Il 9 Luglio 1999, un velivolo NASA in fase di sviluppo superava tre test di volo libero a Dryden, USA. Si tratta del prototipo X-38, progettato dall'ente spaziale americano quale ideale supporto per la futura "Stazione Spaziale Internazionale". I primi test di questa sorta di ibrido tra uno Shuttle e la piccola capsula di rientro delle missioni Apollo vennero condotti nel 1997 presso il centro ricerche volo di Dryden, in California: l'X-38 fu agganciato sotto l'ala di un bombardiere B-52 e poi sganciato, per testare l'assetto e la tenuta del paracadute. I collaudi attuali fanno seguito ad ulteriori migliorie tecniche, e sono stati eseguiti senza piloti all'interno della navetta, teleguidata a distanza. Nel 1999 tre test di lancio riuscirono nel loro intento: sganciare l'X-38 da un'altitudine di 31.500 piedi e controllarne la tenuta in volo libero per un periodo ben più lungo dei test precedenti, 31 secondi. Il team NASA ha anche condotto verifiche sull'aerodinamica e di controllo delle migliorie al sistema espulsore del paracadute. Quale è lo scopo principale per cui questo apparecchio è stato creato? Durante il primo anno di vita della Stazione Spaziale Internazionale, una capsula russa Soyuz sarà sempre presente nell'eventualità che l'equipaggio della stazione debba compiere una evacuazione rapida. Nei propositi Nasa, stando al direttore del progetto X-38, John Muratore, c'è lo sviluppo di una navetta di emergenza più versatile e completa. Fra gli obiettivi del Crew Return Vehicle: "I tre test sull'X-38 nel Luglio 1999 ci hanno confermato che siamo in grado di costruire un veicolo di rientro a basso costo per l'equipaggio della Stazione Spaziale. Il nostro secondo proposito, più generico, era realizzare un veicolo spaziale con equipaggio umano infinitamente più economico dei precedenti (come gli Shuttle, n.d.a.). Il progetto originale del Crew Return Vehicle, risalente alla fine degli anni '80, aveva un preventivo di circa due miliardi di dollari. Attualmente, con l'X-38, stiamo costruendo e testando in volo un prototipo con un decimo dello stanziamento". Il velivolo è estremamente economico rispetto agli standard NASA, per più fattori: primo, sfrutta un design aerodinamico già applicato e testato per velivoli sperimentali negli anni '70. Secondo, le componenti dell'X-38 possono essere acquisite da varie industrie del paese, piuttosto che essere create ex novo: una nuova strategia commerciale, per l'ente spaziale USA. L'X-38, rispetto agli Shuttle, è più piccolo ed economico come costruzione e manutenzione, le sue misure gli consentono un rientro atmosferico rallentato da un paracadute, piuttosto che il lunghissimo "volo planare" degli Shuttle. John Muratore è convinto dell'efficacia e della grande versatilità della sua creatura. "Una volta agganciato alla Stazione Spaziale - dichiara il progettista - non serve solamente quale veicolo di evacuazione d'emergenza. Immaginiamo di doverci allontanare dalla Stazione per andare a prelevare un carico proveniente dalla Terra. Se si trattasse di un carico messo in orbita senza equipaggio umano, il personale della Stazione Spaziale potrebbe salire sull'X-38, raggiungere il carico e portarlo nella Stazione stessa. Una volta che le funzioni essenziali di 'scialuppa di salvataggio' dell'X-38 saranno completate e sviluppate appieno, potremmo apportare lievi modifiche al progetto così che possa volare per conto suo e svolgere funzioni di varia utilità. Diverrebbe una sorta di 'autocarro con argano' per la Stazione Spaziale". È indubbio che nel prossimo futuro l'X-38 potrebbe rappresentare una svolta per i viaggi spaziali a breve distanza. Ma alcuni dettagli danno da pensare: i tecnici NASA fanno riferimento alla similitudine tra l'X-38 ed alcuni progetti risalenti agli anni '70. Di che progetti si trattava? Erano classificati Top-Secret? Forse, o magari solo alcuni. Uno doveva essere l'astronave spola "Hermes", il cui design è assai simile a quello dell'X-38. Dell'"Hermes", promosso dall'ESA, poi non si fece più nulla, almeno ufficialmente. Altra astronave sperimentale la cui forma sembra richiamare la sagoma dell'X-38 è la X-33 Venture Star. Ma un altro accostamento balza agli occhi. L'otto Luglio 1947 il quotidiano Roswell Daily Record pubblicò la notizia del ritrovamento di un disco volante, recuperato dall'aeronautica nei pressi della base militare di Roswell, New Mexico. Prontamente, il giorno dopo, giunse la smentita del Pentagono: era un pallone sonda scambiato per disco volante. Uno dei più importanti testimoni, il maggiore Jesse Marcel, nel '47 responsabile dell'Intelligence della base di Roswell, negli ultimi anni di vita tornò a ribadire che i rottami da lui visti e raccolti non potevano appartenere ad alcun velivolo allora noto né ad un pallone sonda. Dalle testimonianze più accreditate dai ricercatori, inoltre, le caratteristiche dell'oggetto precipitato corrispondevano a quelle di un velivolo a delta, affusolato e argenteo, fatto di un metallo estremamente leggero, ma resistentissimo e dotato di un paio di corti alettoni alle estremità del corpo alare principale. Se davvero l'Aeronautica americana entrò in possesso di un velivolo alieno nel 1947, è logico dedurre che gli USA abbiano cercato di riprodurne la tecnologia. Il Colonnello del Pentagono Philip J. Corso, scomparso due anni fa, nel suo libro Il Giorno dopo Roswell confermò quanto da tempo i maggiori ricercatori di ufologia andavano affermando. Corso tra il 1960 e il '62 lavorò nell'ufficio Research & Development del Pentagono, dove gestì il "Roswell File", contenente documenti, rapporti autoptici sui corpi delle cosiddette EBE (Entità Biologiche Extraterrestri) e materiali dai quali ricavare nuova tecnologia sulla base di procedimenti di retroingegneria. Tecnici e scienziati delle diverse armi, Aviazione, Marina, Esercito, secondo Corso, furono per anni impegnati nel tentativo di replicare o duplicare detta tecnologia senza peraltro giungere a grandi risultati se non, con buona probabilità, lo sviluppo di nuova avionica, anche in concorso con le più avanzate strutture di ricerca aerospaziale - poi divenute NASA - che facevano capo ad ingegneri missilistici tedeschi, in primis von Braun. La progettazione di prototipi di navi spaziali ricadeva tra le mansioni dell'Aeronautica Militare, sicché da quel primo modello di astronave aliena recuperata, a rigor di logica si sarebbe lavorato, immediatamente, alla realizzazione mediante retroingegneria di velivoli simili all'originale, almeno nella forma aerodinamica, se non nel propulsore (la quale cosa a detta di Corso non si è mai stati capaci di ottenere, in quanto la macchina interagiva direttamente con il pilota, sotto forma di un'osmosi elettro-biologica). Così, è possibile (e anche probabile) che alcuni dei progetti NASA degli anni '70 si ispirassero - all'insaputa di gran parte degli stessi staff tecnici che se ne occuparono - al progetto dell'astronave aliena di Roswell. Allora il futuristico X-38 Crew Return Vehicle e altri aeromobili sperimentali - segreti o meno - alcuni della classe "Stealth", derivano dalla retroingegneria del velivolo di Roswell? O forse è davvero tutta farina del sacco NASA? Le foto che accompagnano questo articolo aggiungono nuovi dubbi a tali interrogativi. A voi il giudizio. (articolo pubblicato su Stargate n°1) |