PROCEDURA PER L'AFFRANCAZIONE DELLE QUOTE
DEL DEMANIO MEZZANELLE E SCIALI PAGLETE

La legislazione storica e vigente
Con il Decreto del 2 agosto 1806, promulgato da Giuseppe Napoleone per il Regno di Napoli, avveniva l'eversione dalla feudalità. Tale ripartizione delle "terre aperte, culte e inculte" avvenne in modo che i naturali destinatari delle terre "fossero riguardati come i padroni delle quote loro spettate" e avrebbero dovuto goderne con "tutta la pienezza del dominio e della proprietà". Infatti le terre divise ai sensi del Decreto Napoleonico sarebbero state "proprietà libere dei cittadini soltanto sotto il peso del canone". (Cfr. Decreto 2 agosto 1806, e Decreto 1 settembre 1806 art.9)
Questo procedimento di ripartizione trasformava immediatamente i beni di Demanio pubblico in allodio ed il canone imposto assumeva un carattere di mero debito reale del detentore della terra nei confronti del Comune, tanto che l'omissione del pagamento non ne minava l'allodialità del possesso. (Cfr. L.C. Uliveti: Le ripartizioni delle terre ex feudali e le quotizzazioni, in La regione Puglia e gli usi civici, Atti del convegno tenutosi a Foggia il 25.5.99, Centro grafico Francescano, Foggia, 2000)
Con successivo Decreto 3 dicembre 1808, si stabilì che le quote non potessero "essere vendute né ipotecate prima di un decennio". Tale termine fu prolungato a venti anni con Decreto 6 dicembre 1852. Con la stessa legge del 1808 si ribadiva che "i cittadini saranno riguardati come padroni delle quote loro spettate e godranno di tutta la pienezza del dominio e della proprietà".
Invece nel decennio-ventennio saranno "devolute al Comune le quote cedute a terzi o per le quali non siasi pagato canone". Infine stabiliva che l'affrancazione dal debito sarebbe avvenuta al saggio di capitalizzazione del 5%.
Con il ritorno dei Borboni le cose rimangono pressoché identiche: le leggi 11 dicembre 1816 e la successiva organica del 12 dicembre ribadiscono che le terre demaniali dovessero essere divise tra i cittadini mediante la prestazione di un canone a favore dei comuni, ma che le terre lasciate incolte per tre anni, sarebbero state devolute ai comuni.
A seguito dell'Unità d'Italia non viene modificato l'impianto legislativo operante per le province napoletane ma si conferma con il Decreto Luogotenenziale del 3 luglio 1861 di procedere con le quotizzazioni a norma della citata legge del 1806, con il limite ulteriore dell'approvazione sovrana delle quotizzazioni ancora da realizzarsi.
Con il Decreto legge 751 del 22 maggio 1924 e la successiva legge 1766 del 16 giugno 1927 si riordina tutta la materia degli usi civici; i terreni vengono divisi in categorie che avranno diverse destinazioni mentre per le quotizzazioni già avvenute nel passato si deve attendere il regolamento di attuazione approvato con la legge 332 del 26 febbraio 1928 che agli artt.26, 27 e 28 ne regolamenta il procedimento, limitatamente alle quotizzazioni "ad meliorandum" e all'art.32 estende il procedimento previsto per le quotizzazioni di cui innanzi anche alle "quote dei demani comunali del Mezzogiorno e della Sicilia alienate durante il periodo del divieto prefisso dalla legislazione anteriore" (ovvero venti anni).
Per le quotizzazioni senza vincoli e/o per tutte le quote che non siano state vendute durante il periodo di divieto, rimane valida la legge di eversione della feudalità del periodo napoleonico e le norme successive richiamate.
Le norme successive che interessano la materia sono le norme sui canoni enfiteutici e di natura enfiteutica; in particolare la legge di revisione dei canoni e di affrancazione n.701 del 1 luglio 1952, la legge sull'enfiteusi n.607 del 22 luglio 1966 e la legge di revisione dei canoni n.1138 del 18.12.1870. Infine con l'art. 66 del DPR 616 del 1977 lo Stato trasferì le funzioni amministrative dei Commissari liquidatori e del Ministero alle Regioni.
La legge regionale n.7 del 1998 ha regolamentato la materia per la Puglia e all'art 10 così disciplina: "I livelli già costituti su beni civici sono affrancati su domanda dei livellari" intendendo qualunque tipo di livello o censo sia ancora presente su terre civiche senza distinguerne l'origine. Al comma tre ne disciplina l'affrancazione attraverso la capitalizzazione per venti volte del canone rivalutato degli interessi legali degli ultimi cinque anni. Al comma cinque stabilisce che le operazioni tecniche devono essere eseguite da tecnici abilitati alle operazioni demaniali.

Le quotizzazioni del 1879
Il Comune di Manfredonia realizzò delle quotizzazioni in località Mezzanelle e Sciali Pagliete senza obbligo di migliorie in esecuzione della legge del 1806. Queste quote sono, pertanto, degli allodi a tutti gli effetti e non vale per le stesse la normativa prevista dalla legge del 1927 e del suo regolamento di attuazione.
Le leggi di riferimento sono quelle preunitarie che, per giurisprudenza costante, se non espressamente abrogate continuano ad agire, e che nel caso di specie sono confermate dal Decreto provvisorio del 1861. Pertanto, per quanto possibile, va applicata la normativa che prevedeva la concessione di quote allodiali con divieto di alienazione o abbandono nel ventennio.
In questo periodo di divieto si era, per i terreni in una situazione ibrida tra il carattere pubblicistico e quello privatistico: infatti da un lato esiste la proprietà privata e dall'altro perdura il controllo pubblico sul suo utilizzo. Decorso, invece, il ventennio e quindi cessato ogni obbligo e divieto, si deve ritenere esaurito l'interesse pubblico al controllo delle quote e anche il regime pubblicistico del bene che entra nel diritto comune.
Il punto che interessa è la dimostrazione della non avvenuta alienazione della quota nel periodo ventennale o del non abbandono della quota per tre anni consecutivi; tali dimostrazioni (dette "diaboliche" da molti giuristi) non hanno ragion d'essere nel caso di specie, perché ogni inadempienza nel ventennio dalla quotizzazioni sarebbe stata sicuramente rilevata dal Comune che avrebbe proceduto a reintegra e a nuova assegnazione (Cfr. L.C. Uliveti: Le ripartizioni… idem).
Da quanto detto è evidente come per le due quotizzazioni ci si trovi in presenza di private proprietà (allodi) soggetti ad un censo (livello) fondiario perpetuo che va affrancato a richiesta dei livellari e che le concessioni in quote non sono concessioni enfiteutiche in quanto cessioni di fondi con pieno dominio. (Cfr Tribunale di Girgenti 7/12/1894, Comune di Girgenti c/ Fiandaca, Mess. Giur. 1895, 8)

Stima del capitale di affrancazione
A questo punto risulta solo necessario stabilire il procedimento di stima del canone e del capitale di affrancazione.
La normativa per l'affrancamento più recente è quella regionale che si esplica in una capitalizzazione al 5% (20 volte il canone) con l'aggiunta a detta somma degli interessi legali semplici per gli ultimi 5 anni (14,5%). Infine poiché nel caso di specie si tratta di debito reale, la cui riscossione ha una prescrizione quinquennale, il Comune può imporre il pagamento degli ultimi 5 canoni rivalutati. Questa normativa omnibus può essere applicata ad ogni caso non distinguendosi livelli originatisi con leggi diverse.
In alternativa, non essendosi mai espressa la legge sulle quotizzazioni senza obbligo di miglioria antecedenti alla legge del 1927 sugli usi civici, si potrebbe applicare addirittura la normativa originaria del 1806, con affrancazione del canone con capitalizzazione al 5% (20 volte il canone) e, analogamente, il pagamento degli ultimi 5 canoni.
Il canone iniziale venne stabilito nell'ordinanza prefettizia di quotizzazione in £.16,32 per quota. Queste avevano una superficie variabile dalla mezza versura (ha.0,62) alle due versure e mezza (ha.3,08).
Come per la scelta del procedimento di affrancazione si tratta di trovare un metodo legale per attualizzare il canone.
La legge regionale non disciplina il modo di rivalutare il canone; così come la legge del 1806 e quelle successive sino alla legge sugli usi civici del 1927.
La legge fondamentale, invece, disciplina le modalità di stima dei canoni ma solo per le nuove quotizzazioni e per le quotizzazioni con obbligo di miglioria precedenti al 1924, per le quali richiede di fissare nuovi canoni (ai sensi dell'art.10., ovvero tenendo conto delle condizioni del mercato fondiario).
Con il codice civile promulgato nel 1942 si regolano i rapporti di tipo enfiteutico e all'art.962 si statuiva la revisione decennale del canone. Successivamente interveniva la legge n.701 del 1 luglio 1952 che aumentava di 16 volte il canone (per tenere conto dell'enorme svalutazione del periodo bellico), assorbendo eventuali aumenti determinati dal codice civile e rinviando al 1962 la successiva revisione.
Con l'art 1 della legge sull'enfiteusi n.607 del 22 luglio 1966, l'art.962 c.c. viene abrogato e si stabilisce che, per le enfiteusi costituite successivamente al 1941 che: "i canoni enfiteutici perpetui o temporanei e le altre prestazioni fondiarie perpetue non possono comunque superare l'ammontare corrispondente al reddito dominicale del fondo sul quale gravano, determinato a norma del decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, rivalutato con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12 maggio 1947, n. 356".

La Corte costituzionale, con le sentenze 7.4.1988 n.406 e 23 maggio 1997, n. 143, ne ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale laddove, per le enfiteusi fondiarie e urbane ed edificatorie costituite anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevede che il valore di riferimento per la determinazione del capitale per l' affrancazione delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà economica.
Alla stregua di quanto analizzato si ritiene di poter intervenire con il procedimento di affrancazione disciplinato dalla legge regionale 7 del 1998 e procedendo alla rivalutazione del canone adottando i coefficienti di rivalutazione ISTAT dal 1879 all'attualità. Invece per i terreni che abbiano mutato completamente destinazione d'uso e che siano divenuti edificatori si ritiene di dover adottare in aggiunta un coefficiente di maggiorazione che tenga conto della differenza di valore che interviene tra un terreno agricolo ed un terreno edificabile così come richiesto dalla Corte Costituzionale nelle sentenze richiamate.

Dott. agronomo Alfredo De Luca

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