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di Michele
Serra Un autore anomalo e spiazzante che seduce per il suo modo di farci sentire complici
Questo fatidico "perché?", nella maggior parte dei casi, è la domanda che mette fine alla lettura. Con Baricco funziona al contrario: l'incipit della sua storia è così arbitrario, e in fondo ingenuo (quasi "era una notte buia e tempestosa") che viene naturale sospettarne una funzione recondita. Dopo poche pagine smetti di dirti "non me ne importa nulla di questi tizi che si sparano", e magari controvoglia apri un credito in favore del racconto, e dello scrittore: "e va bene, sei riuscito a incastrarmi, adesso voglio assolutamente capire a che cosa ti servono, e a che cosa mi servono, questi tizi che sparano". |
Non so spiegare bene - non sono un critico letterario - come funzioni esattamente questo meccanismo di seduzione. Come, cioè, pochi ingredienti classici, perfino scontati, riescano a scatenare in chi legge l'urgenza di sapere come va a finire la storia. Fatto sta che in Senza sangue questo meccanismo mi è sembrato infallibile: mano a mano che il racconto si dipana te ne senti prigioniero, e che il finale sia poi un grandissimo finale, emozionante e asciutto, è in fondo solo un lussuoso "di più", perché il gradimento del lettore è già garantito dalla spontaneità e dal piacere con il quale si segue la trama. Baricco ha fama di star letteraria, e conseguentemente di scrittore narciso, per via di certi trascorsi televisivi (ottima televisione e ottima divulgazione, tra l´altro) e di un aspetto fisico sinistramente adatto a compiacere il pubblico della narrativa, che come è noto è in buona prevalenza femminile. Per paradosso (o forse per compensazione), nei suoi libri la persona-scrittore è del tutto impercepibile. Ha la forza di fidarsi così ciecamente della storia che sta raccontando da lasciarle l'intero campo, e se così tanti lettori lo amano è forse perché giudicano amabile, e anche umile e intelligente, questo suo farsi puro strumento del racconto. Le poche sbavature di questo libro (alcune allusioni non molto necessarie ai massimi sistemi e al "senso della vita", messe in bocca a personaggi che forse non ne avvertono l'urgenza) paiono sortire da qualche residua esitazione di Baricco circa la natura del suo lavoro: come per dimostrare che, volendo, saprebbe anche spostare la scrittura su terreni "alti". Naturalmente, questa acquisizione non è uguale per tutti - non a tutti piacciono le stesse storie. Uguale per tutti, però - specialmente per chi diffida dell'oscurità della letteratura, e se ne sente inferiore, e complessato - è la gratificazione di sentirsi finalmente complice della scrittura. Questo aspetto magari accomodante, ma voluto e cercato fino al virtuosismo e all'esercizio di stile, ha attirato su Baricco qualche accusa di furbizia. Diciamo che ci sono furbizie ben più perniciose. E che riuscire a costruire attenzione, interesse e anche passione attorno ai libri (non solo i propri) è comunque un bell'esercizio di stile.
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