A compimento di quest’opera veramente grandiosa si osservano quattro serbatoi d’acqua piovana, di cui due interni (cioè uno nella prima sala a destra, sulla parete fianca all’altezza di circa m. 2
e l’altro sul tetto della seconda stanza) e gli altri due, incavati sempre nella viva pietra, (uno lungo m.1,80, largo m. 0,80 per 7 di altezza e l’altro più piccolo ma non meno profondo) all’esterno. Il primo di essi trovasi all’angolo di un terrazzino esistente nella parte alta e a cui si accede col solito sistema delle anguste, brevi e ripide.
Nella prima e nella seconda stanza a destra del piano superiore esistono, ad angolo due bellissimi camini, incavati nel muro di prospetto e con fori d’uscita in alto
Vi sono inoltre sul frontespizio quattro altre piccole grotte e cioè una in basso, prospiciente sul piano inclinato che dal suolo conduce alla prima scala e quello doveva essere un posto di guardia e le altre tre, di cui una è invisibile, in alto, per le sentinelle o vedette. Così era resa un’abitazione inespugnabile.
Ad appena cinquanta metri di distanza dalle grotte incavata pure nella viva pietra, esiste una cisterna, detta Cuba, e dove sgorga un'abbondante sorgente da acqua potabile fresca, leggera e bellissima. Vi si accedere per un sentiero tortuoso ma piano e comodo.
Nella descrizione, il cronista non ha citato il corridoio che collega le due stanze del pian terreno, ovvero la stanza con le mangiatoie e quella grandiosa a forma di cono oggi definita a campana. Desumo che debba trattarsi solo di mera distrazione, visto che per il resto la relazione è molto particolareggiata.
Voglio adesso completare la descrizione della “grotta a forma di cono” che il Cardinale ha appena accennato facendo riferimento ad una suddivisione in sezioni adibite a stalla, granaio e/o abitazione.
Le persone che hanno avuto l’occasione di visitare le grotte negli anni ’30 riferiscono che essa era suddivisa all’altezza del diametro da una struttura in muratura che si ergeva perpendicolare al pavimento e su cui venivano appoggiate le travi che sostenevano i pavimenti di tre elevazioni.
Alla prima elevazione, si accedeva
attraverso una prima rampa scavata nel perimetro della grotta e poi con una scala in legno, sopra l’ingresso troviamo una finestra e ancora al lato ecco un altro camino a cui Cardinale non fa, o non poteva far cenno.
Le altre elevazioni in tavolato erano collegate tra loro da scale in legno e venivano connesse al piano superiore attraverso il corridoio che si affaccia nella grotta a circa otto metri di altezza.
Oggi la struttura muraria e i tavolati, sono stati totalmente rimossi e a testimonianza di ciò rimangono sui muri i buchi dove venivano addossate le travi, il camino e la finestra.
Un’altra precisazione: Ciro Leone Cardinale riferisce che “Non si vedono tracce d’iscrizioni, né all’esterno né all’interno". In realtà già ai tempi risalenti alla monografia erano presenti molte iscrizioni lasciate dai soldati impegnati in campagne antibrigantaggio che avrebbero utilizzato le grotte come caserma. Oggi con l’avvento della istruzione obbligatoria tutti hanno imparato i segni della scrittura e molti visitatori dei giorni nostri senza rispetto per il luogo e senza sale nella zucca, ritengono opportuno lasciare un segno della loro inciviltà sui muri delle nostre grotte.
Esse servivano di certo per uso di abitazione, e propriamente la stanza a sinistra per qualche corpo di guardia; la prima sala a destra, che è la più grande e la più imponente, pei ricevimenti e conversazione; la seconda per dormire, tanto più che vi si trovano ancora agli angoli dei buchi, i quali son fatti con l’evidente scopo di sospendervi qualche culla, e l’ultima per cucina.
Gli spessori dei muri divisori sono da m. 2,19 a m. 1,40 e quello del muro di prospetto m. 1,80 circa.
Non si vedono tracce d’iscrizioni, né all’esterno né all’interno. I vecchi narrano, per averlo inteso dai loro nonni ed avi, che un tempo vedevano sul frontespizio dei geroglifici indecifrabili; ma allora bisogna credere che li abbia logorati il tempo, perché non ne rimane più alcun vestigio. Solo sul frontespizio, corrosi certo dalle piogge, tra l’apertura che mette nella scuderia e quella del tempio, si osservano un po' in alto, parecchi segni illeggibili ed in basso la seguente dicitura: 1767 usque 1775
e poi in un’altro punto punto il numero 1740, nelle quali epoche si crede siano stati eretti la vicina chiesetta e il caseggiato oggi diruti . E tale supposizione viene confermata dal fatto che un piccolo fonte in marmo