ALESSANDRO

TETI

TORRICELLA PELIGNA NEGLI ANNI 50 & 60

  

 


PARTE SECONDA: LA SCUOLA ELEMENTARE

I1 grosso edificio arcinoto a tutti con il nome di "palazzo scolastico" fu ed è a tutt'oggi, la sede della scuola elementa¬re. Negli anni '50 ospitava dieci classi divise in sezioni maschili e femminili (allora Torricella contava 4.000 abi¬tanti). I1 segnale per invitare i ragazzi a recarsi a scuola veniva dato dalla campanella della chiesa di S. Rocco; gli orologi scarseggiavano e bisognava attendere la Cresima per riceverne uno in regalo, e non sempre funzionava, infatti si diceva "lu rellogge de lu cumbàre camìne quand i pare". Dati i tempi e i mezzi a disposizione, le attività principali degli alun¬ni consistevano nell'imparare a leggere, scrivere e far di conto e naturalmente ad assumere un comportamento rispettoso verso gli altri. Ma le parole e l'esempio spesso non ba¬stavano per convincere i più recalcitranti e i più svoglia¬ti, specie nelle classi maschili; allora bisognava far ricor¬so alla bacchetta che sedava ogni tentativo di intemperanza. Gli insegnanti erano validamente spalleggiati dai genitori in quest ' opera "persuaviva". Frasi del tipo "maestre daie mazz a ssu lazzaròne ca iere 'nza vulute mbarà la lezzione" erano di uso assai frequente.
La ricreazione, piuttosto chiassosa, si svolgeva tutti i giorni, tranne in un caso: quando arrivava il direttore da Casoli. Allora si stabiliva una specie di coprifuoco.
Gli scolari si chinavano sui libri a ripassare tabelline, guerre puniche, guerre d'indipendenza, area del cerchio, poe¬sie... Ma qualcuno per nulla preoccupato o per allentare la tensione, sentenziava all'improvviso: "Signòre maè, io non ho paura perchè lu direttore va dirètt e l'ispettore m'arespètt", e giù tutti a ridere.
Poco dopo Guido Palizzi, il bidello, faceva capolino dall'u¬scio per annunciare il cessato allarme. I1 mantenimento della disciplina richiedeva un certo vigore, specialmente nelle classi quinte dove stazionavano quattro o cinque ripetenti che avevano abbondantemente superato l’età dell’obbligo.
Costoro per niente interessati alle attività didattiche, si dedicavano a scherzi da caserma come i famigerati gavettoni sulle porte dei gabinetti nonostante l'assidua sorveglian¬za di Guido, sempre cordiale con tutti ma pronto a stroncare qualsiasi tentativo di sovvertire le regole costituite.
Quando l'insegnante si allontanava momentaneamente, il capo¬classe doveva riferire su eventuali infrazioni: "Signòre maè, Tonino ha quèldo (rotto) il cangellìno" " Perchè l'hai fatto?" "Perchè Nicola mi ha cacciato la lingua. Io gli ho tirato il cangellino, lui si è acciuccato (abbassato ) ed è finito imbaccio alla lavagna, si è squacciato ed è uscita la vrenna (crusca)". Un bel castigo per entrambi poneva termine alla contesa. Que¬sti episodi naturalmente erano marginali e li abbiamo citati per rendere l'argomento più gradevole ai lettori. Del resto sarebbe irriguardoso nei confronti degli insegnanti che operarono a Torricella negli anni '50 e '60, presentare la scuola elementare come un luogo di trastullo o di percosse.
A1 contrario si lavorava bene e molto, i maestri erano esi¬genti e ponevano il massimo impegno nella loro attività.
Si tenga presente che dovevano agire nell'assoluta mancanza di sussidi didattici, se si eccettua qualche affumicata car¬tina geografica. Psicologi, pedagogisti insegnanti di soste¬gno, corsi di aggiornamento, erano di là da venire.
Insomma bisognava arrangiarsi alla bell'e meglio!
Anche per questo rivolgiamo un pensiero di gratitudine a chi ci aiutò ad ap¬prendere i primi fondamentali elementi del sapere.
I1 più anziano era il maestro Giovanni Verna andato in pen¬sione all’inizio degli anni '50. A detta di tanti era seve¬rissimo ,ma "mbarave bone la léttere" (sapeva insegnare).
Poi gli altri : Maria Bruno, Persia Testa, Biuccia e Antonio Manzi, Olga e Camillo Di Renzo, Antonio Di Jorio, Nicolino Porreca, Nelda De Laurentiis. Successivamente arrivarono quelli ''più giovani" Cristinella e Domenico Piccone, Camillo Di Martino, Elena e Domenico Di Martino, Germana Piccone. Alcuni di loro purtroppo non sono più fra noi, perciò li ricordiamo commossi, sicuri di interpretare in tal modo i sentimenti di molti lettori. Gli esami andavano affrontati due volte: in terza e in quinta. Prove da superare: dettato, tema, problema, materie orali. I1 tema, onde consentire a tutti di riempire almeno una pagina di quaderno, aveva quasi sempre lo stesso titolo: "Parla del tuo paese". Proviamo a rileggerne qualcuno nella memoria.
”Il mio paese si chiama Torricella Peligna ed è alto 901 metri sul livello del mare.
Cià 4 chiese: maggiore, Santrocco, Sandantonio e San Camillo. Cè il munumento dove nella staggione ci vanno i frastieri che cianno la tosse convulsiva e la mia mamma mi dice: non ciandare ca sennò la raccogli anche tu. Ma io ci vado lo stesso perchè mi piace fare a rocila vascielli e a stagnarola. A me mi piace il mio paese perchè ci sono nato e poi perchè cè il campo sportivo il corso Umberto 1° e tante case .”