Giuliano Rossi
(?-1657)

Fu un piacevole intrattenitore di allegre compagnie, un animatore delle villeggiature estive del patriziato genovese e da questa sua attività traeva di che vivere. In seguito ad una vita condotta al di sopra delle proprie possibilità e con una numerosa famiglia da mantenere, si ridusse sempre più ad una condizione di cliente e adulatore dei nobili e conobbe anche il carcere per debiti. Della sua sterminata produzione, generalmente a carattere umoristico, si ricordano il Viaggio a Venexa con Dame e le Rime morali, caotico poema il cui tema fondamentale è la miseria dell'uomo, incapace di apprezzare i doni di Dio e perciò costantemente rivolto al male. Giuliano Rossi morì nella terribile pestilenza del 1657, che fece a tempo a descrivere nella sua famosa poesia Invention dra Peste.

Dalle RIME MORALI

 Carzere? Invention dra crudeltè
che ciù giro non ha de dexe passi,
barcon de poca luxe, e doe ferrè,
porton serròu de grossi cadenassi,
machina feta per desgratiè
e morimento pe ri poverassi
onde con mille stratii, e spesso a torto,
l'omo gh'è sotterròu prima che morto.

Tempesta onde se resta infin sommerso
no se puoe fuze de no ghe negà
se zietto no se fa per ogni verso
de quando roba s'ha e dro dinà.
No sei si presto drento ch'avei perso
parenti, amixi e ra vostra masnà,
zovene e figge con ro tempo ancora
van ramenghe per Ziena a ra mall'ora.

No puoei scuoeve un dinà da debituoi
ognun se scusa e dixe ch'o non ha
se cren che muoè no ne deggie ciù inscì
e quest'è ro recatto ch'ha ra cà.
All'incontro virei ri credituoi
satà in campagna subito, se sa,
con sequestri, con estimi, e lizenze
strapassave con mille impertinenze.

Se da casa ve ven quattro boccoin
o gh'è quest'angaria, esto fragiello:
beseugna dane a quelli dre prexoin
chi serve, e chi ha ra cura dro rastiello;
chi manda a fà un servixo a ri garsoin
ne vuoeran quaxi tanto come quello
ch'accatta, se no puoei crià ben forte
che n'hei servixo de nisciunna sciorte.

No puoeiva l'innimigo dra Natura
per fà comm'a l'inferno ro sò verso
trovà contro l'humanna creatura
martirio, nì fragiello ciù perverso,
e se ro stà prexon gran tempo dura
l'ommo o l'é derelitto, e in tutto perso
perchè tutto va in frazzo, e ghe deslengua
nì ghe resta de cado sotto lengua.

Se un marotto l'è in lietto con ra freve,
o se ferio, sempre ha dell'aggiutto,
ro sò mà de gran lunga n'è sì greve
e, in tà caxo, o no ghe duoe per tutto,
o l'ha quarche (...) e spera in breve
uscì de lietto, e puoescia andà per tutto
o l'ha ri suoei continuamenti attorno
che ghe servan, l'assistan nuoette e giorno.

Ma chi è prexon pù troppo ben ghe duoe
tutti ri sentimenti a un a un
cianze ra mente, l'annima, e ro cuoe
senza avei un conforto da nisciun,
no puoe ese servio da ri suoe,
no quieta muoè, se leverà zazun
de suoenno ra mattin, e in veise lì
serròu subito o dixe: meschin mi.


 
Ri dottoi, ri scriven, ri procuroei
de fave e de mirave ro prosesso
vuoeran dre doppie, e se no re darei
ghe vegnirà ra pura ata un semesso.
Per parlà con ra Rota no ve crei
che baste solamente daghe un piesso;
ro Dottò vuoe ra doppia, e o Procuròu
d'un piesso ghe pà d'ese strapassòu.

Se ra moggè garsonna va à trovà
ro Dottò, ro Scrivan, ro Procuròu
per pregà, per instà, per suppricà
che sò mario sè descarzeròu,
conven ch'a se lasce erze ro scosà,
ch'a fasse cose ch'a n'ha muoè pensòu,
per levà ro mario de prexon
ch'a ghe daghe da fà quell'azion.

Ra spussa e ro fettò ch'è intre prexoin
pestifero da no se puoei soffrì,
ro forò chi fa sento mascarsoin,
tutta ra nuoette che non puoei dormì:
gh'è in somma tante maleditioin,
comm'a l'inferno, è miegio assè finì
ri suoe giorni con dà l'anima a Dio
che stà per longo tempo a sto partìo.

Ma chi puoe spende e spande in scialacquà
per liè no gh'è restreito nì prexoin,
l'è ra prexon come ra taragnà,
chi piggia solo mosche e no moscoin.
Ra prexon s'assemeggia a ra viscà
chi non è feta per piggià farcoin,
ma picceni oxelletti desgratiè,
che viegnan lì per ese puoe mangè.

 Ro ricco pe ro ciù n'è muoè piggiòu,
si ben ro sò delitto sarà grave,
s'appresente assè presto, è examinòu
e non è misso manco sotto ciave;
canta, burla, trastulla accompagnòu
tutto ro giorno, e fa vegnì ra nave,
per dì così, de robe de mangià,
no se fa puoescia atro che zugà.


 


Carcere? Invenzione della crudeltà: / che non ha più spazio di dieci passi / finestra di poca luce, e due inferriate / portone chiuso da grossi catenacci ; /  macchina fatta per disgraziati / e tomba per poveracci / dove con mille strazi e spesso a torto / l'uomo viene sotterrato prima di morire. / Tempesta dove si rimane infine sommersi / e non si può evitare di annegare  / se getto non si fa per ogni verso / di quanta roba si possiede e del denaro. / Non siete ancora dentro che avete perso / parenti e amici, e la vostra famiglia, / ragazze e bambine che hanno ancora tempo davanti a sè / vanno raminghe per Genova in malora. / Non potete riscuotere un soldo dai debitori: /ognuno si scusa, dice di non averne /crede che non dobbiate mai più uscire, / ecco quanto guadagnate dalla prigione. / Al contrario, vedrete i creditori / scendere in campo subito / con sequestri, stime e licenze / e strapazzarvi con mille impertinenze. // Se da casa vi arrivano quattro bocconi / c'è questa angheria, questo flagello: / bisogna darne a quelli delle prigioni / ai secondini e a quelli del parlatorio / Chi manda il ragazzo per una commissione / è costretto a dargli quasi tutto ciò che compra, / altrimenti potete gridare quanto volete / che non avrete servigio di alcuna sorta. // Non poteva il nemico della natura / per fare l'imitazione dell'inferno / trovare contro l'umana creatura / martirio e flagello più perverso. / E se la prigionia dura a lungo / l'uomo è derelitto e rovinato del tutto / perché tutto si consuma / e sparisce, né gli resta nemmeno il caldo sotto la lingua. /  Se un malato è in letto con la febbre / o se ferito ha sempre dell'aiuto, / il suo male è di gran lunga meno grave / ed in tal caso non ha dolori in ogni parte. / Ha qualche speranza e pensa in breve / di alzarsi dal letto, e poi andare dove vuole; / ha i parenti sempre attorno / che lo servono e lo assistono notte e giorno. / Ma al prigioniero purtroppo dolgono / tutti i sensi, / piangono la mente, l'anima e il cuore, / senza avere un conforto da alcuno. / Non può essere aiutato dai suoi / non è mai tranquillo, si alzerà insonne / ogni mattina, e nel vedersi lì / chiuso, subito dice: "Povero me". // Avvocati, scrivani e procuratori / per allestire e seguire il vostro processo / vogliono doppie, e se non le darete, / la pratica sarà coperta da un palmo di polvere. / Per parlare con la Rota criminale non crediate / che basti solamente dargli una moneta. / L'avvocato vuole una doppia, e il Procuratore / con una moneta si ritiene offeso. / Se la moglie giovane va a trovare / l'avvocato, lo scrivano, il procuratore / per pregarli, sollecitare, supplicare / che suo marito sia scarcerato / deve lasciarsi alzare il grembiule / e che faccia cose mai pensate / per togliere il  marito dalla prigione / deve lasciarsi fare quella cosa. /  La puzza e il fetore delle prigioni / sono così pestiferi da essere insopportabili, / il rumore che fanno cento mascalzoni / di notte non vi lascia dormire: /  ci sono insomma tante maledizioni / come all'inferno, ed è assai meglio finire / i propri giorni affidando l'anima a Dio / che stare a lungo in quello stato. / Ma per chi può spendere, spandere e scialacquare / per lui non c'è ristrettezza, nè prigione . / La prigione è come la ragnatela / che prende solo mosche e non mosconi. / La prigione somiglia all'impaniata, che non è fatta per catturare falconi, / ma piccoli uccelletti disgraziati, / che arrivano lì per essere mangiati. / Il ricco per lo più non è mai arrestato, / per quanto il suo delitto sia grave; / si presenta molto presto, viene esaminato / e non viene neppure messo sotto chiave. / Canta, scherza, si trastulla in compagnia / per tutto il giorno, e per così dire fa arrivare una nave di roba da mangiare, / e non fa poi altro che giocare.

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