ALESSANDRO

TETI

TORRICELLA PELIGNA NEGLI ANNI 50 & 60

 

 

 

GIOCHI E CONSUETUDINI

E' una tranquilla domenica autunnale, Mingh fa il muratore, potrebbe dormire ancora, ma non ha più sonno, si gira e rigira nel letto, non c'è niente da fare. Sua moglie è già sveglia da un pezzo ed è là in cucina indaffarata a preparare il pranzo, a stirare, a rammnendare... Quando uno è abituato ad alzarsi presto è così, anche perché poi ti vengono brutti pensieri per la testa! Visti falliti tutti i tentativi di riaddormentarsi, si decide a scendere dal letto. Ma quando va per infilarsi i pantaloni, trova una poco gradita sorpresa. "Marì chi i sci cumbenate a sti calz?". La moglie dà una rapida occhiata e senza proferire parola si avventa come una furia verso la camera dove dorrnono i figli. Alza le coperte del più grande e comincia a menare fendenti a più non posso. I1 povero malcapitato, del tutto frastrornato cerca di divincolarsi e incredulo chiede: "Ma che so fatt?" "Le sacce i che sci fatt. Brutt lazzarone, sci stuccate tutt le bettune a la vrachétt de piètrete!" gli urla la madre. A1 che, l'autore del misfatto si accorge di non avere attenuanti e non gli resta altra via d'uscita che la fuga, per sottrarsi, almeno per il momento, ad un supplemento di botte da parte del padre I1 breve quadretto farniliare testé descritto è sicuramente paradossale, ma potrebbe essere capitato qualche volta nei lontani anni '50 quando il gioco dei bottoni fra i ragazzi torricellani era molto in auge e per procuraseli qualcuno li staccava di soppiatto dai pantaloni appesi nell'armadio. Se ne praticavano divérsi: il più seguito era quello della palletta che consisteva nel tirare una boccia di legno verso nove buche scavate nel terreno, vinceva tutto chi riusciva a centrare quella nel mezzo. Poi c'era quello del birlix, berlax; del vicinamuro, del santuccio mortò e forse altri caduti nell'oblìo. Un altro gioco era "la sgrénele" cioé con un bastone si dava un colpo ad uno stecchetto appuntito da ambo le parti, mentre schizzava in aria si cercava di dargliene un altro, tipo baseball, per allontanarlo il più lontano possibile. Era piuttosto pericoloso e perciò spesso contrastato dai tutori dell'ordine. "Lu chierchie"invece era del tutto innocuo, infatti si trattava di lar rotolare un cerchio di ferro, vuoto all'interno, sorretto da una specie di gancio: lu ciambriqquele.
LU STUPPAZZ era ricavato da un ramo di sambuco opportunamente svuotato all'interno in cui si infilavano delle palline di corda imbevute di saliva. Si percuotevano con uno stantuffo ed emettevano un rumore che ricordava molto vagamente uno sparo.
Per giocare a CECINO E FASCIUOLI occorrevano minimo sei ragazzi, metà dei quali, a turno si mettevano piegati a 90 gradi uno dietro l'altro, i rimanenti, uno alla volta, dovevano saltare sulla loro groppa senza toccare terra con i piedi, altrimenti dovevano dare il cambio.
I1 gioco delle "STAGNAROLE" si eseguiva con i tappi a corona spinti con una percussione del dito indice in un percorso tortuoso disegnato con il gesso sul marciapiede o lungo i bordi delle scalinate della pineta.
Assai frequente era l'uso dei monopattini o delle "carrozze" le cui ruote venivano ricavate dai cuscinetti a sfera usurati, per cui facevano un fracasso assordante, tale da suscitare le proteste di chi aveva bisogno di tranquillità.
Non mancavano i passatempi con le biglie, solo che non erano di vetro ma di terracotta ed emanavano un odore acre simile allo zolfo.
Le bambine usavano dilettarsi con LA CAMPANA, il salto della corda, il lancio del cerchio, la palla prigioniera, i sassetti, il tris, l'intramontabile "LAVANDERINA" e gli svariati giochi con le bambole.
Tra le usanze tradizionali, bisogna ricordare quella del due novembre detta "COCCE DEI MORTI". I bambini, dopo aver svuotato le zucche e dopo avervi ritagliato il naso, la bocca e gli occhi, vi ponevano una candela accesa e giravano per il paese allo scopo di "Fa mbaurì la gend". Non sappiamo che attinenza abbia questa nostra antichissima consuetudine con la strombazzata festa americana di Alloween. Di certo a Torricella non si adoperavano artificiose zucche di plastica!
L'undici novembre, festa di S. Martino, la sera si trascinavano "Li ciucchili" cioé si legavano vecchie bacinelle, zi peppi, bagnarole e tutto ciò che facesse rumore per trascinarli in giro per il paese.
La sera dell’otto dicembre, 1'Immacolata, c'era l'abitudine di accendere grossi falò nei vari quartieri. Tale usanza era diffusa anche negli altri paesi, tanto è vero che, se il cielo limpido lo consentiva, era possibile ammirare gli innumerevoli fuochi che illuminavano l’ampia valle del Sangro fino al mare.