Comune, riportiamo un estratto a spiegazione del nostro toponimo.

(Baniaria: denominazione riportata nella relazione dei fatti avvenuti il 16 aprile 1797: rivolta nel circondario di Bagnaria Arsa contro alcuni soldati francesi)

1848 - "ANNO MIRABILIS"

"Anno mirabilis" il 1848, tanto che ancora oggi per  parlare di rivoluzioni e sconvolgimenti si può usare l'espressione "è successo un quarantotto". In effetti fu l'anno delle rivolte in tutta l'Europa.

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Anche in Friuli l'onda dei moti rivoluzionari si fece sentire. A Udine già il 16 marzo ci furono scene di esultanza per la costituzione concessa a Vienna. Il 20 venne organizzata la Guardia Civica; il 23, poi, si insediò un Governo Provvisorio, mentre la guarnizione austriaca abbandonava la città. Così, pure nella fortezza di Palma le notizie delle turbolenze valicarono le mura e misero in agitazione i cittadini. Il 23 una commissione del Governo Provvisorio del Friuli, composta da Luigi Duodo, Francesco Vidoni e Prospero Antonini, fu inviata a Palma, ma trovò le porte serrate e dovette passare la notte fuori della fortezza. La mattina seguente i commissari resero nota la capitolazione di Udine al comandante della piazzaforte colonnello Wanka. Questi, prese le debite informazioni, uscì con le sue truppe da Palma il giorno seguente. Il Friuli, chiamato "veneto", era praticamente in mano agli insorti. Mentre gli Austriaci erano ancora nei territori intorno al Torre e l'Isonzo. In Palma era relegato un anziano generale, reduce delle campagne napoleoniche e strenuo patriota italiano: Carlo Zucchi. Egli fu nominato Governatore Militare e Civile della fortezza e del territorio circostante. Si mobilitarono carri e manodopera dei paesi attorno alla piazzaforte, sia per i lavori di riassetto delle difese, che per il trasporto di derrate alimentari nell'eventualità di un assedio. Uomini del Friuli e dei vicini villaggi furono arruolati dalla Guardia Civica. Queste nuove reclute, male armate e per nulla addestrate, in numero di circa 2.000 furono organizzate nel "Corpo di Osservazione" e disposte a corona nei paesi attorno alla fortezza. Avamposti vennero costituiti anche a Sevegliano, Bagnaria, Campolonghetto, Privano, Jalmicco.

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Uno spirito di ribellione, di coscienza dei propri diritti negati e di esaltazione scopertamente circolava nei paesi.

 

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Gli Imperiali non potevano tollerare che un pugno di ribelli li cacciassero dai loro possedimenti italiani, con il rischio gravissimo di innescare un processo inarrestabile di rivendicazioni nazionali nell'Impero Asburgico, che era un mosaico di etnie diverse. Riorganizzatisi, dopo l'iniziale sbandamento, ripresero in mano la situazione per riportare l'ordine in tutti i territori che si erano sollevati. Il 16 aprile il generale Lavant Nugent, comandante dell'Armata di riserva, varcò l'Isonzo con 13.000 uomini. Inviò verso la zona di Palmanova la brigata del generale Felice Schwanzemberg composta, oltre che da cavalleria, artiglieria, genio e fanteria di linea, da due battaglioni croati di fanteria confinaria: uno di Warasdiner-Creuzer e uno di Oguliner. Mi devo soffermare un attimo su queste due ultime formazioni militari per un chiarimento. Infatti saranno le principali protagoniste dei fatti incresciosi che riguarderanno Visco, Jalmicco, Privano, Sevegliano, Bagnaria e Fauglis. I reggimenti confinari avevano avuto origine nel XVIII secolo nei territori serbo-croati di frontiera tra la monarchia asburgica e l'impero ottomano. A quei cittadini era stata concessa terra in cambio della difesa dei confini e del servizio in caso di mobilitazione. Per molto tempo erano vissuti in uno stato di guerra perenne, sviluppando solidi legami di appartenenza ad una casta di guerrieri fedele alla monarchia. Quei reggimenti di residenti militarizzati furono spesso utilizzati per il mantenimento dell'ordine pubblico e in occasione della repressione di moti rivoluzionari, come avvenne nel 1848 sia in Italia che in Ungheria. Dunque la brigata Schwanzemberg con i due battaglioni croati, attraversato l'Isonzo, si stabilì a Visco e dintorni.

 

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Il combattimento di Visco fu confuso, gli italiani presero il paese, poi di fronte al vigoroso contrattacco austriaco lo abbandonarono e rientrarono in fortezza.

 

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Le conseguenze dello scontro, dunque, aveva sortito una dura repressione: "Era un'ora di notte e dai bastioni di Palma scorgevasi le ultime fiamme dell'incendio di Visco, quando pressochè ad un tempo vedemmo ardere Jalmicco, Privano, Sevegliano, Bagnaria".

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Contemporaneamente all'attacco su Visco, l'esercito austriaco si mosse anche da Strassoldo. Le guardie civiche "poste in faccia a Strassoldo, cioè Campolonghetto, Castions di Smurghin, Bagnaria, Sevegliano", avevano avuto ordine, scriveva il generale Zucchi, di "ripiegare l'uno sopra l'altro, riunirsi e venire ad appoggiarsi sul mio fianco dritto a Sevegliano e Privano, ma invece si portarono in disordine a Ontagnano e durante la notte si ritirarono fino a Mortegliano". Ecco, allora, i soldati austriaci dilagare nelle campagne e giungere a Privano dove i "confinari di Varasdino passarono di casa in casa colla scusa di snidare il nemico, depredando............  Alla fine appiccarono il fuoco ad abitazioni e fienili. Sevegliano fu più fortunata, poichè la "moglie del Maresciallo Muor, che qui dimorava nel proprio palazzo..........  interpose i sui buoni uffici presso il comandante le truppe Croate, che qui stazionavano, se no il villaggio sarebbe andato in fiamme".

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A Bagnaria, invece le cose andarono in modo drammatico. Il barone Giuseppe Ferro, un palermitano domiciliato in paese, "imbrandita istoltamente una spada", scriveva la Deputazione Comunale di quel paese, "eccitava questa popolazione a deliberarsi dalla tirannide del Governo Austriaco, facendo sventolare per ogni dove dal suo cocchio la bandiera tricolorata " italiana. All'entrata degli Imperiali il barone fuggì e la bandiera fu  "rinvenuta nella di lui abitazione, unitamente agli emblemi e lettere di lontane corrispondenze colle sette rivoluzionarie". Sembra che il Ferro, in seguito, si spostasse per sette mesi nei luoghi in cui la rivolta patriottica si manteneva viva. Questo slancio rivoluzionario del barone Ferro provocò una violenta e feroce repressione da parte dell'esercito austriaco che occupò il paese. I soldati si diedero al saccheggio delle case che, poi, vennero incendiate senza pietà.

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Già dall'11 maggio, con mortai piazzati nella campagna verso Visco, gl'Imperiali iniziarono a bombardare Palma e, per il 15 del mese, altre postazioni d'artiglieria furono predisposte a Privano, Ontagnano e sulla strada Sottoselva-Clauiano. Così sulla piazzaforte palmarina cadde una fitta pioggia di granate. Palma capitolò, comunque, solo il 26 maggio e, il giorno seguente, gli Austriaci entrarono per riprenderne possesso.

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L'ultimo dato da segnalare, che lascerà, anche per il futuro, indelebile nella memoria quella terribile nottata d'incendi, fu la delibera consigliare di Bagnaria nel 1866 che volle legare all'antico nome del paese l'appellativo di "ARSA".

 

 

(N.B. - Inoltre nello stemma del Comune è stata inserita una fiammella, a simboleggiare l'incendio)

 

 

 

Nelle immagini: un soldato del reggimento confinario Oguliner dopo la battaglia, con il suo piccolo bottino e un ufficiale ed un soldato del Reg.to Conf. Warasdiner-Creuzer nel 1848.

 

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