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Le grotte della Gulfa
Le grotte della Gulfa "ieri ed oggi"
di Enzo Granata
Ogni volta che si parla del mio paese, mi piace sottolineare ai visitatori ed amici l’esistenza di questi antichi manufatti. Purtroppo non esistono fonti storiche certe sulle origini, poiché sono state ormai perse o cancellate dalla memoria degli uomini che vi hanno vissuto. Tuttavia, mi appassiona tantissimo la lettura della loro descrizione scritta nei primi anni del 1900 da Ciro Leone Cardinale. Di seguito vi riporto oltre al testo originale, le immagini dei luoghi un secolo dopo…
Distante cinque chilometri circa dal paese verso SE a cavaliere di ameno poggio dominante un’immensa distesa di verdi campagne, in cui le valli e le montagne pare fuggano e si rincorrono vertiginosamente, ergersi maestoso e severo un gran casamento, conosciuto sotto il nome di “Grotte della Gulfa” esse stanno incavate in un’enorme rupe che scende leggermente inclinata al suolo e sono in numero di sei, così disposte:
a pianterreno
Una grande e quadrata, con volta alla saracena e ai cui fianchi esistono tuttavia segni di mangiatoie; il che fa supporre trattasi di una casa destinata ad uso di scuderia, anche perché nelle pareti, dove si vedono addossate le mangiatoie, si trovan dei buchi pei piuoli di legno a cui, per mezzo di cavezze, si usa tener ferme le bestie. Vi si accede da una porta che da sullo spiazzale. Misura m. 11 di lunghezza per m. 12,20 di larghezza.
Un’altra a forma di cono, alta m. 15,83 e con un’apertura perfettamente circolare in cima. Il diametro di questo foro è lungo m. 0,72; mentre quello della base è di m. 16,40. Questa splendida moschea, in cui non si sa se ammirare più l’arte impeccabile dello sviluppo delle curve o l’immane lavoro costato, oggi purtroppo rovinata dall’uomo, che, dividendola in diverse sezioni, ha creduto di destinarla ad uso di stalla, di pagliera e di granaio, per la sua forma speciale e per l’epoca antichissima a cui si fa rimontare il casamento, pare un tempio, che la fantasia di alcuno immaginò dedicato al dio Sole.
Al Piano superiore
Si accede poi agli appartamenti del piano superiore dalla parte esterna, percorrendo un breve piano inclinato che si parte dal suolo e al cui estremo incomincia a svolgersi una scala angusta di 12 gradini, che dà in un piccolo altipiano, donde, con un’altra scala di 7 gradini , si va all’appartamento. Queste scale ripide e a gradini piccoli, disordinati e spezzati, si trovano incavate nel masso e scompaiono tra le erbe che tutto investono e carezzano.
In cima alla seconda di esse trovasi la porta d’entrata alta m. 1,87 e larga m. 0,78, che introduce in un piccolo
e simmetrico andito, che fa comunicare a sinistra con una stanza lunga m. 6,10, larga m. 4 e alta m. 3,42 e a destra in altre tre stanze situate in fila e disposte con una regolarità molto meravigliosa.
Prima stanza
La prima di esse, misura m. 10,74 in lunghezza e m. 6,25 in larghezza per 5,80 d’altezza; la seconda metri 7,27
in lunghezza e m. 5,15 in larghezza per 3,46 di altezza e la terza m. 5,90 in lunghezza e m. 5,22 in larghezza per 2,97 di altezza.
Da quest’ultima per un oscuro corridoio lungo m. 5,85, alto m. 1,84 e largo m. 1,13 si affaccia nel tempio.
Le suddescritte stanze, comunicanti per mezzo di vani all’altezza poco più di un uomo, son tutte di forma quasi rettangolare, a pareti rette e a volta piana, e ricevono luce da altrettante finestre pure rettangolari, praticate
sul muro del prospetto, le quali, per la diversa forma e grandezza, fanno uno spicco bizzarro in mezzo al verde dell’edera, che, come lo sciolto crine di una fanciulla, scende sulle spalle del masso e al disordine che vi gettano
le pale di fichi d’india e alcuni cespi di erba bianca, uscenti dagl’interstizi del macigno quasi a vestirne la procace nudità.
Esse servivano di certo per uso di abitazione, e propriamente la stanza a sinistra per qualche corpo di guardia;
la prima sala a destra, che è la più grande e la più imponente, pei ricevimenti e conversazione; la seconda per dormire, tanto più che vi si trovano ancora agli angoli dei buchi, i quali son fatti con l’evidente scopo di sospendervi qualche culla, e l’ultima per cucina.
Gli spessori dei muri divisori sono da m. 2,19 a m. 1,40 e quello del muro di prospetto m. 1,80 circa.
Iscrizioni
Non si vedono tracce d’iscrizioni, né all’esterno né all’interno. I vecchi narrano, per averlo inteso dai loro nonni
ed avi, che un tempo vedevano sul frontespizio dei geroglifici indecifrabili; ma allora bisogna credere che li abbia logorati il tempo, perché non ne rimane più alcun vestigio. Solo sul frontespizio, corrosi certo dalle piogge, tra l’apertura che mette nella scuderia e quella del tempio, si osservano un po' in alto, parecchi segni illeggibili ed in basso la seguente dicitura: 1767 usque 1775 e poi in un’altro punto punto il numero 1740, nelle quali epoche si crede siano stati eretti la vicina chiesetta e il caseggiato oggi diruti . E tale supposizione viene confermata dal fatto che un piccolo fonte in marmo per l’acqua benedetta, rinvenuto tra le macerie della chiesa porta la data
del 1741.
Serbatoio
A compimento di quest’opera veramente grandiosa si osservano quattro serbatoi d’acqua piovana, di cui due interni (cioè uno nella prima sala a destra, sulla parete fianca all’altezza di circa m. 2 e l’altro sul tetto della seconda stanza) e gli altri due, incavati sempre nella viva pietra, (uno lungo m.1,80, largo m. 0,80 per 7 di altezza e l’altro più piccolo ma non meno profondo) all’esterno. Il primo di essi trovasi all’angolo di un terrazzino esistente nella parte alta e a cui si accede col solito sistema delle anguste, brevi e ripide.
Camino
Nella prima e nella seconda stanza a destra del piano superiore esistono, ad angolo due bellissimi camini, incavati nel muro di prospetto e con fori d’uscita in alto
Fori nel prospetto
Vi sono inoltre sul frontespizio quattro altre piccole grotte e cioè una in basso, prospiciente sul piano inclinato che dal suolo conduce alla prima scala e quello doveva essere un posto di guardia e le altre tre, di cui una è invisibile, in alto, per le sentinelle o vedette. Così era resa un’abitazione inespugnabile.
Ad appena cinquanta metri di distanza dalle grotte incavata pure nella viva pietra, esiste una cisterna, detta Cuba, e dove sgorga un'abbondante sorgente da acqua potabile fresca, leggera e bellissima. Vi si accedere per un sentiero tortuoso ma piano e comodo.
Nella descrizione, il cronista non ha citato il corridoio che collega le due stanze del pian terreno, ovvero la stanza con le mangiatoie e quella grandiosa a forma di cono oggi definita a campana. Desumo che debba trattarsi solo di mera distrazione, visto che per il resto la relazione è molto particolareggiata.
Voglio adesso completare la descrizione della “grotta a forma di cono” che il Cardinale ha appena accennato facendo riferimento ad una suddivisione in sezioni adibite a stalla, granaio e/o abitazione.
Le persone che hanno avuto l’occasione di visitare le grotte negli anni ’30 riferiscono che essa era suddivisa all’altezza del diametro da una struttura in muratura che si ergeva perpendicolare al pavimento e su cui venivano appoggiate le travi che sostenevano i pavimenti di tre elevazioni.
Alla prima elevazione, si accedeva attraverso una prima rampa scavata nel perimetro della grotta e poi con una scala in legno, sopra l’ingresso troviamo una finestra e ancora al lato ecco un altro camino a cui Cardinale non fa, o non poteva far cenno.
Le altre elevazioni in tavolato erano collegate tra loro da scale in legno e venivano connesse al piano superiore attraverso il corridoio che si affaccia nella grotta a circa otto metri di altezza.
Oggi la struttura muraria e i tavolati, sono stati totalmente rimossi e a testimonianza di ciò rimangono sui muri i buchi dove venivano addossate le travi ,il camino e la finestra.
Un’altra precisazione: Ciro Leone Cardinale riferisce che “Non si vedono tracce d’iscrizioni, né all’esterno né all’interno". In realtà già ai tempi risalenti alla monografia erano presenti molte iscrizioni lasciate dai soldati impegnati in campagne antibrigantaggio che avrebbero utilizzato le grotte come caserma. Oggi con l’avvento della istruzione obbligatoria tutti hanno imparato i segni della scrittura e molti visitatori dei giorni nostri senza rispetto per il luogo e senza sale nella zucca, ritengono opportuno lasciare un segno della loro inciviltà sui muri delle nostre grotte.
Una iscrizione degna di menzione, è comunque quella del ex custode delle grotte che avendo partecipato alle riprese di una scena in un film del regista Giuseppe Tornatore, ha pensato bene di lasciare ai posteri un “grafito” nei pressi dell’ingresso della grotta a campana che ricordasse l’evento. Preso dallo slancio della scrittura, il famoso regista premio Oscar è diventato “Tornitore”.