ALESSANDRO

TETI

TORRICELLA PELIGNA NEGLI ANNI 50 & 60

  

 

TEMPO DI ELEZIONI

Gli Italianti spesso si lamentano perché nelle classifiche dei vari settori produttivi, culturali, commerciali ecc. appaiono, non di rado, agli ultimi posti rispetto agli altri paesi occi¬dentali. In una però sono sicuramente imbattibili: il numero delle elezioni anticipate. Se ne fanno di tutti i tipi con i metodi più strampalati e diversi, tranne quelle scolastiche che vengono metodicamente posticipate, tanto non c’è niente da arraffare. Stavamo per dire che si svolgono in tutte le stagioni senonchè 1'ingegno multiforme dei politicanti nostrani, negli anni '60 inventò il cosiddetto "governo balneare" cioé la quintessenza del "tirare a campare" messo su al solo scopo di evitare faticose campagne elettorali nel bel mezzo di una vacanza estiva. Seguendo la moda, secondo la quale bisogna cam¬biare nome a tutto, oggi simili governi li chiamano tecnici. E a Torricella cosa si può dire circa le elezioni negli anni '50 e '60? Quelle politiche naturalmente rispecchiavano l'atmo¬sfera di tutta la Nazione. Per quelle comunali occorre una breve cronistoria. Quando il nostro Comune contava più di tremila abitanti, i consiglieri erano venti. Oggi per via dello spopolamento e della recente riforma sono diventati dodici. Nel passato vigeva un sistema maggioritario molto simile a quello attuale, per cui le interruzioni delle amministrazioni comunali erano infre¬quenti (si verificarono solo due volte). L'elezione del Sindaco non era diretta.
Il clima era, a dir poco, rovente, in tutte le fasi, pre e post elettorali. La frattura, permanentemente esistente tra gli abitan¬ti, in quel periodo diventava voragine. I sostenitori delle due opposte fazioni evitavano di incontrarsi, i mariti vietavano alle mogli di frequentare amiche dell'altra "sponda". Iniziava intanto la caccia ai candidati che apportassero tanti voti, soprattutto nelle contrade. Non interessava il loro grado di cultura,anzi meno s'intendevano di politica, Più faciImente si potevano addomesticare. Inoltre, in caso di vittoria, queste perso¬ne, di solito infaticabili lavoratori che da mane a sera se la dovevano vedere con i campi da coltivare, garantivano lauti pranzi non solo ai capofila, ma anche al copioso codazzo di comprimari e portaborse. Le mogli non erano granché entusiaste di queste repentine folgorazioni per l'agone politico dei consorti: "Siend na nzì. Ma mo chi te l'ha fatt fà a méttete mmèzz a ssi mbicce? Tenéme tand da fà a la ngott e ngh li bièstie! Chiss é tutt na manijate”. I1 frastornato marito avrebbe voluto convenire con le asserzioni della sua donna, ma ormai stava nel ballo e doveva ballare (ahimè con ballerini molto più "scafati" di lui!).
Ogni domenica pomeriggio si tenevano i comizi che, dal punto di vi¬sta formale, in alcuni casi, non molti, evidenziavano un eloquio chiaro, scorrevole e un' oratoria suadente, tali da entusiasmare la folla pronta a sottolineare con scroscianti applausi la bravu¬ra del comiziante. In altri casi (parecchi) si trattava di discor¬si raffazzonati e scopiazzati alla bell'e meglio qua e 1à da oscuri amanuensi, con frasi "fritte e rifritte". Dulcis in fundo: i casi estremi. Qui si rasentava la demenza aggravata da precoce perdita della memoria. Sentite questa: "Amici e compagni di Gessopalena, ho l'onore di presentarvi l'onorevole....(Pausa imbarazzata seguita da improvviso lampo di genio) Mbè mo ve le dice èss". Non mancavano però autentici parlatori che, nonostante una fugace esperienza scolastica e una limitata o inesistente dimestichezza con libri e manuali linguistici, disponevano di una naturale favella con cui riuscivano ad arringare animo¬samente i propri sostenitori.
Per ciò che attiene al contenuto delle concioni, il repertorio era alquanto variegato. Una buona parte di esse si riferivano, oltre che ad argomenti di pubblico interesse, ai più intimi com¬portamenti dei candidati e delle rispettive spose o sorelle e siccome nessuno a questo mondo è senza peccato, di motivi per mettere in ambasce gli avversari ce n'erano a iosa. Tuttavia i chiamati in causa, per nulla intimoriti, replicavano ripagando i detrattori con la stessa moneta, più gli interessi.
BANDIERA ROSSA O BIANCO FIORE.
Prima di ogni comizio un paio di giovincelli con un altoparlante montato su una vecchia auto prossima alla rottamazione, andavano strombazzando sgangherati e sgrammaticati slogan propagandistici intervallati dalle stridule note di Bandiera Rossa o Bianco Fiore. Qualche giorno prima di quello delle elezioni, sullo specchio del bar appariva 1'immancabile telegramma proveniente da Roma: "Stanziata la somma di lire (svariate centinaia di mi¬lioni) per fognature o rifacimento stradale Via Tal dei Tali"
Tanto per ricordare ai più titubanti da che parte stessero le leve del comando! I1 venerdi precedente la domenica del voto i due opposti schieramenti mettevano in mostra tutto il loro potenziale tattico e strategico. Sui balconi si susseguivano le esibizioni delle star locali, seguite, come botta finale, da quelle degli onorevoli della nostra zona, eletti al Parla¬mento nazionale. Intanto si azzardavano le previsioni sui pos¬sibili vincitori della contesa. La conta veniva fatta a tavolino da sedicenti esperti, i quali però non potevano effettuare alcun sondaggio infatti, tolta una cinquantina di persone che dichiara¬vano apertamente le loro preferenze, gli altri si dicevano dispo¬nibili per l'una e 1'altra lista. Perciò l'unico indizio era un saluto, dato o mancato. un sorriso, uno sguardo, per assegnare un elettore alla propria parrocchia o all'altra. Con questo sistema, che ben a ragione possiamo definire "a lume di naso" entrambi gli schieramenti ritenevano di avere la vittoria in tasca con un ampio margine sugli avvesari. L'ultimo atto avveniva la dome¬nica mattina, con la caccia agli anziani aventi problemi di deam¬bulazione: bisognava andare a prenderli e accompagnarli con l'auto ai seggi. Era una vera e propria gara per accaparrarsi un voto, ammesso e non concenso che il vecchietto esaudisse le aspettative di quegli improvvisati ed interessati "benefattori".
Finalmente dalle ore quattordici del lunedì si appropinquava 1'ora fatidica della verità, amara per i perdenti, assai lieta per i vincitori, soprattutto se la vittoria era acciuffata per il rotto della cuffia, nonostante i proclami della vigilia impron¬tati ad una trionfalistica sicumera di uno schiacciante successo. Fatto sta che man mano che procedeva lo spoglio delle schede, nelle sezioni aumentavano sempre più le schiere di coloro che parteggia¬vano per la fazione probabile vincente e di pari passo si assot¬tigliavano quelle dei perdenti, fino alla completa sparizione.
Raggiunta la certezza matematica del buon esito delle urne si formavano cortei canori inneggianti ai neoeletti, con frizzi e lazzi lanciati contro gli sconfitti.
Un ricco pranzo, riservato ai dirigenti e al relativo entourage della lista predominante poneva termine alla contesa elettorale.
Non certamente ai rancori, alle maldicenze, alle calunnie, ai turpiloqui e simili, destinati a perpetuarsi nei secoli dei secoli.