GESÙ E IL NOME DI DIO Oggi, in mezzo a discussioni sempre più
accese che tendono ad una comprensione nuova della figura di Gesù, in mezzo ad
affermazioni che vogliono fare di Gesù uno “theiòs aner”, “un uomo
divino”, un uomo divinizzato dai suoi seguaci dopo la morte, (Cf R. Bultmann,
Theology of the New Testament, vol. 1, London 1976, pp. 128÷133) risuona ancora
decisa e solenne la domanda che il Maestro pose ai discepoli di Cesarea: “ e
voi, chi dite che io sia?” (Matteo 16:15). Per apportare qualche elemento a questa
discussione sulla divinità di Cristo, vorrei considerare in questo articolo un
problema che si presenta soprattutto nell’evangelo di Giovanni: l’uso, da
parte di Gesù, della formula “Ego eimi” (Io sono), senza alcun predicato, quale
formula di rivelazione. In effetti, leggendo il
quarto evangelo ci si rende conto che in nove occasioni Gesù utilizza questa
formula e precisamente in Giovanni 4:26; 6:20; 8:24, 28, 58; 13:19, 18:5, 6, 8,
(bisogna notare che in Giov. 4:26; 6:20 e 18:5, 6, 8, il predicato si può
sottintendere, ma ciò è veramente difficile per gli altri
passi). Quale significato ha questo “Io sono”
in bocca a Gesù? (Per la storia dell’interpretazione degli “Ego eimi”
Giovannei vedi R. Schnackenburg, Vangelo di Giovanni, vol. 1, Brescia 1977, pp.
91÷98). Da dove Gesù lo
riprende? Per addentrarci nel
problema, dobbiamo innanzitutto chiarire qualche particolare relativo al nome di
Dio nel Giudaesimo. 1-- Il NOME DI DIO NEL
GIUDAESIMO Per gli Ebrei il nome
proprio di Dio, il suo nome per eccellenza, era rappresentato dalle quattro
consonanti YHWH (chiamate tetragramma sacro). Questo nome veniva considerato
ineffabile, impronunziabile a causa della sua sacralità. Come afferma il
Kuhn, “ Il tardo giudaismo
ha di conseguenza applicato il secondo comandamento ..non abusare del nome di
Dio... soltanto al nome proprio, il tetragramma”. Per evitare ogni abuso di questo nome, il
tardo giudaismo già molto prima dell’era cristiana, aveva assolutamente
vietato ogni uso di questo nome...L’uso del nome era permesso soltanto in
certi casi accuratamente precisati, principalmente nel Tempio”.A
Perciò, ben presto prese piede l’uso di
leggere “Adonai” (= Signore), il tetragramma.B
Questo uso è molto antico, tanto è vero che
anche la prima traduzione greca della Bibbia ebraica, la cosiddetta “Settanta”
(III-II sec. a.C.), traduce il tetragramma con “Kyrios” (= Signore), che
corrisponde all’ebraico “Adonai”.C
Nell’Antico Testamento troviamo anche un’altra
espressione che venne a poco a poco considerata come equivalente al nome di Dio.
Essa viene usata da Dio stesso nelle formule di rivelazione, ed è costituita da
due pronomi ebraici: “ani-hu” (= Io, Lui; Io sono Lui). Troviamo questa espressione in Deuteronomio
32:39; Isaia 41:4; 43:10, 13; 46:4; 48:12; 52:6. Troviamo anche l’equivalente
“anoki-hu” in Isaia 43:25 e 51:12. I Settanta traducono questa formula
generalmente con “ego eimi”, che quindi viene ad essere considerato come un
sostituto del nome di Dio,D
tanto è vero che “ani YHWH” di Isaia 45:18 viene tradotto con “ego
eimi”. Inoltre, come dice Harner, “Si
può notare...che la frase ‘io sono Lui’ (cioè ani-hu = ego eimi ) a volte
appare nell’immediato contesto o unità di discorso di “Io sono YHWH”. Questo è il caso in Isaia 41:4 e 43:10. In
Isaia 51:12 essa appare nello stesso contesto della frase ‘Io sono YHWH il
tuo Dio’ ed Isaia 46:4 è seguita alcuni versetti dopo (ver. 9) da ‘Io sono
Dio’. In Isaia 48:12 essa appare in una affermazione che è quasi identica ad
Isaia 41:4 in cui sono usati ‘Io sono YHWH’, ‘Io sono Lui’. “Tutti questi fattori indicano che il
secondo Isaia considerava la frase ‘Io sono Lui’ come una forma abbreviata
di altre espressioni, specialmente “Io sono YHWH”. (P. B. Harner, The ‘I
am’ of the fourth gospel, Philadelfia 1971 pag. 14.) E ancora: “Per il secondo Isaia, la frase
‘Io sono Lui’ riassumeva l’autoaffermazione ‘Io sono YHWH’, che era un
tema importante della tradizione israelita”. (Harner, op. cit. pag. 15) Questa formula, dunque,
(ani-hu, ego eimi)
diventa una formula di rivelazione di Dio, “una solenne affermazione o
asserzione che solo Lui può fare propriamente. Se qualcun altro dicesse queste
parole, ciò sarebbe un segno di presuntuosa superbia, un tentativo di
rivendicare l’uguaglianza con Yahwè o di spodestarlo”. (Harner, op. cit.
pag. 7, cf. Isaia 47:8, 19 ed Ezechiele 28:2, 9 ) La formula viene usata in Isaia sempre in un
contesto monoteistico, quando si tratta di far valere l’unicità del Dio d’Israele
contro i falsi dei. (Cf. Isaia 43:10b: “Prima di me nessun Dio fu formato e
dopo di me non ve ne sarà alcuno”) Possiamo,
quindi, tranquillamente affermare che questo ‘ani-hu’ o ‘ego eimi’ al
tempo di Gesù veniva considerato nel giudaesimo come una formula di rivelazione
di Dio, sostitutiva del nome ineffabile, il tetragramma.E 2 -- GLI “EGO EIMI” ASSOLUTI DEL QUARTO
VANGELO (e dei sinottici) Tutto ciò che abbiamo detto è della massima
importanza per la comprensione dell’uso che Gesù fa dell’ego eimi assoluto, soprattutto nel vangelo
di Giovanni.F
In effetti abbiamo già detto che in nove occasioni Gesù utilizza la
formula per se stesso (Giov. 4:26; 8:24, 28, 58; 13:19; 18:5, 6, 8;). Vediamo
ora alcuni tra gli esempi più significativi. In Giovanni 8:58 Gesù afferma : “prima che
Abramo fosse nato, IO SONO (ego eimi)!”. É evidente che qui Gesù si
attribuisce il nome di Dio. Per i Giudei presenti questa è una bestemmia che va punita con la
lapidazione (vers. 59), secondo Levitico 24:10÷16.G In Giovanni 10:33 viene
apertamente detto che Gesù bestemmia e così pure in Luca 5:21. Inoltre, in
Matteo 26:65 e Marco 14:64, viene esplicitamente affermato che Gesù fu
condannato dal Sinedrio per bestemmia. Un autore giudeo,
Jacobs, nota: “Lo
stracciarsi le vesti del Sommo Sacerdote (nel processo a Gesù)
sembra...implicare che l’accusa fosse quella di gidduf o bestemmia”.H
È interessante notare che “la Mishna
...dichiara che il bestemmiatore non è colpevole, a meno che egli non pronunci
il nome di Dio (Misnah, Sanhedrin VII. 5).” (D.W.Amram, art. ‘Blasphemy’,
in the Jewis Encyclopedia op. cit. vol VII pag. 237). E ancora: “Per tutto il
tempo che la corte giudaica esercitò una giurisdizione sui criminali, la pena
di morte fu inflitta solo al bestemmiatore che aveva usato il nome ineffabile,
mentre il bestemmiatore era soggetto a punizioni corporali (Sanhedrin 56a).”
(ibidem). Questo argomento tuttavia non è decisivo,
perché diversi contestano che il diritto penale mishnaico avesse già valore al
tempo di Gesù (cf. J. Blinzer, Il processo di Gesù,
Brescia 1966 pp. 182÷198; e Grande Lessico del N.T. citazione alla voce ‘Blasfemia’).
Comunque, sulla base di
queste testimonianze e di testi come Giovanni 5:17-18 e 10:31÷33, si può arguire
che il fatto che Gesù pronunciò per se stesso il nome di Dio, giocò un ruolo
importante nella sua condanna a morte da parte del Sinedrio.I
Un altro passo chiave per la comprensione del
valore di “ego eimi” assoluto in bocca a Gesù è Giovanni 18:5, 6, 8. Agli
uomini che lo cercano per arrestarlo nel Getsemani, Gesù risponde “ego eimi”
(18:5), e “mirabile dictu”, gli uomini “indietreggiarono e caddero in
terra” (18:6). “Come un uomo si inchina all’apparizione della divinità”.L Effettivamente dal contesto appare che qui
ebbe luogo una vera e propria teofania o manifestazione della potenza divina.
Gesù si manifestò come YHWH dell’A.T. utilizzando il suo nome ineffabile.M
Per Giovanni 6:20 ( Marco 6:50; Matteo
14:27), Schnackenburg commenta: “Agli orecchi dei primi cristiani quella
parola (cioè ‘ego eimi’, ‘io sono’) non ha soltanto il
significato di una identificazione, ma riceve anche quel solenne tono di
promessa che nell’A.T. ha l’autorivelazione divina (cf. Isaia 43:1÷3, 11)”.
(R. Schnackenburg, op. cit. pag. 159). J. Galot afferma: “È il ‘sono io’
familiare di un uomo che raggiunge i suoi amici, ma anche di colui che manifesta
la magnificenza divina nel suo dominio sulla natura. Dietro queste parole
ritroviamo ancora il Deutero-Isaia: “Non temere.... perché sono io, Yahweh,
il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo Salvatore” (Isaia 43:1÷3). Si
potrebbe anche dire che per giustificare questo avvicinamento, Gesù è avanzato
sul lago, giacché l’oracolo riferiva: “Se dovrai passare attraverso le
acque, io sono con te; attraverso i fiumi, essi non ti sommergeranno” (43:2).
Tutto si svolge come se Gesù avesse ‘incarnato’ questo annuncio profetico,
realizzando sensibilmente il passaggio attraverso le acque per essere con i suoi
discepoli. “Il ‘sono io’ risuona dunque come
quello di Yahweh nell’A.T. ed in un certo senso, anche in modo più
impressionante, in virtù di una presenza sensibile, umana. Secondo la
testimonianza di Matteo, i discepoli hanno riconosciuto in Gesù un mistero
divino, poiché si sono prostrati davanti a lui dicendo: ‘Veramente tu sei il
Figlio di Dio’ (Matteo 14:33)”.N
Per Giovanni 8:24, 28 e 13:19 si può citare
Isaia 43:10 come fonte (notare il contesto strettamente monoteistico). Su questi
testi il Dodd commenta: “É difficile non vedere qui un’allusione al nome
divino ‘ani-hu’. Si potrebbe concludere che a Cristo è applicato il nome
proprio di Dio; è quanto viene esplicitamente affermato in Giovanni 17:11” (Dodd,
op. cit. pag. 128). E lo stesso aggiunge: “Secondo Giovanni 17:6, 26, la
missione di Cristo consisteva nel far conoscere il nome di Dio in questo mondo,
missione che dichiara di aver portato a termine... è difficile negare che qui
si allude alla rivelazione dello shem hammeforash (= il nome ineffabile di Dio)”.
(Dodd. op. cit pp. 130-131. Gesù adempie la profezia di Isaia 52:5-6, da notare
al vers. 6
‘ani-hu’, ‘ego eimi’). A queste affermazioni, molti hanno obiettato
che l’espressione ‘ego eimi’, viene anche usata nel linguaggio profano nel
senso comune di ‘io sono io’ (cf. Giov. 9:9 dove la formula è attribuita al
cieco nato). Ebbene, si può rispondere
che è tipico di Gesù stesso (specialmente nel quarto vangelo) usare espressioni
o compiere azioni che possono venire interpretate in due
modi. Parlando dei miracoli di Gesù in Giovanni,
Bultmann afferma: “Come “segni” i miracoli di Gesù sono ambigui. Come le
parole di Gesù, essi possono essere fraintesi”. (Bultmann, op. cit., vol. II, pag.
44; Cf. O. Cullmann , Der Johanneische gebrauch doppeldeutiger ausdrucke als
schlussel zum verstandnis des vierten evangeliums, in Theologische Zeitschrift 4 1948, pp. 360÷372). Infatti, a volte i Giudei non capiscono.
(Cf.
Giovanni 8:24 ‘ego eimi’ e 8:25, la domanda ‘chi sei tu?’). A volte
intendono la bestemmia del nome e vogliono lapidare Gesù. (Cf. Giovanni 8:58). Gesù “adotta un’espressione che per la
sua indeterminatezza, può essere usata nelle relazioni umane senza urtare
necessariamente gli interlocutori, affidando il suo mistero solo a coloro che
vogliono penetrarvi. Notiamo che la formula permette a Gesù una
perfetta incarnazione della sua affermazione d’identità Divina. Gli consente
di dire ‘sono io’ così come lo dicono gli altri uomini quando arrivano dai
loro familiari e si fanno riconoscere da essi. È così che la si trova in altri
contesti evangelici.. nei quali essa ha innanzitutto il significato normale che
il dialogo le conferisce, ma nello stesso tempo anche un significato misterioso
che è suggerito da taluni indizi del racconto.” (Galot, op. cit. pag. 158. Cf.
Stauffer, art. ‘ego’ in Grande Lessico del N.T. cit. vol. III col. 70). E
ancora: “Dicendo ‘ego eimi’, Egli (Gesù) ha scelto un’autodesignazione
di Dio poco frequente, limitata ad alcuni testi dell’A.T. e suscettibile di
nascondere molte oscurità; mentre la formula ‘Io sono Jahweh’ appare più
spesso ed ha in sé una chiarezza decisa. Egli preferisce un ‘sono io’
indeterminato. Desidera che il suo linguaggio renda il mistero nel quale egli
percepisce il suo io. Notiamo che il carattere enigmatico dell’ego eimi non
implica alcun dubbio, alcuna esitazione da parte di Gesù, della sua identità.
Si deve riconoscere che... l’uso della formula implica un’audacia notevole.”
(Jean Galot, La coscienza di Gesù, Assisi, s.d. pag. 67. Cf. Giovanni 5:18 e
10:33 dove viene detto che Gesù osa ‘farsi Dio’). 3 - GESÙ, IL NOME Che Gesù abbia usato per sé il nome di Dio,
risulta probabilmente anche da un altro fatto. Abbiamo detto prima che gli
Ebrei, leggevano il tetragramma (YHWH) ‘Adonai’, ma a poco a poco esso venne
letto semplicemente ‘hasshem’ (= il Nome). “Già in Levitico 24:11, 16 si trova ‘shem’
usato per il tetragramma. Va osservato che citando la Scrittura, i rabbini sono
ricorsi sempre più frequentemente ad ‘hasshem’ e non ad ‘Adonai’ per
sostituire la lettura di Yahweh”. ( H. Bietenhard, art. ‘Onoma’, in Grande
Lessico del N.T. op. cit. vol. III
col. 754). Ebbene, questa consuetudine si trova nel N.T.
applicata a Gesù; Atti 5:21 (vers. Luzzi) che afferma: “Rallegrandosi
d’essere stati reputati degni di essere vituperati per il nome (upér toù
onòmatos),” ‘di Cristo’, non c’è nel testo
greco. III Giovanni 7 (vers.
Luzzi): “Perché sono
partiti per amore del nome (upér toù anòmatos)”, ‘di Cristo’ non c’è
nel testo greco. Su quest’ultimo testo, Strack e Billerbeck
commentano: “Come negli scritti rabbinici, per ‘Dio’ o ‘Jahweh’ si
diceva ‘hasshem’, il ‘Nome’... così qui per Iesoùs è posto ‘tò
ònoma’ (= il Nome)”. (Strack-Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus
Talmud und Midrash, vol. III
Munchen 1926 pag. 779). E. Bruce Vawter dice: “Nelle scuole i
Giudei parlavano di ‘il Nome’, anziché pronunciare la parola sacra Jahweh...
tale consuetudine è stata qui applicata al nome di Gesù o Signore (cf.
Filippesi 2:9; Giacomo 2:7, 1° Giovanni 2:12)”. (B. Vawter, Grande
Commentario Biblico, traduzione italiana del Jerome biblical commentary, Brescia
1973 pag. 1364). La consuetudine di designare Gesù con ‘il
Nome’ si ritrova poi nei Padri Apostolici. Vedi Ignazio Ad Ephesios III 1 (‘sono incatenato
per il nome’); VII 7 (‘portare in giro il nome’); Ad Philadelphios X, 1 (‘glorificare
il nome’). Ciò,
oltre ad essere un’affermazione della divinità di Gesù, è forse il ricordo
della comunità primitiva del fatto che il Maestro pronunciò per se stesso il
nome di Dio. 4 - CONCLUSIONE Come abbiamo visto, Giovanni è colui che
ricorda di più l’uso che Gesù ha fatto del nome di Dio. In questo modo egli
“esprime la sua fede che il Figlio è uno con il Padre. Nello stesso tempo
egli riconosce che tale credenza pone un reale problema per la fede
monoteistica. Se i primi cristiani credono che Dio è uno, come possono asserire
che il Figlio è uno con il Padre ? I cristiani si porranno
questa domanda ed i Giudei la useranno come obiezione alla fede cristiana.
Giovanni, quindi, indica che i Giudei del suo
tempo accusavano il cristianesimo di violare il monoteismo, perché egli narra l’obiezione
giudaica che Gesù si faceva uguale a Dio (Giov. 5:17-18) o si faceva Dio (Giov.
10:33). Alla luce di questi passi possiamo affermare che uno dei propositi di Giovanni nello scrivere il suo vangelo, fu quello di trattare questo problema dell’integrità del monoteismo nella fede cristiana, come sorse internamente alla comunità cristiana e come fu sollevato all’esterno dai critici giudaici”.O IVO FASIORI Note: A -- K. G. Kuhn, art. ‘theos’, in Grande Lessico del N.T. edito da G. Kittel-G. Friedrich, Brescia 1965 vol. IV. COLL. 393-394. Per i vari casi in cui il nome sacro veniva pronunciato e per la sua storia, cf. The Jewish Encyclopedia, New York and London 1901-1907, s.v. “Names of God” e “Shem Ha-meforash”. B -- Questo uso è testimoniato dal Talmud babilonese. In Pesahim 50a leggiamo: “Dice il Santo, benedetto egli sia: non come sono scritto sono letto; sono scritto Yod-He (= YHWH), ma sono letto Alef-Daleth (= Adonai). C -- Questo uso di leggere ‘Adonai’ il tetragramma fece si che , quando dal VI secolo in poi si introdussero le vocali nel testo ebraico (in origine solo consonanti), le vocali di Adonai furono messe al tetragramma e ne risultò la forma Jehova (Geova), che dal punto di vista grammaticale quindi non esiste , perché gli Ebrei non leggevano Jehova il tetragramma, ma Adonai. Cf. l’articolo ‘Jehova’ in The Jewis Encyclopedia, cit. vol. VII pp. 87-88, che spiega come la lettura Geova si è introdotta nella letteratura cristiana (i Giudei la rifiutano completamente). D -- Cf. C. H. Dodd, l’interpretazione del quarto vangelo, Brescia 1974 pag. 127. Nei Settanta, “ ego eimi” viene quindi considerato un nome proprio. In Isaia 43:25 i Settanta leggono : “Io sono l’IO SONO che cancella i tuoi peccati”. E -- Per la storia dell’uso della formula nella liturgia giudaica e negli scritti di Qumran, vedi E.Stauffer, Jesus and his story, traduzione dal tedesco di D. M. Barton, London 1960, pp.142÷149. F -- Per l’uso della formula ‘ego eimi’ nell’ellenismo ed in altri contesti, rimando all’ottimo articolo di H. Zimmermann , in Biblische Zeitschrft, Neue Folge 1960 pp. 54÷69 e 266÷269. G -- É interessante notare come Ellen White (scrittrice Americana avventista N.d.R.), commenti il passo: “Si fece un profondo silenzio. Il Maestro di Galilea si era appropriato del nome di Dio, rivelato a Mosè per esprimere l’idea di una presenza eterna”. (Vedi La Speranza Dell’Uomo, pag. 335, ediz. ADV 1978). La White qui fa riferimento a Esodo 3:14 come fonte, perché 2la traduzione greca della Settanta, poi la tradizione rabbinica, hanno visto in questi ‘io sono’ dei testi di Isaia un equivalente del nome divino rivelato a Mosè all’epoca dell’Esodo” (Boismard - Lamouile, Synopse des quatre Evangelis, vol. III Parigi 1977, pag. 230 ). H -- J. Jacobs e altri, art. “Jesus of Nazareth”, in the Jewis Encyclopedia, cit. vol. VII, pag. 165. La cosa è già conosciuta da fonti dell’A.T. come 2° Re 18:37 e 19:1÷4. I -- Lo Stauffer (op. cit.. pag. 150) afferma che anche di fronte al Sinedrio Gesù pronunciò l’Ani-hu, testimoniato da Marco 14:62 (Ego eimi). Il grande studioso Franz Delitsch, nella sua versione del N.T. in ebraico (edito dalla Israel Bible Society), traduce l’ego eimi di Marco 14:62 con “ani-hu”. Il Galot commenta: “Non si potrebbe comprendere l’ego eimi della risposta a Caiafa nel semplice significato di ‘Io lo sono’, cioè ‘Io sono il figlio di Dio’. Gesù vuol certamente affermare di essere il figlio di Dio, ma esprime ciò nel proprio linguaggio, dicendo ‘sono io’ o ‘io sono’, come Yahweh aveva detto nell’A.T. . Egli sa che con questa risposta si rende reo di bestemmia agli occhi dei suoi avversari e provoca la sua condanna, ma la formula indica proprio una persistenza nell’essere capace di superare la morte”. (J. Galot, Chi sei tu, o Cristo?, Firenze 1979, pag. 159). L -- R. Bultmann, The gospel of John, tradotto dal tedesco da G.R. Beasley-Murray, Oxford 1971 pag. 639; Cf. Daniele 10:7, Apocalisse 1:17. M --
Ancora ottimo il commento di Ellen White: “Gesù disse loro: “sono io”.
Appena ebbe pronunciato queste parole, l’angelo che lo aveva soccorso si mise
tra lui e la folla . Una luce divina illuminò il volto del Salvatore e una
forma di colomba si delineò su di lui. La folla sanguinaria non poté resistere
neppure per un momento davanti a quella gloria divina, tutti si ritrassero
indietro; Pietro, sacerdoti, anziani, soldati, e persino Giuda, caddero come
morti al suolo”. ( La Speranza Dell’uomo op. cit. pag. 495). In questi
versetti Delitsch (op. cit.) rende ego eimi con ani-hu. Boismard-Lamouille (op. cit.
pag. 406) commentano: Gesù porta in
sé il Nome che è al di sopra di ogni nome (Filippesi 2:9), quel nome
che è lo stesso di Dio, rivelato a Mosè nella scena del pruno ardente: ‘Io
sono colui che sono ... ecco ciò che dirai agli Israeliti : ‘IO SONO mi ha
inviato a voi’ (Esodo 3:14). É questo nome che è evocato quando Gesù
risponde alle persone venute per arrestarlo: ‘IO SONO’. Alla sola evocazione
di questo nome i nemici di Gesù “indietreggiarono e caddero per terra”,
come i nemici del Salmista protetto da Dio (Salmo 35:4÷8; cf. Salmo 40:15;
70:3-4; 56:10). “Al di là delle apparenze umane si nasconde la divinità”. N -- J. Galot, op. cit. pag. 159. É sorprendente che la frase ‘sono io (ego eimi) non temete’ si ritrovi, secondo alcuni manoscritti, anche in Luca 24:36 dopo le parole “Pace a voi”. Cf. Nestlé-Aland, Novum Testamentum Graece, ediz. XXVI, STUTTGART 1979 apparato critico ad loc. O -- Harner, op. cit. pp. 53-54. Cf. Giustino Martire, Dialogo con Trifone, capp. 48÷108. Si può dire che in questo senso Giovanni precorra affermazioni più nette dei Padri Apostolici, come Ignazio, che nella sua lettera agli Efesi, reagendo contro i critici Giudei, parla (18:2) del “nostro Dio, Gesù il Cristo” (cf. anche Ad Tralianos 7:1). |
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