Alghero, come del resto molto altri centri grandi e piccoli, non ha una data di nascita certa e ciò, se in qualche modo colloca la località sarda nel gran novero delle città dalla lunga storia, ne determina al tempo stesso un particolare fascino per l'alone di mistero che circonda i primordi della sua esistenza.
Giuseppe Manno descrive così la nascita della sua città: "Intorno ai primissimi anni del XII secolo, allorché in uno dei lidi sardi più adatti per la salubrità del cielo, per la ricchezza dei mari, per la prossimità di un porto spazioso e sicuro allo stabilimento di novelle abitazioni, si gittavano dalle famiglie, colà spedite dalla nobile casa genovese dei Doria, le prime fondamenta dell'umile borgata d'Alghero, che destinata era quindi a salire al rango di una delle primarie città sarde, a diventare il propugnacolo maggiore della parte settentrionale dell'isola, e ad illustrare colle virtù guerresche e civili dei suoi abitanti i fasti della patria".

I primi inequivocabili segni di presenze umane nel territorio algherese si ritrivano a partire dal neolitico antico. A quel periodo risalgono i graffiti e le prime forme di ceramica rinvenute nella Grotta Verde.
Dal 3500 a.C. si diffonde il culto del dio Toro e della dea Madre, la cosiddetta cultura di Ozieri, della quale le domus de jana sono il monumento più significativo. La diffusione dei metalli, dal 2700 circa, porta ad un periodo di guerriglie, testimoniato dalle fortificazioni a difesa degli insediamenti presenti a Monte Baranta.

La civiltà nuragica si manifesta lungo un arco temporale di oltre un millennio dal 1500 a.C. Sono piccole città-stato ad economia pastorale, politicamente indipendenti, ma unite da una cultura omogenea. Tratto distintivo di questa forma di civiltà autoctona è la costruzione delle torri tronco-coniche.
Nel territorio algherese sono stati scavati un centinaio di nuraghi dei quali alcuni, come Siseri e Palmavera, costituiscono delle vere e proprie cittadine nuragiche. Testimonianze del passaggio dei fenici sono riscontrabili in alcuni sepolcreti di Sant'Imbenia e in due statuette.
I romani arrivano in Sardegna intorno al 260 a.C. dopo aver strappato l'isola a Cartagine nella prima guerra punica. I dominatori romani si insediarono lungo la costa nord presso Porto Conte, da cui il nome Nynphaeus Portus, segnalato nell'itinerario Antoniano.

Durante il periodo altomedievale, intorno alla fine del millennio, i regni giudicali che si erano formati in tutta l'isola non riescono ad opporsi alle incursioni dei pirati barbareschi: i giudici stringono pertanto alleanze commerciali e militari con le repubbliche marinare di Pisa e Genova. Mentre declina progressivamente il potere dei regni giudicali, le potenti famiglie pisane e genovesi creano sull'isola roccaforti militari nei punti strategici.
Ad opera della famiglia Doria si costituisce così il nucleo fortificato sulla penisoletta ad est del golfo di Alghero, la cui data di fondazione non è certa, ma si presume sia avvenuta attorno al 1102. Papa Bonifacio VII assegna la Sardegna al Regno d'Aragona che inizia ad occupare l'isola nel 1323, fortemente contrastato dagli eserciti delle due repubbliche marinare e del regno di Arborea, unico sopravvissuto ai regni giudicali. Porto Conte è teatro di una decisiva battaglia tra la flotta aragonese e quella della repubblica di Genova, alla quale i Doria avevano affidato la città. Lo scontro decreta la vittoria del re Pietro IV d'Aragona ed il definitivo passaggio della città alla corona iberica.

Durante il quindicesimo secolo la cittadina si ricostituisce con i ripopolamenti: promettendo consistenti elargizioni e buoni incentivi si poterono radunare piccoli gruppi di avventurieri, disperati e delinquenti comuni, disponibili a varcare il mare per andare a vivere nelle colonie di Sardegna.

I primi anni del cinquecento vedono la vila diventare, per nomina regia, ciutad de L'Alguer: è un periodo di sviluppo economico favorito soprattutto dai privilegi mercantili e fiscali che la città ottiene in relazione al suo ruolo di guardia armata del Capo di Sopra. Nello stesso periodo, la città subisce forti mutamenti urbanistici dovuti alla necessità di adeguare le fortificazioni alle innovazioni belliche.
Lungo la costa viene eretto un forte sistema di torri antibarbaresche resosi necessario per fronteggiare le incursioni dei pirati nord africani.

Nel seicento la città perde prestigio: il suo ruolo diventa marginale nel quadro delle politiche spagnole e forti pestilenze riducono della metà la popolazione. Durante i primi decenni del secolo successivo Alghero passa agli Austriaci e da questi ai piemontesi. L'ottocento porta un notevole incremento demografico: il numero degli abitanti raggiunge le settemila unità. Nel 1821 un periodo di carestia sfocia in una sanguinosa rivolta popolare che si conclude con una drammatica repressione: 32 condanne a morte di cui 16 eseguite. Verso la fine dell'ottocento la città viene completamente smilitarizzata e comincia il suo cammino al di fuori delle mura.

Durante il ventennio fascista si compie una vasta opera di bonifica sulle terre incolte della Nurra e vengono fondate le borgate di Fertilia e S.M. La Palma. La città si arricchisce di un contado più ricco e potenzia il suo rapporto con la campagna. Le grandi guerre del secolo lasciano il segno anche sul territorio algherese: miriadi di fortini in calcestruzzo fanno mostra di sè lungo tutta la costa e le colline, mentre nel 43 la città subisce un bombardamento che apre enormi squarci nel centro storico.

 

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