Raffaele
Mertes: "Carabinieri, una fiction per intrattenere il pubblico"
Una
media di oltre 6 milioni di fedelissimi hanno seguito, per 12
settimane, le vicende di Carabinieri, la fiction in prima tv su Canale 5
interpretata da un cast di giovani e simpatici attori come Manuela
Arcuri, Ettore Bassi (che ha sostituito il bello e tenebroso Lorenzo
Crespi), Giampiero Lisarelli, Francesco Giuffrida e Martina
Colombari. Con loro anche un gruppo di comici straordinari come Paolo
Villaggio, Andrea Roncato e Dario Vergassola.A
dirigere il cast della fiction Raffaele Mertes, regista
romano che nel suo curriculum vanta importanti collaborazioni con directors
americani con i quali ha lavorato nella serie tv La Bibbia.Mol
ha raggiunto Mertes per tracciare con lui un bilancio della fortunata
fiction giunta alla sua ultima puntata.
Carabinieri
è una delle fiction più amate dal pubblico. Si aspettava questo successo?
In
genere non mi aspetto niente: lascio andare le cose come devono andare. Ma ciò
che mi ha convinto subito di più di questa fiction è stato cast. Il gruppo,
dai veterani ai più giovani, è molto ben amalgamato. E ciò ha aiutato molto
la fiction perché è la storia di un gruppo di persone che si trovano a
lavorare e vivere insieme.
Come si realizza una serie come Carabinieri?
Ho lasciato molta libertà di azione a tutti gli attori anche perché
credo molto nella sponteneità. Bisogna aver ben chiaro che Carabinieri non deve
essere "un grande film", deve intrattenere il pubblico, senza
tralasciare i contenuti. Per questo ho voluto tirare fuori la personalità
dell'attore piuttosto che costruire un personaggio diverso. Devo dire che sono
stati tutti molto "veri".
Qual è stato il clima che si respirava sul set?
Quando si lavora 7 mesi di seguito con ritmi "duri" è
necessario divertirsi. Non sono per il lavoro ad oltranza, non credo che fare
molti straordinari aiuti la fiction: è molto importante sdrammatizzare... A
volte le scene non prendono il loro corso subito, bisogna provarle e riprovarle
fino a che non si trova la situazione giusta, e ciò accade solo se c'è
un'atmosfera di divertimento. E questo è sicuramente passato anche nel film.
Da Martina Colombari a Paolo Villaggio, come si è trovato a dirigere
generazioni tanto lontane e diverse di attori?
All'inizio avevo paura che i tempi della fiction andassero un po'
stretti a un attore di una certa importanza come è Paolo Villaggio. Paolo è un
uomo grandioso che ha capito immediatamente quello che andava a fare. I più
giovani invece hanno avuto bisogno di maggiori indicazioni: è normale, hanno
meno esperienza...
Nel suo curriculum ci sono alcune collaborazioni con registi americani.
Che ricordo ha di questa esperienza?
Sono stato in America come direttore della fotografia, che è poi il
ramo da cui provengo. Con i registi americani mi sono trovato molto bene. Sono
sicuramente molto creativi e competenti: sul piano della produzione sono
imbattibili anche perché un regista americano di fiction fa 2 o 3 film
all'anno. Certo i registi italiani sono più freschi e creativi, ma spesso hanno
meno esperienza, a livello quantitativo....
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Mi piacerebbe molto fare la seconda serie di Carabinieri. Mi divertirebbe
tornare a Città della Pieve con lo stesso cast. Nei prossimi mesi, sulla Rai,
andrà in onda Apocalisse, una fiction già realizzata in precedenza. E poi c'è
un progetto, ma è ancora in fase di sviluppo: si tratta di una fiction su Madre
Teresa di Calcutta, sempre per la Rai.