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di Federico Ricci 
Data di pubblicazione: 10/09/2002


C'è l'odio e la violenza e c'è la pace, c'è la morte e c'è l'amore. È un romanzo completo, violento, raffinato, dallo stile cinematografico quello di Alessandro Baricco, una bella storia, personaggi ben motivati, un paesaggio pennellato a dovere. Le parole evocano immagini, le immagini evocano sensazioni. In "Senza sangue" (ed. Rizzoli, pagg. 105, Euro 10,00) lo scrittore piemontese mette in scena la vita nel suo significato più vero, senza inganni, senza mezze misure. Si vive odiando e amando. È un tutt'uno inestricabile ben armonizzato dalla sapiente (e furba) scrittura di Baricco.
Il piccolo ma completo libro è diviso in due parti nette, quasi distinte tra di loro ma indivisibili. Nella prima parte (capitolo intitolato semplicemente "Uno") c'è la guerra, l'odio, la vendetta. La parte più buia di noi e di quello che c'è fuori di noi. Come sempre nei racconti di Baricco non siamo in un posto definito in un momento preciso. Possiamo essere in Medio Oriente come in Afghanistan, in Cecenia come nell'ex Jugoslavia: in poche parole siano dove c'è l'odio e la sua eredità che è la vendetta. Dove la guerra non ha inizio e non ha fine. C'è e basta.
"Nella campagna, la vecchia fattoria di Mato Rujo dimorava cieca, scolpita in nero contro la luce della sera. L'unica macchia nel profilo svuotato della pianura". In quella fattoria, in quel luogo così ben disegnato dal "pennello" di Baricco, si consumerà l'assassinio di Manuel Roca e di suo figlio. Sotto gli occhi della figlia Nina che è rimasta in quei tragici momenti nascosta sotto una botola.
Quella botola per qualche attimo fu aperta dal più giovane dei tre assassini e subito rinchiusa come se quegli occhi di bimba gli avessero ricordato la sua infanzia, la bellezza della vita. Una giornata consumata tante volte prima, da interpreti diversi perché la guerra e la vendetta non finiscono se la catena non viene spezzata con l'unica arma possibile: la pace, l'amore.
Nella parte "Due" la bambina e il ragazzo si incontrano 50 anni dopo. Lui venditore di biglietti della lotteria, lei dai cappelli bianchi ma sempre piacente, in una città qualsiasi. Come se entrambi avessero vissuto quel lasso di tempo in attesa dell'incontro. I ricordi, i sentimenti, tornano a galla, precisi, indistruttibili, come lasciati sospesi per anni, ma vivi. Lei è tornata per vendicarsi? Il vecchio lo pensa finché in una stanza d'albergo dopo averla amata la sente appoggiare la fronte sulla sua schiena e addormentarsi. Aveva rivisto gli occhi della vecchia bambina e aveva pensato che "per quanto la vita sia incomprensibile, probabilmente noi la attraversiamo con l'unico desiderio di ritornare all'inferno che ci ha generati e di abitarvi al fianco di chi, una volta, da quell'inferno ci ha salvato. (...) pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d'improvviso clemente. E senza sangue".
Tutto bello. Ma con un neo. Alessandro Baricco ha incontrato i suoi lettori solo in una chat line dove tra l'altro abbiamo scoperto che ha ascoltato Nick Cave, Dylan e il suo deumidificatore durante la stesura del libro, che è contento di sentirsi definire scrittore pop e che nella copertina del libro (quest'ultima è molto bella) cerca sempre di portare il suono del libro stesso. Tutto questo sarebbe stato meglio scoprirlo dalla sua viva voce. Peccato.