C'è vita su Marte? Così recitava una volta una canzone di David Bowie. Sono passati diversi anni e molte sonde hanno fotografato il suolo marziano, ma l'interrogativo rimane. Richard Hoagland, ricercatore statunitense ed ex consulente NASA, sostiene da tempo che l'unico motivo per cui l'ente spaziale americano neghi recisamente ogni possibilità di vita sul Pianeta Rosso sia la consapevolezza che Marte in passato sia stato abitato da una civiltà extraterrestre più evoluta della nostra. Cavallo di battaglia di Hoagland (nel libro "The Monuments of Mars") è il "Volto", una struttura di apparenza artificiale, lunga vari chilometri, che si erge nella regione marziana di Cydonia. Non lontano dal "Volto" sorgono diverse piramidi, alcune a base pentagonale e persino costruzioni in pietra che assomigliano ad una città vista dall'alto. La NASA ha sempre smentito seccamente le teorie sull'origine artificiale del volto marziano, giungendo tre anni orsono a diffondere una foto più recente in cui il viso appariva "schiacciato" e spento, a riprova del risultato di un banale gioco di luci e ombre. Questa foto è la seconda di Cydonia, dato che l'unica altra foto disponibile risale al '76, ed è sempre stata contestata, in quanto ritoccata, da Hoagland e colleghi. In base a una mia elaborazione computerizzate a questa seconda foto della NASA, ho però appurato che quella che l'ente spaziale USA spacciava come prova definitiva della non esistenza del volto in realtà è un negativo! Non un "negativo" come si intende in fotografia, ma una immagine equalizzata in modo tale da risultare appiattita e scialba. La controprova? Nella foto ripresa dal Viking nel 1976 la luce colpisce il volto di Cydonia dall'angolo in alto/sinistra, e questo proietta una lunga e densa ombra scura verso destra in basso. Vi sono alcune creste e rilievi, come quelli che formano la bocca e il sopracciglio, che sono resi brillanti dal Sole. Nella foto fornita dalla NASA invece l'ombra del volto ricade a sinistra, mentre le creste luminose corrispondenti alla bocca e al sopracciglio diventano misteriosamente nere! Basta osservare la stessa foto NASA riportata "al naturale" per notare che, d'improvviso, tutte le zone d'ombra e di luce ricadono al punto giusto, come nella foto del '76. Ma a questo punto agli occhi ci appare l'immagine di una struttura imponente, tridimensionale e dannatamente artificiale. Cielo azzurro su Marte Per gli antichi Romani, Marte era il collerico dio della guerra. A lui si associava quindi sempre il rosso, colore dell'ira e del sangue. Fu questo motivo a spingere gli antichi a vedervi l'astro per eccellenza del nume della guerra: difatti il riverbero del Sole sulle sabbie di Marte crea una luminescenza scarlatta che lo contraddistingue anche da lontano. Marte, però, forse non è così rosso. Divampa infatti su Internet una polemica innescata da certe dichiarazioni di ex tecnici NASA. Tra questi spicca Ron Levin, che a vent'anni, stava per laurearsi in Fisica al MIT, lavorava come collaboratore al Jet Propulsion Laboratory della NASA. Era proprio al JPL nel 1977, quando giunsero le prime foto a colori di Marte dal "Lander" del Viking. Levin sostiene che quelle immagini mostravano indiscutibilmente un cielo blu brillante, e su alcune rocce si notavano chiazze verdastre. Immediatamente il team addetto alle immagini del Viking le ritoccò con dei filtri, aggiungendo la patina rosso-giallastra che conosciamo oggi. Levin sostiene che non esisteva alcuna giustificazione a carattere scientifico per spiegare i "ritocchi" e che il colore venne cambiato per evitare che si notassero le macchie verdi sulle rocce, che indicavano al di là di ogni dubbio la presenza di vita su Marte. Ron Levin indicò poi al ricercatore Bill Hamilton - da tempo interessato alla vicenda - che il Telescopio Spaziale Hubble aveva scattato delle foto di Marte in cui appariva chiaramente un cielo azzurro. Le foto (visibili al sito dell'Hubble http://oposite.stsci.edu/pubinfo/subject.html) sono chiarissime: una sottile striscia azzurra circonda la superficie di Marte, la somiglianza con l'atmosfera terrestre è sconcertante. Sull'eco di queste notizie, un ricercatore tedesco, Holger Isenberg, si è sobbarcato il compito di elaborare le foto della NASA per rimuovere il filtro grafico applicato e farle così tornare al colore naturale. L'egregio lavoro di Holger ha avuto buon esito e, a parte le foto riprodotte in queste pagine, i suoi risultati sono visibili presso il suo sito (http://marsnews.de). Sulla NASA, dunque, si addensa un altro sospetto di occultamento delle prove sulla possibile presenza di vita su Marte. Occultamento, risalente già al 1977! Sembra dunque che dietro tutti i recenti fallimenti delle missioni NASA verso il Pianeta Rosso (v. Mars Polar Lander) o alle laconiche dichiarazioni in merito alla scoperta di piccole quantità di acqua, allo stato liquido, sulla superficie di Marte si celi ben altro. 2001:Odissea Nel Mistero Il volto di Cydonia rappresenterebbe il simbolo, quasi la "firma", di antichi visitatori? Più si approfondisce la materia, maggiori sono le prove che emergono a sostegno dell'artificialità del volto di Marte. Ad esempio, ancora Holger Isenberg, notando la somiglianza tra il modulo "Lunar Lander" che appare in 2001 Odissea nello Spazio e il volto di Cydonia, ha ripercorso tutto il capolavoro di Kubrick frame-by-frame. Ecco che, nella scena in cui il dottor Floyd viene portato sulla Luna, qualcuno gli passa una carta topografica lunare in cui appare il cratere Tycho, dove gli astronauti di Kubrick avrebbero rinvenuto il famoso Monolite. Nella stessa carta è segnato il punto 45° sud e 10° est, e tre punti attorno al cratere appaiono segnalati e sottolineati. Uno è la zona specifica del ritrovamento, mentre degli altri nel film non si parla. La mappa lunare è ruotata sottosopra, con il nord in basso, questo perché all'epoca non esistevano mappe geologiche della Luna, e le mappe astronomiche sono sempre rivolte col sud in alto. Isenberg, procuratasi una mappa di Tycho, l'ha ruotata sottosopra, col nord in alto. In seguito ha sostituito il 45° sud con il 45° nord. Questo perché, sempre nel film, pochi secondi prima viene mostrata una mappa più grande e dettagliata della zona in questione, in cui appariva la sigla 34° nord, e non 45° sud. Errore! Si trattava infatti di una mappa dell'emisfero sud della Luna, in cui era ben visibile il cratere Tycho. Secondo Isenberg l'incongruenza è spiegabile solo se si pensa che la sceneggiatura volesse fornire un indizio agli spettatori: le latitudini e le longitudini in questione andavano applicate all'emisfero nord di un altro pianeta del sistema solare, pianeta che veniva evocato dal "Lander" illuminato dalle luci rosse nel film: Marte! Isenberg ha allora sovrapposto i punti segnalati nella mappa di Tycho su Marte, alle coordinate nord del Pianeta Rosso indicate dal film.Quello che ha scoperto è sensazionale. Uno dei tre punti viene denominato 21 F, e cade a soli 0.5° ad est dal volto di Cydonia, sull'esatta latitudine 41° nord! Isenberg si chiede: "Come potevano Kubrick e Clarke conoscere queste coordinate nel 1968?" Altra curiosità: nel 1998 l'ingegnere inglese Eric W. Crew scoprì che nella zona di Cydonia alcune strutture - apparentemente crateri - sembravano rappresentare il Sole e i pianeti interni del sistema solare, e l'oggetto che rappresenta la Terra si trova proprio nel punto 21 F. Ebbene, Crew non era a conoscenza delle scoperte di Isenberg su "2001 Odissea nello spazio". Inoltre, in una scena del film, i protagonisti, discorrendo dello status dell'Astronave, dicono che "c'è un errore nell'unità logica AE-35… che andrà in crisi totale entro 72 ore". Incredibilmente, il numero identificativo assegnato dalla NASA alla foto che il Viking scattò al volto di Cydonia è proprio il 35A72! Non contento, Isenberg ha sovrapposto una mappa della piana di Giza a quella di Cydonia: i tre punti segnalati dal film corrispondevano alla esatta posizione e angolazione delle tre Grandi Piramidi, e di conseguenza anche a Mintaka, Alnilam e Alnitak, le tre stelle della cintura di Orione, costellazione in cui gli antichi egizi rivedevano il dio Osiride. Gli antichi Una domanda sorge spontanea: Dove saranno finiti allora i costruttori delle strutture marziane? E sopratutto, di chi si trattava? Recentemente Richard Hoagland e alcuni suoi collaboratori hanno sottolineato la somiglianza tra il volto di Marte e un volto leonino, volendo sottolineare un probabile collegamento tra la sfinge di Giza - che in origine sembra rappresentasse proprio un leone - e la costruzione marziana. In effetti recenti datazioni della piramide sembrerebbero collocare la sua costruzione attorno a 12.000 anni fa, periodo nel quale la costellazione in determinati periodi dell'anno sorgeva proprio di fronte alla sfinge. Altri elementi vanno presi in considerazione: le strutture piramidali visibili nella regione di Cydonia fanno pensare in effetti ad un'altra similitudine con la cultura egizia, mentre - forse solo per uno scherzo del destino - le valli desertiche del pianeta rosso non differiscono di molto dal suolo sabbioso d'Egitto. E il volto leonino? Altri studi di Hoagland e soci sembrerebbero individuare nel volto di Cydonia addirittura un complesso incrocio tra un volto umano e quello leonino, come ad indicare esseri metà felini e metà umanoidi. Follie? Certo è che Osiride, una delle massime divinità egiziane, in alcuni testi sacri viene definito "Il Leone", senza citare Sekmeth, Bastet o la stessa Hator, che in forma di leonessa - dietro ordine di Ra - avrebbe quasi distrutto il genere umano per punire la sua "ribellione" contro gli dèi. Degli esseri leonini parlano molti ricercatori, come la statunitense Murry Hope che all'argomento ha dedicato addirittura un libro, "The Lion People". E ora, dove sono finiti? Forse questa razza si è estinta in seguito a un cataclisma, oppure ha compiuto un esodo verso stelle lontane. O, come suggeriscono recenti ipnosi regressive compiute su alcuni addotti, gli esseri leonini sono ancora tra di noi, vivi e vegeti. Sapremo mai la verità su questa razza misteriosa? Chissà. Intanto, millenni dopo, il volto di Marte continua a scrutarci enigmaticamente dal cielo stellato. (articolo in parte pubblicato su Stargate n°5) |