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La Repubblica - Domenica, 9 gennaio 2000 - pagina 40
Il regista, che ha raccontato magnificamente New York nei suoi film, è deluso dalla città. Si trasferirà in Inghilterra con Soon-Yi
ALLEN, ADDIO MANHATTAN ORA CERCA CASA A LONDRA
Nella capitale inglese, scrive il "Sunday Times", potrà fare anche teatro Ma gli mancherà il pub dove suona il clarinetto
LONDRA - Woody Allen abbandona l' amata New York. Il regista americano sta per lasciare la città in cui è nato ed è sempre vissuto, celebrata in tanti suoi film, da Manhattan ad Hannah e le sue sorelle. Un grande amore non ricambiato dai newyorchesi. A far prendere la storica decisione, infatti, l' ostilità dei suoi concittadini che Allen vivrebbe ormai come un vero e proprio tradimento. "Allen ha deciso di abbandonare la sua casa di Manhattan" scrive il Sunday Times in edicola oggi "per la prima volta nella sua vita e trasferirsi a Londra". Nella capitale inglese, che ne apprezza invece il talento, il 65enne regista è intenzionato a dirigere una serie di commedie teatrali che invece a New York i produttori hanno rifiutato perché giudicate troppo costose. Per il momento il regista ha deciso di trascorrere almeno un anno a Londra assieme alla sua 29enne moglie Soon-Yi e alla figlia adottata Bechet
Dumaine. La "vendetta" di Woody nei confronti dei suoi concittadini newyorchesi si dovrebbe completare quando per le sue future commedie chiamerà la crema di Hollywood, che negli ultimi anni corre a recitare sui palcoscenici londinesi come hanno fatto Nicole Kidman e Kevin
Spacey. Il primo spettacolo potrebbe essere God, Sex and Death, un testo che Allen è ansioso di portare a teatro. La notizia dell' abbandono di Woody della Grande Mela circola da tempo a New York. Ma non sarà facile per Woody adattarsi alla nuova realtà: basti pensare alle nevrosi da lui tante volte così ben rappresentate nei suoi film, che solo a Manhattan riescono a trovare una loro dimensione. Ma dall' inizio degli anni Novanta, le cose sono precipitate: i critici e il pubblico americani gli hanno voltato le spalle dopo i successi e gli Oscar; ultimamente la sua casa di produzione, la
Sweetland, è stata costretta per questioni di bilancio a licenziare gran parte dei suoi vecchi collaboratori. Gli unici che non lo hanno dimenticato sono gli attori che continuano a fare la fila per apparire nei suoi film (il prossimo avrà tra i protagonisti Hugh
Grant). Resterebbero da risolvere alcuni problemi: Allen è abituato a suonare da vent' anni il lunedì con la sua band in un pub di New York e dovrebbe trovare un analogo locale in Inghilterra. Ma, come ha ricordato il critico inglese Barry
Norman, "sarebbe bello vedere Woody che realizza un film a Londra anche se credo che continuerà a rappresentare le sue radici culturali. Una cosa non capisco: lui è un fan sfegatato dei New York Yankees e quello gli mancherà molto". |
La Repubblica - Domenica, 6 febbraio 2000 - pagina 37
dal nostro inviato MARIA PIA FUSCO
Allen ci parla del suo nuovo film sugli anni 30 che esce in Italia a fine mese. "Ricordando Reinhardt realizzo un sogno"
WOODY' S MEMORIES JAZZ E SIGARETTA, CHE NOSTALGIA
"Pensavo che la musica di quando ero ragazzo non sarebbe mai cambiata, invece oggi vedo gente che va su e giù dal palco per nascondere il fatto che non sono poi così bravi" "Quando ero giovane fumavo anche, ora sono troppo vigliacco per farlo, però mi manca e sono più carino con la sigaretta fra le labbra, tutti stanno meglio, più distesi e disinvolti" "Il terrore del dentista/ Non ho nessuna nostalgia di epoche passate, non potrei andare dal dentista sapendo che non esiste l' anestetico" "La stanza dei genitori/ Amo i miei genitori, che sono entrambi ancora vivi, ma per la mia generazione sono sempre stati nell' altra stanza"
VENEZIA - Woody Allen e il jazz, un amore. Un grande amore che viene da lontano e da sempre si insinua nel suo cinema, almeno nelle colonne sonore. In Sweet and
lowdown, che esce in Italia a fine febbraio, il jazz è protagonista: nella ricostruzione dell' atmosfera lieve e malinconica degli anni Trenta, nei piccoli locali fumosi, nei personaggi, artisti dalle vite disordinate e girovaghe, come quella di Sean Penn nel ruolo di Emmet
Ray, grande talento con la chitarra, ma consapevole di non poter mai raggiungere il genio di Django
Reinhardt. "Django non era solo un genio, era anche un personaggio eccentrico, speciale. Ho inventato un carattere ancora più eccentrico di lui per raccontare una storia che rievoca il suo tempo, puntando su un artista consumato dal destino di restare per sempre il secondo. Era il mio vecchio sogno un film sul jazz e su Reinhardt", dice Woody Allen, incontrato durante il suo ultimo soggiorno nell' amata Venezia. Gli americani oggi amano il jazz? "C' è un pubblico appassionato, diffuso in tutti gli stati, in Texas come in California, ma è un pubblico molto, molto limitato. Se chiedessi a mille americani chi è Django Reinhardt non mi sorprenderei se nessuno lo conoscesse". Ricorda il suo primo incontro con il jazz? "Fu veramente un caso. Da ragazzo, quando mi svegliavo per andare a scuola, facevo la doccia, mi vestivo, facevo colazione, c' era sempre la radio accesa, come in tutte le case d' America. E la musica che veniva dalla radio era Benny
Goodman, Artie Shaw, Louis Armstrong, e suonavano canzoni di Cole Porter, George
Gershwin, Irving Berlin. Era normale. Adesso è come il caviale, ma al tempo io mi dicevo Questa è la musica, bella, sorprendentemente inventiva, piena di sentimenti che mi riguardavano. Pensavo che non sarebbe mai cambiata...". E invece... "Non è cambiata solo la musica, è tutto il contesto, parlo della musica popolare, il jazz è altro. Se guardo indietro agli anni 30-40, l' immagine è quella di un night club pieno di fumo e un uomo o una donna canta di un amore perduto, la gente ascolta, fuma, beve e forse quella è la canzone numero uno in America. Poi stacco sull' oggi: di colpo la musica è una, internazionale, un artista americano canta in Giappone o al Cairo, e diecimila persone gridano, ed è difficile capire le parole, e l' orchestrazione in genere è la stessa, non ci sono archi e ottoni, è tutto chitarre e percussioni". Non ama le star di oggi... "Non so, si muovono su è giù per il palco, gridano, fanno cose pazze, e non so se lo fanno per nascondere il fatto che non sono poi così bravi e che le canzoni non sono poi così belle. Se cantassero in modo da farsi capire, magari scoprirei cose meravigliose, ma non ho mai avuto la possibilità di capire". Lei fuma? "Fumavo quand' ero più giovane, ora sono troppo vigliacco". E' stato difficile smettere? "No, è stato facile, avevo mal di gola e dopo un giorno senza sigarette mi sono detto e se smettessi per sempre? E l' ho fatto. Però mi manca, è bello fumare, sono più carino con la sigaretta tra le labbra, tutti stanno meglio con la sigaretta, si è più distesi, disinvolti. Con il fumo ci sono riuscito, ma ci sono cose a cui non saprei rinunciare". Per esempio? "La cioccolata. Mai potrei dire no alla cioccolata". Lei è intollerante con chi fuma? "No, questa è una cosa tipica degli americani che trovano periodicamente nemici facili facili. Il fumo è un diavolo che chiunque può odiare. Il primo "diavolo" furono i vestiti fatti con animali. Un nemico facilissimo, chi è che dichiara di voler uccidere gli animali? Oggi, appurato che il fumo è veramente terribile per la salute della gente, le società produttrici di sigarette sono diventate l' Unione sovietica degli anni Novanta". Oltre alla cioccolata ha altre debolezze? "Un paio per arrivare alla perfezione... La più seria è il mio panico sulle malattie, qualunque. La gente mi dice che sono ipocondriaco, io dico di no, perché io non "immagino" di essere malato quando dico che sono malato. Il mio problema è un altro, è che se ho una piccola bolla su un dito, penso subito che è un tumore al cervello. E corro dal dottore. è una cosa diversa dall' ipocondria. Mi sfottono tutti perché ovunque vada ho bisogno di cercare un dottore. Mi dicono, lascia stare, due giorni e tutto andrà bene, è solo un labbro spaccato, a tutti può capitare di avere un labbro spaccato, ma io ho paura vera. Questo è il mio problema, non immagino di essere malato, sono allarmista, non ipocondriaco". Ha nostalgia di epoche passate? "Per carità. Può sembrare meravigliosa la vita di cento, duecento anni fa, a volte guardo vecchie immagini di New York, non c' era traffico, la gente sembra più amichevole, non c' erano crimini, c' era un bel clima pacifico. Ma poi penso: Dio mio, non avevano l' anestetico! E se devo andare dal dentista? Se devo andare dal dottore? Non c' era novocaina, non c' era Pentothal né penicillina. Sei talmente ipocondriaco che pensi subito a queste cose, dicono gli amici, ma è un pensiero davvero importante. Noi vediamo solo le fotografie carine, non vediamo la fotografia dell' uomo sulla sedia del dentista, che trangugia alcol distrutto dal dolore... No, nessuna nostalgia per il passato. Se mai, sarebbe stato bello avere lo stesso percorso di vita di mio padre, che è nato nel 1900, tra poco avrà cento anni. Ha vissuto un tempo interessante, ha visto tutto. Purtroppo non è più molto lucido, è
o.k., gli posso parlare di tutto, ma negli ultimi cinque, sei anni è diventato vecchio". Lei è un buon figlio? "Sono un figlio meraviglioso. I miei genitori - mia madre ha 95 anni - vivono vicino a me, mia madre non è in buona forma mentale, ma fisicamente sono in ottima forma. Voglio dire, io la amo, è sempre stata carina con me, tutti e due sono carini con me e io e mia sorella siamo carini con loro. Ma non c' è stata una volta in cui si è detto, andiamo al cinema o facciamo due
chiacchiere... Per la mia generazione, i genitori sono sempre stati nell' altra stanza". Lei ha vissuto la paternità in età diverse... "Cambiano molte cose a diventare padri a 64 anni come è successo a me. Se sei in buona salute e lo puoi fare, è bello avere figli quando sei più vecchio, perché non hai il problema di costruire la tua carriera, c' è più tempo. è peggio per due giovani che devono lavorare per costruirsi il futuro". Lei ha già finito un altro film. Continuerà con due film l' anno? "No, quest' anno è stata un' aberrazione. Ho fatto anche l' attore nel film di un altro, adoro farlo ma non mi chiamano mai. è un film di Alfonso
Arau, Picking up the pieces, in cui uccido Sharon Stone e tutti mi inseguono. C' era anche la
Cucinotta, mi sembra una brava ragazza". E il suo film? "Si chiama The small time
crooks, sto finendo il missaggio. Non ha nessun messaggio, nessuna idea profonda, è divertimento puro, solo per ridere. Ci sono io, Hugh
Grant, Tracy Ulman, Elaine May, un gruppo di piccoli truffatori che decidono di rapinare una banca. Io faccio il lavapiatti in un ristorante e sono io che ho l' idea, sono la Mente della rapina: un disastro". |
La Repubblica - Giovedì, 10 febbraio 2000 - pagina 26
Il regista si schiera contro il progetto di nuovi grattacieli
LA BATTAGLIA DI WOODY ALLEN "NON DISTRUGGETE MANHATTAN" IL FILM
NEW YORK - L' amore di Woody Allen per New York è sempre più senza limiti. Per difendere la Grande Mela, protagonista di quasi tutti i suoi film, il regista ha deciso di mettere da parte il suo tradizionale riserbo per apparire davanti ad una commissione comunale e scongiurare così un nuovo piano edilizio che interessa
Manhattan. Woody Allen ha parlato davanti alla "Landmarks Preservation Commission" contro la costruzione di 17 edifici nella Carnegie
Hill, nella zona dell' Upper East Side. Con grande partecipazione, il famoso regista ha spiegato che dare il via libera al progetto edilizio sarebbe un duro colpo per la città di New York. I palazzi sorgerebbero nella stessa strada in cui Andrew Carnegie costruì la sua storica casa e nella stessa area che Allen ha utilizzato tante volte per dipingere una "amabile e romantica" New York. "Invariabilmente, quando giro un film, vado a Carnegie Hill per le riprese perchè ci sono poche zone che mi permettono davvero di presentare la città nel modo in cui io vorrei che il mondo la vedesse", ha spiegato il regista. Nel progetto della Citibank i grattacieli sorgerebbero all' angolo della 91esima strada e Madison
avenue, ad un solo isolato dal palazzo che Allen ha comperato di recente per trasferirsi. Oltre ad intervenire, Allen (che tra poco sarà sugli schermi italiani con Sweet
lowdown) ha anche distribuito ai membri della commissione un video di 3 minuti che, come ha detto lo stesso regista, "esprime il mio affetto per i vicini e la mia speranza che voi siate comprensivi con la città che rischia di vedere affievolita la sua bellezza e il suo fascino".
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La Repubblica - Lunedì, 13 marzo 2000 - pagina 40
Film contro la speculazione
WOODY ALLEN UN "CORTO" SUI PALAZZINARI
NEW YORK - Woody Allen protesta contro l' avanzata dei "mostri" di cemento a New York. Con un cortometraggio di due minuti e mezzo il regista newyorkese denuncia la costruzione di nuovi grattacieli a Manhattan per opera di alcuni palazzinari che stanno alterando il leggendario "skyline" della sua città. Il breve film è stato distribuito in appena una decina di copie, quanto basta per lanciare il suo appello ai funzionari della Commissione per i Monumenti Storici della città di New York: fermate la costruzione di un nuovo grattacielo che rischia di deturpare un quartiere dell' Upper East Side. Il quartiere è il distretto storico di Carnegie
Hill, dove Allen nel ' 96 ha girato Tutti dicono I love you e dove di recente si è trasferito con la moglie Soon Yi e la figlia
Bechette, in uno dei villini a più piani allineati lungo le strade alberate. Ma a turbare la quiete nel quartiere è arrivato il costruttore di un grattacielo di 16 piani: "Ci schiaccerà come formiche in un canyon", protesta Woody nel suo film con la voce fuori campo. "Parlo come residente del quartiere, ma soprattutto come regista", ha dichiarato Allen in uno degli uffici del Comune della sua città. "New York sta perdendo quel paesaggio urbano che valeva la pena di catturare nei film. è un delitto, quando devi girare una scena, che non puoi spostare la macchina da presa di un centimetro per non scontrarti visivamente contro un altro di questi mostri di cemento".
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a Repubblica - Giovedì, 13 aprile 2000 - pagina 26
Dopo Brando, Telecom ingaggia Spike Lee e il regista
WOODY ALLEN TORNA ATTORE PER UNO SPOT AL TELEFONO
ROMA (ga.d.ma.) - Telecom chiama, Hollywood risponde. Se i concorrenti americani di Roberto Colaninno puntano su Michael Jordan testimone della
Mci, e sulla matura sirena Candice Bergen che propone i servizi della Sprint, Telecom prima ingaggia un mostro sacro come Marlon Brando e ora si scopre che per la nuova campagna in onda fra qualche giorno gli affianca Woody Allen e Spike
Lee. L' ingaggio di questi due grandi del cinema come interpreti degli spot Telecom verrà ufficializzata oggi a Roma dallo stesso presidente
Colaninno. Brando, Allen e Spike Lee hanno l' obiettivo di affermare l' immagine del gruppo nella nuova era digitale. "Faccio pubblicità per finanziare i miei progetti cinematografici e per dare lavoro ai miei amici. Ne ho parecchi qui a
Brooklyn, e sono tutti poveri" scherza Spike Lee che ha già recitato per Swatch e
Nike. E Woody Allen? Attesissima la sua prima performance di attore in uno spot: disserta di futuro, tra l' impaccio dell' intellettuale legato freudianamente all' era
Gutenberg, e la nascente passione per il mondo digitale. Carlo Di Palma, direttore delle luci onnipresente sui set di Allen, ricorda: "Con lui abbiamo girato insieme, qualche anno fa, gli spot per la
Coop, Woody allora era solo regista ma posso dire che lavorando per la pubblicità usiamo lo stesso impegno profuso nel cinema".
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La Repubblica - Venerdì, 14 aprile 2000 - pagina 38
di GABRIELE DI MATTEO
Svolta in pubblicità: Telecom ingaggia il Nobel (con Woody Allen e Marlon Brando). Kevin Costner per Valleverde
PRONTO? C' È MANDELA IN TV IL PRIMO SPOT DI UN LEADER
ROMA - Stop alle top model per vendere telefonate. L' operatore storico Telecom e l' ultimo arrivato Blu hanno annunciato che negli spot in arrivo non ci saranno curve femminili a stuzzicare la curiosità del pubblico, ma si cercherà di rassicurare i clienti e combattere la cosiddetta "ansia da tecnologia". Telecom Italia nella prossima campagna si affiderà a tre testimoni d' eccezione, tutti rigorosamente over 60: Nelson
Mandela, Marlon Brando e Woody Allen. Blu nella sua prima campagna istituzionale, che partirà tra un mese, cercherà invece di divertire e rassicurare il potenziale cliente. Se per divi di celluloide come Brando e Allen il salto negli spot è in fondo naturale, il vero testimone d' eccezione è l' uomo simbolo del Sudafrica, il Nobel Nelson
Mandela, che devolverà il compenso ricevuto dallo spot nella Mandela Child' s Fondation per l' istruzione dei bambini di
Soweto. Un politico che veste i panni del testimonial non è argomento di routine per la pubblicità. Solo Gorbaciov recitò per la Pizza
Hut, e Bob Dole, negli Usa, pubblicizza la carta di credito Visa e una sostanza simile al
Viagra. Mandela è stato filmato dal regista di colore più amato internazionalmente, autore del film "Malcom X": Spike Lee che ha montato sequenze di repertorio del discorso tenuto nel 1995 a Ginevra nel corso di una conferenza sulle telecomunicazioni dallo stesso
Mandela, con immagini fresche girate appositamente a Soweto. Il costo della nuova campagna di comunicazione è di 100 miliardi, di cui 20 per i costi di produzione, compresi i grandi
testimonial. Ma la corsa ai testimonial continua: la prossima settimana Kevin Costner reciterà a Los Angeles per Valleverde con l' agenzia bolognese Max Information e la stessa Telecom promette, dopo l' estate, l' ingaggio di una grande
rockstar. Girano i nomi di Bruce Springsteen e Tina Turner.
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La Repubblica - Mercoledì, 3 maggio 2000 - pagina 55
di SILVIA BIZIO
UNA RAPINA TUTTA DA RIDERE
Uscirà il 17 maggio negli Stati Uniti "Small time crooks". Tra i protagonisti, oltre a Allen, Tracey Ullman e Hugh Grant I nuovi ricchi Mai stato così felice I ruoli migliori La religione Con questo film mi sono divertito a prendere un po' in giro tutti i nuovi ricchi pretenziosi che sfoderano le loro conoscenze su arte e vini Amo mia moglie e mia figlia, le cose mi vanno bene. Per la verità mi aspetto che succeda qualcosa: mi sento sempre un po' colpevole quando tutto va così bene Sono un attore limitato, posso recitare bene solo due tipi di ruoli: l' intellettuale, perché gli assomiglio tanto, o un poveraccio Non m' importa di essere ebreo. La religione non ha significato per me è come essere membro di un club cui non ti sei mai iscritto
NEW YORK - Woody Allen torna alla comicità di Prendi i soldi e scappa e Il dittatore dello stato libero di Banana con la commedia romantica Small time
crooks. Nel primo dei suoi quattro film distribuiti dalla DreamWorks, Allen è un piccolo ex rapinatore di banca del New Jersey che sogna solo l' ultimo colpo per poi trasferirsi in Florida con la moglie
(Tracey Ullman), una manicure un po' rozza. Comprano un negozio e ci scavano un tunnel attraverso il quale raggiungere la vicina banca, ma quando lei si mette a cucinare e a vendere i suoi famosi biscotti diventano all' improvviso milionari, e i propositi di rapina vanno in fumo. Fra gag e scenette che abbondano di sarcasmo sui "nuovi ricchi" di New York, filmato nel New Jersey e a Manhattan dal cinese Zhao Fei - con cui Allen ha già lavorato in Sweet and Lowdown - e accompagnato da una colonna sonora fitta di jazz, il film (che uscirà il 17 maggio negli Stati Uniti) segna il ritorno di Woody Allen alla commedia pura. Erano anni che non faceva un film così comico. "Trova? Secondo me anche Hannah e le sue sorelle e Mariti e mogli erano commedie, anche se i toni erano seri. Questo poteva solo essere comico: un uomo compra un negozio e ci costruisce un tunnel per svaligiare una banca, sua moglie vuole conquistare un po' di classe con il denaro. Se non è comico questo! Per non parlare del divertimento di prendere un po' in giro tutti i nuovi ricchi pretenziosi che sfoderano le loro conoscenze su arte e vini". Pensa che la scelta del comico sia legata allo stato d' animo degli ultimi anni? "è vero, sono stato molto molto felice negli ultimi otto anni. Amo mia moglie e mia figlia, le cose mi vanno bene; ma è solo una coincidenza. Per la verità mi aspetto che succeda qualcosa: mi sento sempre un po' colpevole quando tutto va così bene". Ci sono elementi nel film che riconosce nella sua vita? "No, solo il fatto che io sono un attore limitato, posso recitare bene solo due tipi di ruoli: l' intellettuale, perché gli assomiglio tanto con i miei occhialetti e le giacche di tweed che indosso sempre; o un poveraccio, come il rapinatore in Prendi i soldi e scappa. Ho pensato che questo sarebbe stato un buon personaggio per me e che mi sarei divertito. E così è stato. Anzi, ero convinto che qualcosa sarebbe andato storto, perché ho sempre pensato che per fare un buon film devi soffrire. Invece è andato tutto liscio: ho chiamato Tracey
Ullman, Elaine May e Hugh Grant ed erano tutti liberi e disposti a lavorare per me per le solite due lire; abbiamo girato senza problemi, gli attori mi facevano ridere, e io pensavo che il film sarebbe venuto una schifezza, perché era tutto troppo piacevole! E dire che da giovane ero affascinato dai criminali e dal crimine". Come mai? "Perché sono cresciuto in una cultura che ha sempre mitizzato i criminali, che fossero Jesse
James, o Dillinger o la mafia: non c' è niente di più romantico della famiglia del Padrino. Da ragazzo mi domandavo cosa avrei voluto fare da grande: magari una vita disonesta. Sapevo che non avrei mai voluto lavorare in un ufficio. Ho pensato che sarei potuto entrare nell'
Fbi, o diventare un detective privato o un criminale. Poi ho scoperto che sapevo scrivere barzellette e ho avuto successo e sono entrato nello show business, ma la criminalità è molto affascinante. Intendiamoci, non la criminalità degli assassinii e degli stupri. L' altra!". A quali film si è ispirato? "In genere m' ispiro sempre all' età d' oro del cinema europeo, registi come
Fellini, De Sica, Truffaut e Godard rimangono quelli che hanno fatto la storia del cinema. Per Small time crooks però sono stati decisivi i film di
Lubitsch, che secondo me rimane il miglior regista comico americano. E la serie televisiva di Jackie Gleason "The Honeymooners"". Non a "Quel maledetto imbroglio?" "No, anche se quel film rimane per me uno dei più grandi capolavori nella storia del cinema "di rapina"". Lei ha recentemente diretto e interpretato uno spot pubblicitario in Italia. La imbarazza? "Assolutamente no, è meraviglioso, vorrei poterlo fare in continuazione. Danno enormi somme di denaro per fare una cosa che non costa alcuna fatica. Pagano più per una giornata di lavoro in uno spot che per fare due film, è un sogno, il miglior lavoro che abbia mai avuto. Vorrei poterne fare uno a settimana". Tracey Ullman sostiene che lei è un buon baciatore. "E perché non dovrei esserlo? è facile, lo fai stando seduto, devi solo usare le labbra. è uno dei vantaggi del mio lavoro, nel corso degli anni ho baciato Diane
Wiest, Diane Keaton, Anjelica Huston, Julia Roberts, Elisabeth Shue, ho baciato donne che non avrei mai avuto l' opportunità di baciare nella vita reale". Sua moglie non è gelosa? "No, perché sto molto attento a come glielo dico. Arrivo a casa con la testa fra le mani e dico: ho avuto una giornata terribile, ho dovuto baciare Julia Roberts per mezz' ora, e il pranzo era in ritardo". Il film di Alfonso
Arau, "Picking up the pieces", in cui lei recita una parte uscirà direttamente in video. Cosa è andato storto? "Non ho mai visto il film però mentre lo facevo mi era sembrato buono. Vittorio Storaro era fantastico, Alfonso Arau è bravo, ho lavorato con gente fantastica. Penso che il soggetto sarebbe stato buono se non fosse stato un film americano: se vi dicessi di aver visto un film su un uomo che taglia sua moglie a pezzi e la seppellisce nel deserto ma ne perde la mano e qualcuno la trova e la porta in una città dove si scopre che quella mano può fare miracoli, qualcuno direbbe che potrebbe essere un interessante piccolo film messicano, francese o italiano. Ma certo non americano". Non le viene mai paura di non avere più idee? "Quello è uno dei pochi problemi che non ho. Lo dicevo anni fa, quando tutti pensavano che Harry a pezzi fosse un film autobiografico e io dicevo che il blocco dello scrittore non è mai stato un mio problema, anzi: ho decine di idee a casa scritte su pezzetti di carta, potrei firmare un contratto per venti film per la
DreamWorks!". Ha mai pensato di fare altro nella vita? "Sì, il guardiano in una prigione femminile! L' ho immaginato qualche volta; ma a parte quello non ho mai voluto essere nient' altro nella vita. Da giovane pensavo che mia madre e mio padre fossero due terribili creature di un altro pianeta e che un giorno si sarebbero tolti la maschera. Mi sento sempre sorpreso e felice di essere uscito dal mio ambiente e di aver avuto una vita piacevole, perché tanti dei ragazzini con cui sono andato a scuola non sono stati altrettanto fortunati e hanno avuto vite molto banali". In che ambiente viveva? "Era povero e calmo, un mondo in cui la maggior parte dei ragazzini finiva per fare quello che facevano i loro genitori: dal maestro al tassista. E invece io mi sono ritrovato all' improvviso a viaggiare in tutto il mondo, cene alla Casa Bianca, il jazz a New Orleans, il Ritz a Parigi. Ben diverso dalla maggior parte dei ragazzini con cui sono cresciuto: poveri, con poche ambizioni e nessuna opportunità. Se non avessi saputo scrivere barzellette anch' io sarei finito come loro". Molto spesso i suoi personaggi sono ebrei. è importante per lei? "Niente affatto, non mi è mai importato di essere ebreo. Da ragazzino mi hanno costretto ad andare per anni a scuola di ebraico, ho dovuto imparare a leggerlo e scriverlo, ma ho sempre pensato che fosse una sciocchezza e che appena diventato abbastanza grande me ne sarei liberato. Non è mai stata una cosa per cui ho sentito vergogna o orgoglio: non solo la religione non ha significato per me, ma la trovo anche pericolosa, e una perdita di tempo. In una religione sei membro di un club cui non ti sei mai iscritto. A cinque anni mi hanno detto che ero ebreo, ma sarebbe stata la stessa cosa se mi avessero detto che ero buddista o cattolico: che senso aveva per me? Ti dicono di non mangiare certi cibi in certi giorni: è stupido. Ma non sono solo gli ebrei ad essere sciocchi, lo sono anche i cattolici e i protestanti: è anche peggio che essere sciocchi, perché la religione è una scusa per tirar fuori la tua ostilità contro chi è diverso da te. Così se non sei ebreo o cattolico ti trattano come i bianchi trattano i neri o come i neri tratterebbero i bianchi se fossero in una posizione di potere".
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La Repubblica - Giovedì, 15 giugno 2000 - pagina 16
Blocca la costruzione di un palazzo di 17 piani di fronte a casa sua
NEW YORK, WOODY ALLEN VINCE LA BATTAGLIA DEL GRATTACIELO
NEW YORK - Per una volta un Don Chisciotte ha battuto i mulini a vento: Woody Allen, il regista che in tanti film ha immortalato lo skyline di
Manhattan, è riuscito a sconfiggere i costruttori che minacciavano di erigere un palazzo-mostro al centro della sua amata città. Con Bette Midler e Kevin
Kline, Woody si era schierato per fermare le gru della Tamarkin Co., la società intenzionata a innalzare un grattacielo di 17 piani nel cuore di Carnegie
Hill, il quartiere dell' Upper East Side che, con le sue villette a schiera e le strade alberate, ancora conserva il fascino della New York inizio secolo. Finalmente, dopo mesi di battaglie legali, la commissione per i monumenti storici del comune ha dato loro ragione fermando un progetto giudicato "inadatto" a Carnegie
Hill. Woody si era impegnato in prima persona producendo un mini-documentario contro il tentativo della Tamarkin di alterare il profilo della sua adorata
Manhattan.
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La Repubblica - Giovedì, 6 luglio 2000 - pagina 51
dal nostro inviato RENZO FEGATELLI
Stone, Cucinotta, Gould
ARAU E IL CAST DEI MIRACOLI "PICKING UP THE PIECES" LA COMMEDIA SURREALE DEL REGISTA MESSICANO CON ALLEN
A settembre anche in Italia il film dell' autore di "Come l' acqua per il cioccolato". Storaro direttore della fotografia Alfonso Arau Acqua e cioccolato
MONACO DI BAVIERA - Il regista messicano Alfonso Arau, dopo il successo di "Come l' acqua per il cioccolato" (1992) e il remake di "Quattro passi tra le nuvole" dal titolo "Il profumo del mosto selvatico" (1995), sembra aver vinto la lotteria. O, come dice lui, è stato miracolato. Molto applaudito, infatti al FilmFest Munchen 2000 il suo nuovo film Picking up the
Pieces, interpretato da Woody Allen, Sharon Stone, David Schwimmer, Maria Grazia
Cucinotta, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Elliot Gould. E senza dimenticare la direzione della fotografia di Vittorio
Storaro. Protagonista della commedia è Red (Woody Allen), un macellaio di New York tradito dalla bellissima moglie Candy
(Sharon Stone). Dopo una fantasia nelle vesti di un mago che sega in due una ballerina dalle sembianze della moglie, Red la fa letteralmente a pezzi, e la carica su un camioncino. Parte per il Messico, ma strada facendo si perde una mano della donna, proprio quella recisa mentre lei gli faceva un gestaccio. Vi inciampa una signora cieca che cadendo batte la testa e ritrova la vista. Gridando al miracolo, consegna la mano a un giovane parroco, il quale è costretto a metterla in una teca e a mostrarla ai fedeli tra i quali i miracoli si moltiplicano, ma complicano anche la vita del sacerdote che ha una relazione con la prostituta del paese. Frattanto il fantasma della morta visita il marito. E l' amante di lei, un agente federale, tallona il fuggitivo. Un po' commedia surreale, un po' quadretto naif o leggenda da cantastorie, il film presentato in anteprima ha divertito il pubblico. In Italia sarà distribuito a fine settembre e si annuncia un lancio con 200 copie. Al regista abbiamo chiesto come è nato il progetto. "Mi trovavo alla William Morris dove opera un dipartimento letterario con lettori e redattori di sintesi. Uno di questi ha trovato una sceneggiatura che giaceva là da cinque anni. L' autore si chiama Bill Wilson, un cinquantenne che ha scritto un paio di cose in tutta la sua vita e fino a quel momento non aveva venduto niente. L' ho letta e ho avuto la sensazione che fosse uno dei film che io avevo girato in Messico prima di "Come l' acqua per il cioccolato". Non assomigliava affatto ai film di Hollywood. Era politicamente scorretta, piena di humour e di poesia, e abbastanza sovversiva per farne una buona commedia". Come ha ottenuto il finanziamento e gli attori? "Pensavo di girare in Messico con quattro soldi, chiedendo agli amici di lavorare gratis, ma si sono verificati alcuni miracoli. Il primo è stato quello di ottenere la sceneggiatura. Il secondo, invece, di trovarmi alla Morris e di ascoltare del tutto casualmente che la settimana precedente Woody Allen aveva firmato un contratto con l' agenzia. Voleva uscire dalla gabbia nella quale si era rinchiuso negli ultimi 17 anni dirigendo e dirigendosi. Voleva esplorare altri set e lavorare per altri registi. Istintivamente, visto che Woody Allen era esattamente l' opposto del protagonista del film, chiesi all' agenzia di inviargli la sceneggiatura. Il terzo miracolo avvenne tre giorni dopo, quando mi trovai a parlare con lui a
Manhattan, al Club Carlyle dove ogni lunedì suona il clarinetto: tornando in albergo dopo lo spettacolo, ho trovato la notizia del mio agente che mi comunicava che Woody aveva accettato". E come ha fatto con Sharon Stone e Vittorio
Storaro? "Con Vittorio abbiamo lavorato insieme al progetto di un film su
Zapata. L' ho chiamato al telefono e ha subito accettato. E qui c' è l' altro miracolo. Appena hanno saputo che Allen e Storaro sarebbero stati della partita, tantissime star si sono offerte per collaborare accettando il minimo salariale, quasi niente. è stato come un atto d' amore per il cinema!". E la partecipazione di Maria Grazia
Cucinotta? "Un altro miracolo! Una delle attrici che doveva interpretare quella parte, ha rinunciato per precedenti impegni di lavoro. Era un giovedì e la lavorazione cominciava il lunedì. Ho pensato a Maria Grazia che avevo conosciuto al Festival di Mar del
Plata. L' ho chiamata all' ultimo momento, anche perché non avevamo i soldi per pagarle l' aereo dall' Italia. E lei mi ha risposto che non dovevo inviarle la sceneggiatura, che stava già partendo per Los Angeles, il lunedì ha cominciato a lavorare. è un' attrice meravigliosa, bella e, sopratutto, un' ottima persona. Un incanto!". E Sharon
Stone? "Abbiamo lavorato insieme per un film che non siamo riusciti a fare. Ci conoscevamo, quindi. Ho chiamato il suo agente dicendo che sarei stato felicissimo di lavorare con lei. Sharon ha accettato di lavorare per il minimo sindacale. Una cosa incredibile per una stella che riceve offerte miliardarie. E ha collaborato con molta modestia, umiltà, allegria. Ho visto tutti i suoi film e mi è piaciuta tanto in questo. è disinibita, sicura, graziosa, divertente. Ha 40 anni, è il momento più importante della sua vita ed è una delle donne più belle del mondo". Woody Allen ha cambiato qualcosa nel testo? "Quando Bill Wilson ha saputo di Woody ha un po' adattato il testo. Da parte mia ho detto a Allen che se aveva qualche idea e voleva apportare modifiche, erano ben accette. E che poteva improvvisare qualche dialogo. Lui ha suggerito alcune modifiche molto interessanti. Woody sul set era molto timido, rispettoso, delicato, incredibilmente professionale e soprattutto molto cooperativo". Quanto tempo è durata la lavorazione? "Trenta giorni. E c' è gente che va dicendo che Storaro è lento! Falso. è un genio che possiede il dominio totale della sua professione. Fa ciò che crede dando vita a una fotografia bellissima e a volte sperimentale. Sono convinto che si tratti della reincarnazione di Leonardo da Vinci. è un grande artista". Dove è stato girato il film? "A Valencia, California: ci hanno affittato una sorta di paesino messicano. E avendo un piccolo budget lo abbiamo girato tutto lì, costruendo anche gli interni". E il ruolo dei miracoli e della chiesa? "Io sono stato educato da cattolico, sono cresciuto nel cattolicesimo e quindi ne conosco i limiti. So che sto girando una commedia, ma senza oltrepassare i limiti nel rispetto della fede della gente. Il presidente della lega dei cattolici che in America si oppose al film "Dogma", quando seppe di un' anteprima ci minacciò credendo che il film non rispettasse la chiesa. Lo abbiamo invitato, e dopo la visione del film non ha detto più niente. In un certo senso ci ha dato l' assoluzione. In realtà è un film spirituale e metafisico, come una pittura naif che contiene una storia semplice e innocente". |
La Repubblica - Mercoledì, 19 luglio 2000 - pagina 53
Su Cinema Stream alle 21.10 la prima tv del documentario di Barbara Kopple
WOODY ALLEN IN JAZZ
IL DOCUMENTARIO di Barbara Kopple sul tour europeo di Woody Allen e la sua orchestra jazz in onda stasera alle 21.10 su Cinema
Stream, in prima tv. Un occhio indiscreto segue il regista, in questo caso anche musicista, nelle stanze d' albergo, a colazione con Soon-Yi e fra i mille paparazzi, nelle strade di Venezia, Roma e in giro per l' Europa. Allen non recita un personaggio ma rappresenta per la prima volta l' uomo Woody Allen. "Woody è doppio" spiega la
Kopple, autrice del filmato "serissimo quando parla dei suoi film, del suo jazz, della sua filosofia di vita. Allen nei rapporti quotidiani con le persone più prossime non smette di rivelare le sue insicurezze, mascherate dietro un carnevale di scherzi e battute" continua la cineasta, 50 anni, due Oscar per filmati sociali, regista del televisivo "Fallen Champ" su Mike Tyson e di svariati "rockumentari". Woody Allen è stato seguito passo passo nelle 18 città e nei ventitre giorni del tour di due anni fa, dividendo con le sue accompagnatrici, la sorella e
Soon-Yi, l' intimità dei relax in camera, le sorprese dei dietro le quinte e gli imbarazzi dei frequenti obblighi mondani, ma nel montaggio del documentario la Kopple ha privilegiato le tappe italiane. Venezia, prima di tutto. E allora in "Wild Man Blues" ecco un Allen privato; in motoscafo terrorizzato dai sobbalzi delle onde, in gondola, assediato dai turisti, autolesionista prima della rituale visita ai resti della Fenice dove si sarebbe dovuto svolgere il suo concerto. E poi ci sono le sue manie: aspirine e pillole in quantità industriale, una vasca da bagno inaccessibile a chiunque altro, il raffreddore annunciato che, alla vigilia del concerto di Londra lo strema in un angoletto del letto e dello schermo. Ancora, la doccia che non funziona e provoca cortei di operai, il maitre che dimentica i toast, il ritorno a New York con la visita ai genitori ultranovantenni: il padre che, su una targa, invece di "Grazie Woody" legge "Crazy Woody". |
Woody
Allen impegnato in una crociata che ha tentato di salvare dalla
demolizione la casa newyorkese dove abitò Edgar AlLan Poe, ecco di
seguito gli eventi.
25 Luglio 2000
«Come regista che ha cercato di immortalare Manhattan nel suo massimo splendore e fascino, vorrei aderire alla presa di posizione di alcuni residenti del Greenwich Village contro il progetto della New York University di costruire un edificio di 13 piani nella terza strada ovest, distruggendo due costruzioni di rilevanza storica, tra cui una casa dove visse Edgar Allan Poe. Non c'è discussione sul fatto che il Greenwich Village rappresenti la New York più incantevole e che negli anni il trucco per filmare Washington Square e dintorni è stato quello di mostrare al mondo la magia delle zone incontaminate escludendo dalle inquadrature la costruzione della New York University. Nessuno ha niente da obiettare sulla necessità di espandersi della facoltà di legge dell'Università. Ma certamente il problema può essere risolto in un modo che non distrugga un altro pezzo di un'area che sta velocemente scomparendo. E' difficile per me credere che una grande istituzione coma la New York University, che ha avuto la preveggenza e il buon gusto di espellermi molti anni fa, resti insensibile al caso.»
Woody
Allen
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2 Agosto 2000
«E’
difficile per me credere che una grande istituzione coma la New York University, che ha avuto la preveggenza e il buon gusto di espellermi molti anni fa, resti insensibile al caso», ha scritto il 25 luglio Woody Allen al New York Times facendosi paladino della battaglia di alcuni residenti del Greenwich Villane contro un progetto di allargamento dell’ateneo che porterebbe alla distruzione di due edifici storici, fra cui una casetta abitata da Edgar Allan Poe nel 1845. Woody Allen ha pure intinto la penna nel veleno, specificando che per
rendere cinematograficamente il fascino del Village e di Washington Square bisogna escludere dalle inquadrature le costruzioni della N.Y.U. E’ quindi da escludere che l’università possa essere «sensibile» agli scrupoli di un allievo scomunicato (le biografie narrano che da sempre il piccolo Woody fu scolaro intrattabile); ma forse il giudice Robert Lippman della Suprema Corte di Manhattan può non essere stato insensibile al grido di dolore di un regista incapace per sua stessa ammissione di vivere fuori da
Manhattan, fondale storico delle sue creazioni. Il
magistrato, infatti, ha deciso ieri di bloccare temporaneamente la demolizione. Due gruppi per la protezione dell’ambiente cittadino avevano sollecitato l’ingiunzione, che diffida la facoltà di Legge dell’ateneo dal demolire gli edifici fino a un’udienza fissata per l’8 agosto. Sembra la solita disputa che a ogni latitudine contrappone chi mira a ristrutturare i centri storici e i fautori della conservazione ambientale, ma la presenza sia pure fuggevole del grande Edgar Allan Poe nella piccola casetta in mattoni rossi al
numero 85 di Amity Street (ora West Third Street) ha dato spessore al caso. Da un lato i protezionisti si aggrappano alla fama dello scrittore (Boston 1809-Baltimora 1849) e di quei capolavori che furono i Racconti
(«Ligeia» e «Il crollo della casa Usher» tra quelli del terrore, «Discesa nel
Maelstrom» tra quelli metafisici); dall’altro, i portavoce dell’Università ribattono che il legame fra quell’edificio e Poe è «labile come un tessuto di liso», dato che lo scrittore vi abitò pochi mesi e che, da allora, la casa fu
ristrutturata più volte. In effetti Poe, assillato da difficoltà economiche ed esistenziali, si era trasferito da Filadelfia a New York nell’aprile del 1844, vagando da un angolo all’altro dell’East
Broadway; ma in autunno fu assunto dall’Evening Mirror, dove fu critico e vicedirettore.
Poté così permettersi quelle due stanze al Villane, presso il parco, perché il verde giovasse alla salute di Virginia, la moglie tubercolosa che morì nel ’47, lasciandolo preda dell’alcol e delle ossessioni. In quel breve periodo di relativa tranquillità, Poe pubblicò, sull’American
Rewiew, Il corvo e altre poesie, testo che gli aprì le porte a una tardiva celebrità.
Insomma, in quello stabile di mattoni che ora la facoltà di Legge vuole ingoiarsi, è nato un classico della letteratura che ha nutrito generazioni e generazioni di studenti americani. E sembra paradossale che a progettare la demolizione non siano generici speculatori edilizi, ma un’istituzione culturale prestigiosa come la
N.Y.U., anche se ha espulso Woody Allen (lo stesso Poe ebbe analoga sorte con un’istituzione altrettanto di prestigio, quando venne espulso per indisciplina dall’Accademia di West
Point). La disputa sta coinvolgendo gli studiosi: emeriti professori come Burton R. Pollin della City University, autore di dodici libri su Poe, sostengono che l’edificio può essere utile agli studenti per farsi un’idea su come e dove lo scrittore visse quel periodo; docenti altrettanto emeriti ribattono che i rifacimenti ne hanno disperso
l’aura. Al di là delle querelles accademiche e dell’effettiva rilevanza scientifica, certi luoghi possono avere valore di simbolo, e di simboli è disseminata la vita e la memoria di ognuno. Guai a distruggerli, sembra dire Edgar
Doctorow, grande contemporaneo della letteratura americana, autore di Ragtime. Lo scrittore ha preceduto di qualche giorno Woody Allen nello scrivere una lettera che il New York Times ha pubblicato con una significativa vignetta dove un grande corvo, simbolo di Poe, sormonta un piccolo edificio.
Doctorow, che fra l’altro è professore di letteratura inglese alla stessa New York University, non si meraviglia del fatto che i colleghi di giurisprudenza abbiano bisogno di espandersi. Ma vuole ricordare che la casetta di Poe è uno degli ultimi retaggi di una stagione
letteraria, sopravvissuto nel tempo e nello spazio. Henry James, ricorda lo scrittore, nacque proprio in Washington
Square, il cuore del Village: John Dos Passos, Edna St. Vincent Millay, Thomas Wolfe ed E. Cummings hanno trascorso qualche periodo nel quartiere universitario. E ancora Mark Twain affittò delle stanze sulla Decima Strada, mentre il saloon preferito da Walt Whitman era nei paraggi, appena a nord di Bleecker Street. La casa di Poe, ricorda ancora
Doctorow, è abbastanza piccola e molto emblematica della vita dello scrittore trascorsa perennemente nelle ristrettezze. Il professore di letteratura, insomma, si meraviglia che quelli di legge non abbiano pensato a un progetto di edificio che passasse attorno, dietro o sopra la casetta, salvandola dalle ruspe. Anzi, il progetto potrebbe addirittura prevedere la
ristrutturazione della casa com’era quando Poe vi abitava. Così l’università non disporrebbe soltanto dei nuovi spazi di cui ha bisogno, ma avrebbe anche l’onore di rendere un servizio alla memoria collettiva. Perché amministratori e architetti non ci hanno ancora pensato? E la casa di Poe va a finire lunedì prossimo in tribunale? Basterebbe ricordarsi della forza e del significato dei simboli.
Cesare Medail, Corriere della Sera 02/08/2000
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La Repubblica - Giovedì, 17 agosto 2000 - pagina 10
"è un ebreo. E allora?"
WOODY ALLEN BOCCIA LIEBERMAN
IL CASO
LOS ANGELES - A Woody Allen non piace la scelta di Joseph Lieberman come vice di Al Gore. "Il fatto che nel 2000 tutti si meraviglino che un ebreo sia candidato alla vicepresidenza dà un' idea piuttosto desolante degli Stati Uniti - ha dichiarato il regista, ebreo newyorchese, in un' intervista a Le Monde - E direi la stessa cosa se si trattasse di una donna, di un nero o di un omosessuale". "Se fossimo veramente la democrazia che pretendiamo di essere - ha continuato il cineasta, politicamente schierato con i democratici - avremmo dovuto già avere dei presidenti ebrei, neri, eccetera". Allen, poi, boccia anche Lieberman "in sé". "Gli rimprovero - ha spiegato - di essere stato il primo dei democratici ad aver attaccato Clinton in occasione dell' affare
Lewinsky. In quell' occasione ho trovato detestabile il suo comportamento, e anche oggi lo trovo squallido. Quelli che condussero quella campagna contro Bill Clinton rappresentano i peggiori aspetti di questo paese". Il regista ha infine dichiarato di avere "un problema con la religiosità" di
Lieberman, con il "modo con cui la esibisce pubblicamente". |
a Repubblica - Giovedì, 24 agosto 2000 - pagina 45
La piccola, chiamata Manzie Tio, è nata sei mesi fa in Texas
ALLEN E SOON YI ADOTTANO LA LORO SECONDA BAMBINA
NEW YORK - Woody Allen è di nuovo papà: il regista di "Manhattan" e la sua giovane moglie Soon Yi hanno adottato per la seconda volta una bambina. Continuando nella tradizione di rendere omaggio ai grandi del jazz, Woody ha chiamato la bimba Manzie
Tio, in onore di Manzie Johnson, il batterista del complesso del clarinettista Sydney
Bechet, e di Lorenzo Tio, il pioniere della musica creola che ha insegnato a suonare a
Bechet. Manzie è nata sei mesi fa in Texas da una donna americana che l' ha offerta in adozione, secondo quanto ha scritto il Daily News. è arrivata nella casa di Woody e Soon Yi sull' Upper East Side poco dopo essere venuta al mondo. "Woody è al settimo cielo. Ha una bellissima moglie: una moglie che fa la moglie e non l' attrice. E ha una bellissima casa e due bellissime figlie", è stato il commento di un amico di famiglia. Il regista ha già adottato con Soon Yi una bambina di origine coreana: in onore del suo grande idolo del jazz (Allen suona il clarinetto), l' ha chiamata appunto Bechet Allen. Anche Soon
Yi, com' è noto, prima di diventare la consorte del regista era la "figliastra" della coppia Allen-Mia
Farrow. La storia con la trentenne coreana, cominciata nel ' 92, quando la fanciulla aveva 23 anni, fece saltare l' unione, mai sancita da regolari nozze, tra Woody Allen e la Farrow che oltre a Soon Yi avevano adottato Moses e Dylan e, insieme, avevano concepito
Satchel. Una tribù che finì in tribunale perchè il patriarca, di fatto, andava a letto con la sorella dei propri figli. Il seguito della vicenda ha avuto risvolti da copertina: la Farrow ha accusato l' ex compagno di molestie sessuali anche sulla piccola
Dylan. Tutto questo non ha impedito a Allen e a Soon Yi di sposarsi a Venezia nel 1997. |
La Repubblica - Domenica, 1 ottobre 2000 - pagina 47
di ROBERTO NEPOTI
Commedia cinica e molto blasfema con un Woody Allen divertentissimo
LA MANO DI SHARON FA MIRACOLI
Ho solo fatto a pezzi...
WOODY Allen sta attraversando un momento di protagonismo. Oltreché nel suo "Small Time Crooks", annunciato per dicembre, si produce come attore in Ho solo fatto a pezzi mia moglie, commedia nera, cinica e parecchio blasfema firmata da Alfonso
Arau. Macellaio texano con tanto di cappello Stetson, Tex (Woody) taglia in sette pezzi
Candy, la moglie che lo cornifica con mezzo mondo (Sharon Stone, in una partecipazione straordinaria "da morta") e passa il confine del New Mexico per andarne a seppellirne i frammenti. Salvo che ne perde uno per strada: una mano dalle unghie laccate e dal dito proteso in modo inequivocabile. Un vecchia cieca vi inciampa e riacquista la vista. Da questo momento la mano santa, esposta nella chiesa del villaggio di El
Nio, dispensa miracoli a chiunque li chieda. Maria Grazia Cucinotta interpreta una prostituta che si redime miracolosamente, ma per amore del prete locale. Frattanto Tex arriva nel villaggio e si mescola al fiume di fedeli in fila col biglietto come in salumeria, per trafugare la mano compromettente. Alle costole ha un poliziotto macho
(Kiefer Sutherland), già membro del club degli amanti di Candy. Ho solo fatto a pezzi mia moglie è un grottesco perfettamente amorale con cui Arau - che interpreta il piccolo ruolo di un medico - si conferma regista scaltro e buono per tutte le occasioni (vedi l' edificante "Il profumo del mosto selvatico"). Nel suo piccolo universo non esiste decisamente nulla di sacro. La vita, come sentenzia Tex nella morale della favola, è una cosa grottesca e ingiusta e Dio, una specie di burlone. Variando sulla prediletta figura dell' omino bastonato della tradizione ebraica Allen sa di non deludere i suoi fan. |
La Repubblica - Giovedì, 5 ottobre 2000 - pagina 21
Si era opposto anche Woody Allen
NEW YORK, LE RUSPE CONTRO LA CASA DI EDGAR ALLAN POE
NEW YORK - Stavolta non è bastato neppure l' intervento di Woody Allen per fermare le ruspe. A meno di improbabili colpi di scena, la casa nel Greenwich Village dove visse lo scrittore Edgar Allan Poe sarà abbattuta, per far posto ad un moderno edificio che ospiterà la facoltà di legge della New York University. A deciderlo è stato un giudice della Corte suprema dello Stato di New York, l' ultimo di una serie di magistrati chiamati a pronunciarsi sul destino di una palazzina di mattoni rossi alta tre piani. Il giudice Robert Lippermann ha dato il via libera alla demolizione: pur riconoscendo che "da un punto di vista culturale la Poe House dovrebbe restare in piedi", ha stabilito il diritto della Nyu di procedere con i lavori. Lippermann ha così respinto le richieste di un comitato per la preservazione dei monumenti, al quale si era unito anche il celebre regista
newyorkese. |
15 Ottobre 2000
Woody Allen ha
perso:la palazzina di mattoni rossi nel Greenwich Village dove Edgar Allan Poe visse tra il 1844 e il ’45 sarà abbattuta per consentire alla facoltà di legge della New York University di ampliare i propri spazi costruendo un nuovo, moderno edificio. L’attore aveva sostenuto la protesta delle
associazioni per la conservazione dei monumenti scrivendo anche al NewYork Times una lettera ironica. La lettera fu pubblicata il 2 agosto scorso dal «Corriere». Ieri il giudice ha dato torto ai protezionisti e via libera alla
N.Y.U., il cui portavoce ha sostenuto che la casa era ormai diversa da quella dove Poe «non aveva comunque scritto nulla di significativo». Peccato che proprio in quel periodo di relativa tranquillità economica (lo scrittore, assunto dall’Evening
Mirror, si era stabilito al Village sperando che il verde dei parchi
giovasse alla salute della moglie tubercolosa), avesse dato alle stampe Il corvo e altre poesie, l’opera che gli aprì le porte della celebrità. Anche lo scrittore Edgar
Doctorow, docente di letteratura alla stessa università, si era unito a Woody Allen proponendo ai colleghi di legge un «progetto di edificio che passasse attorno o sopra la casetta, ripristinando l’aspetto che aveva ai tempi di
Poe». Poteva un’università ragionare da palazzinara? Evidentemente sì.
Cesare Medail, Corriere della Sera 15/10/2000
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La casa di Poe a New York come appare oggi. |
Lo stesso palazzo in un disegno d'epoca. |
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a Repubblica - Mercoledì, 18 ottobre 2000 - pagina 57
di ROBERTO ROMBI
Il giovane attore, protagonista del film di Ang Lee, racconta il provino con il regista americano
MAGUIRE IL CAVALIERE "ALLEN MI RENDE NERVOSO"
"Sarò l' Uomo Ragno di Sam Raimi, anche se non ho mai letto i suoi fumetti " A Roma per presentare "Cavalcando col diavolo", un western che uscirà venerdì
ROMA - Venticinque anni ma ne dimostra diciotto, un'aria tra il francescano e lo studente serioso, Tobey
Maguire, uno dei giovani attori più bravi e richiesti a Hollywood, è a Roma per promuovere il nuovo film americano del regista di Taiwan, Ang
Lee, Cavalcando col diavolo che esce venerdì nelle sale italiane in 100 copie. Sarà lui l'Uomo Ragno nel prossimo film di Sam Raimi che porta sullo schermo le imprese dell'eroe dei fumetti. E, mentre sta per uscire in Italia Wonder Boys di Curtis Hanson , il giovane attore ha già inanellato una serie di ruoli importanti in film come Tempesta di ghiaccio, sempre di Ang
Lee, Pleasantville di Gary Ross, Paura e delirio a Los Angeles di Terry Gilliam, Le regole della casa del sidro di Lasse Hallstrom e Harry a pezzi di Woody Allen. "Prima di affrontare il provino con Woody" ricorda Maguire "mi dicevo: "Non c'è problema, ho già lavorato con un sacco di gente. Non sarò nervoso". Ma poi quando l'ho intravisto attraverso la porta ho cominciato a essere così agitato che una donna seduta vicino a me ha iniziato a darmi pacche sulla schiena per tranquillizzarmi. Durante il provino sono stato tremendo ma per fortuna mi è stata offerta un'altra possibilità. La seconda volta è stato più terribile della prima. Comunque mi hanno preso lo stesso". Ma è soprattutto di Cavalcando col diavolo che Tobey Maguire vuole parlare. È un film che rievoca un episodio della guerra civile americana, quando simpatizzanti dei Sudisti, all'interno dei territori dell'Unione, portavano avanti una guerriglia sanguinosa al confine tra Kansas e Missouri. Erano ragazzi che, prima ancora di aver raggiunto la maturità, avevano imparato a combattere e a uccidere. "Il cast si è riunito a Kansas City un mese prima delle riprese. Ci hanno insegnato a cavalcare, a usare le pistole, a mangiare i cibi della metà dell'Ottocento e addirittura a parlare il dialetto del luogo e dell'epoca. Ma proprio la cura maniacale dei dettagli è quello che mi piace di Ang
Lee. Sono stati i preparativi più intensi che ho dovuto affrontare nella mia carriera, ma erano necessari per entrare in un'altra epoca, in una realtà così diversa dalla mia". "Prima di affrontare questo film" continua Tobey Maguire "avevo informazioni generiche sulla guerra civile, quelle imparate a scuola da bambino. Ma mi ha più colpito, documentandomi, questa guerra parallela, il vero cuore della guerra civile, sostenuta da quelli che venivano chiamati guerriglieri della boscaglia, un conflitto che ha causato la morte di 600 mila persone". Nel cast c'è anche la cantante
Jewel, unica donna in un film di soli uomini. "Nelle prime settimane era insicura e spaventata, come una bambina che non sa ancora parlare e camminare, ma in un mese e mezzo ha fatto progressi paragonabili a quelli che io ho fatto in cinque anni". Tobey Maguire ha anche annunciato il prossimo inizio, dopo una serie di rinvii, di L'uomo ragno. "Le riprese cominceranno a gennaio e sono già due mesi che mi sto preparando. Quello che interpreto è un personaggio complesso perché deve conciliare la vita privata, tenuta segreta, con la missione di aiutare la comunità. Prima di essere scelto da Sam Raimi non avevo mai letto, neanche da bambino, i fumetti dell'Uomo Ragno. Ho cominciato a fare l'attore a 13 anni dopo che mia madre mi ha dato un centinaio di dollari perché mi iscrivessi a una scuola di recitazione". Ora che è a Roma forse Tobey Maguire andrà a trovare, sul set del film di
Scorsese, Leonardo DiCaprio, suo vecchio amico. Con lui ha girato Don's plum, un film indipendente, giudicato molto volgare, in cui i due attori sono due adolescenti che parlano di sesso e di droga. "No comment" è la risposta di Maguire quando gli si chiede il destino del film di cui i due interpreti, pentiti, hanno bloccato l'uscita. |
La Repubblica - Venerdì, 20 ottobre 2000 - pagina 31
Articolo su "Le Monde": "Bush sembra un capotifoso"
WOODY ALLEN SI DICHIARA "VOTO PER GORE LO SCIALBO"
PARIGI - "Voto per lo scialbo". Dietro questo titolo ironico si nasconde la dichiarazione di voto di Woody Allen, pubblicata ieri da Le Monde in un supplemento dedicato alle elezioni americane. Lo "scialbo" è il democratico Al Gore. Un articolo pieno di humour, nel quale Allen si burla dei candidati alla Casa Bianca, pronti a inginocchiarsi di fronte agli elettori pur di strappare un voto. Questa volta, scrive il regista, "il fatto interessante è quello di avere una competizione inspiegabilmente serrata fra un candidato perfettamente inabile a governare una grande nazione
(George W. Bush) e un altro che potrebbe essere un eccellente capo di Stato, se non mancasse di carisma e se non sembrasse troppo compassato". Le bordate contro Bush sono cattive ("sembra uno di quei tipi furiosamente machisti che si vedono sulle tribune degli stadi di football, a torso nudo con un freddo glaciale, la faccia dipinta con immagini guerriere"), ma anche Gore non è risparmiato per i suoi modi impacciati. Tutto si gioca sull' immagine, dice Allen, ed è per questo che Gore ha baciato la moglie in pubblico, un bacio "coniugale" per distinguersi dal "lascivo"
Clinton. E Bush ha baciato una presentatrice nera, per cercare di sedurre l' elettorato di colore. Allen si diverte, prende in giro il vice di Gore, il religiosissimo Joe
Libermann, di religione ebraica: "Sembra che intrattenga rapporti con Dio. Sono amici". La sua scelta e le reazioni che ha provocato dimostrano però una cosa : dietro il linguaggio politicamente corretto e la difesa delle minoranze, gli americani continuano ad essere pieni di pregiudizi ed è difficile immaginare un ebreo, un nero, una donna, un gay o un ateo ai vertici dello Stato. |
La Repubblica - Domenica, 26 novembre 2000 - pagina 41
di SILVIA FUMAROLA
Allen: il mio caso sarebbe un gran film
"MIA, CHE ERRORE L'ACCUSA DI MOLESTIE"
Il regista si confessa sul "Guardian": la battaglia legale con la
Farrow, il rapporto con le attrici, il nuovo set
ROMA - Per la prima volta Woody Allen racconta la battaglia legale con Mia Farrow: in una lunga intervista pubblicata da The
Guardian, il regista di "Manhattan" parla delle accuse della moglie molestie sui minori ma quasi con distacco, come se fosse accaduto a qualcun altro. «Il fallimento della mia relazione con Mia sarebbe potuto diventare un grande film», dice con amarezza. Sposato con
SoonYi, 21 anni, la figlia che aveva adottato con la Farrow, Allen spiega di essere rimasto colpito dalla violenza delle accuse che hanno travolto la sua vita. «Sono rimasto sorpreso quando mi accusò di aver molestato i bambini, ma sentivo che era soltanto una questione di tempo, che poi sarebbe diventato tutto chiaro. Penso sia stato un errore di calcolo fatto dai legali di Mia. Non avrebbe dovuto tentare quella manovra perché era destinata a fallire. La posizione che invece ha avuto più successo, è stata: "Questa persona mi ha fatto una cosa terribile: io credevo in lui e lui se l'è svignata con mia figlia sotto il naso", che in realtà non è ciò che è accaduto davvero. Ma quella era la sola che ha potuto vendere e che è andata a suo vantaggio. Non avrebbe dovuto perdere tempo con la prima». Allen analizza le strategie della ex moglie, ma non parla dei tabloid, dell'ondata di fango che è stata gettata su di lui, del dolore che deve aver provato durante quei lunghi 14 mesi in cui i medici della YaleNew Haven child sexual abuse clinic hanno indagato sulle presunte molestie sessuali alla figlioletta
Dylan. «Le false accuse di molestie sono state uno sbaglio per lei» spiega «Sarebbe stata una situazione molto più vincente, dal punto di vista emotivo, se avesse detto: "Mio Dio, qui c'è qualcuno in cui credevo e mi ruba quell'ingrata di mia figlia sotto il naso". In quel periodo, pensavo, con un certo divertimento, che sarebbe stato l'inizio di un film molto buono in cui qualcuno entra nello studio di un avvocato e dice: "Hey, dovresti occuparti di questo caso. Sono stato accusato di essere scappato con la mia fidanzata che è anche la mia figlia adottiva eÝ". Una pila di carte ammucchiate alta così, sarebbe stato divertente. Posso immaginare la scena con l'avvocato che dice: "Ok, mi occuperò del caso, ma non sarà facile"». Tira fuori la sua proverbiale ironia quando parla delle attrici, tante e tutte bravissime, Diane
Keaton, Meryl Streep, Anjelica Huston, Goldie Hawn, Barbara Hershey, Dianne West, solo per citarne alcune, che hanno scelto di lavorare nei suoi film, rinunciando a cachet da dive. «Ma è una leggenda inventata dalla stampa. Mi prendo la mia bella percentuale di no, specialmente dagli uomini. Non sono stato capace di convincere George C.
Scott, Redford, Nicholson, Hoffman. Dicono tutti che vogliono lavorare con me, così gli spedisco la sceneggiatura. La trovano fantastica, ma quando scoprono quanto è basso il compenso, allora rifiutano». L'unico che ha accettato è stato Sean
Penn, protagonista di "Accordi e disaccordi". E' fiero di Dianne Wiest: «Tutto quello che ho fatto è stato darle due ruoli da interpretare, e con entrambi si è aggiudicata l'Oscar: ma sono frutto del suo talento naturale. Non ho mai dovuto fare niente con lei». Ha parole affettuose anche per Helen
Hunt, protagonista di "The curse of the Jaded Scorpion", la commedia, ambientata negli anni Quaranta, che sta finendo di girare a New York. «Lei è meravigliosa. Arriva sul set con tante di quelle idee sul personaggio, mi sorprende». Da regista, ama le attrici che arricchiscono il loro ruolo, purché non diventino un incubo, «perché» spiega «non ha niente da aggiungere o da insegnare. Posso solo guardare e dire se è giusto o sbagliato, ma non so pensare astrattamente». Allen si è ritagliato una parte del film; nel cast ci sono anche Dan Aykroyd e Charlize
Theron. Nel suo penultimo film che deve ancora uscire in Italia "Small time crooks", presentato alla Mostra di Venezia, ha al suo fianco due attrici comiche di talento, Tracey Ullman e Elaine May: lui, come in "Broadway Danny Rose" o "Prendi i soldi e scappa", interpreta un semplicione. «Non so recitare. Posso solo fare due cose: interpretare il ruolo di un topo di biblioteca, di un intellettuale sebbene, è ovvio, non lo sia perché lo sembro, ho questo look grazie ai miei occhiali da vista. E posso recitare un uomo dalla vita mediocre. E l'aspetto divertente della cosa è che lo sento molto vicino a me. Non lo dico per
autocommiserarmi, ma la verità è che sono felicissimo di restare a casa con una birra, guardando i
Knicks, i Mets e gli Yankees. Sarei stata un'ottima casalinga. Davvero mi piace l'idea di alzarmi la mattina, preparare la colazione, e guardare la tv». |
La Repubblica - Sabato, 2 dicembre 2000 - pagina 52
Mentre esce "Imbroglioni ma non troppo" il regista parla dei film cui si è ispirato
ALLEN: MONICELLI E FELLINI I MIEI MAESTRI
la curiosità
ROMA Mentre sta per uscire il suo nuovo film Imbroglioni ma non troppo, Woody Allen in un'intervista al settimanale Le Nouvel Observateur ha scelto di dichiarare «apertamente» a quali classici del cinema si è ispirato per il suo film, i cui eroi sono malfattori di basso rango. Allen cita La fiamma del peccato di Billy
Wilder, Ai vostri ordini signora di George Marshall con Bob Hope, A noi la libertà di René Clair e Mancia competente di Ernst
Lubitsch, ma soprattutto due film italiani. Innanzitutto I soliti ignoti di Mario Monicelli («È il film più citato in Imbroglioni ma non troppo») di cui ricorda che ai tempi della sua gioventù «era uno dei film europei più ammirati, irresistibile, a Broadway ne hanno fatto anche un musical. Era la prima volta che il cinema utilizzava questa idea di una gang inetta, e di un modo tipicamente europeo, con un tocco che gli americani non hanno mai avuto e mai avranno». Altro "faro" è stato per lui Il bidone: «Perché è di
Fellini, perché la storia è quella di tre mascalzoni che si travestono da preti per sfruttare la credulità dei loro simili». E aggiunge: «Per delle ragioni che io ignoro non è considerato tra i migliori film di
Fellini. Ma io lo adoro. Anche se è molto difficile da vedere, anche ai tempi d'oro dei film stranieri agli Stati Uniti, non aveva successo da noi». |
La Repubblica - Sabato, 16 dicembre 2000 - pagina 60
Il regista regredisce agli albori del suo cinema
WOODY, UN CRIMINALE TUTTO DA RIDERE COME AI VECCHI TEMPI
criminali da strapazzo Regia di WOODY ALLEN Con TRACEY
ULLMAN, WOODY ALLEN HUGH GRANT, ELAINE MAY
Se la domanda è quella che facevano i vecchi produttori alla Peppino Amato appena si sentivano proporre un film «ma fa ridere?» la risposta è sì: Criminali da strapazzo fa ridere, e parecchio. Ray (Allen), piccolo criminale in pensione, convince sua moglie Frenchy
(Tracey Ullman) ad aprire un negozio di biscotti, paravento per scavare un tunnel, raggiungere il caveau di una banca, prendere i soldi e scappare. Ma Ray è un delinquente pochissimo dotato: lui e la sua banda del buco sbagliano l'uscita e finiscono in tutt'altro posto, come i balordi dei «Soliti ignoti». Se il colpo grosso non ha successo i biscotti, invece, arricchiscono la coppia. Frenchy si ritrova padrona di un autentico impero dolciario. Ma la nuova ricca diventa ambiziosa e scrittura un pigmalione furbastro, Hugh
Grant, per insegnarle l'arte, la letteratura, la conversazione, la scelta dei vini giusti. Mentre la signora studia per entrare nell'alta società
newyorkese, il consorte invece non rinnega le umili origini e si contenta di mangiare polpette più grosse. Stremato da tanta finezza, Ray decide di lasciare la consorte; poi, un rovescio di fortuna di Frenchy riannoda l'amore coniugale. Criminali da strapazzo fa
ridere si diceva però rischia di deludere i fan duri e puri di Allen, che sembra regredito agli albori del proprio cinema («Prendi i soldi e scappa»). Woody appare invecchiato. Proprio lui, che nella fase più ispirata della carriera ne aveva da vendere, non riesce più a esprimere novità o idee originali. Qui tutto, dalla citazione del film di Mario Monicelli ai luoghi immancabili della sua New York, dai brani di jazz scelti per la colonna sonora alle famose dispute di coppia, è già visto e un po' scontato; incluso il personaggio di
Grant, mercante d'arte british preso paripari da «Mickey occhi blu». Strapazzato e rinsecchito, anche l'Allen attore ha l'aria stanca;
tanto più evidente accanto a una Tracey Ullmann divertentissima, energica e vitale come una forza della natura. Neppure le situazioni più efficaci vanno esenti da una certa prevedibilità. A meno che non si tratti di una crisi d'ispirazione accuratamente premeditata: Criminali da strapazzo, cosa rara per un film di Woody, è stato molto gradito in America.
(r.n.) |
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