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di Sveva Morelli 
Data di pubblicazione: 09/09/2002

L'autore torinese con "Senza sangue" non deluderà i suoi estimatori. Rimangono le perplessità sulla sua valenza letteraria. Ma su un fatto non vi è alcun dubbio: siamo dinanzi a un astuto comunicatore mediatico.


Dopo tre anni, Alessandro Baricco torna alla narrativa con un romanzo i cui protagonisti paiono persi nel tempo e nello spazio, boia e vittime di una guerra suscitatrice di passioni e istinti reconditi. L'incubo della violenza domina la drammatica vicenda di Manuel Roca, dei suoi figli e dei loro assassini. 

Il romanzo è suddiviso in due parti, separate da oltre cinquant'anni. In un paese di lingua spagnola, forse la stessa Spagna dell'epoca della guerra civile, in una vecchia fattoria, abitano un uomo, appunto Manuel Roca, con i due figli, un bambino e una bambina. La Morte arriva a bordo di una vecchia Mercedes. I quattro individui armati che scendono dall'auto, dopo un conflitto a fuoco e un serrato confronto con l'uomo, non hanno pietà né di lui né di suo figlio. Scamperà solo Nina, la figlia, nascosta sotto una botola. Scamperà perchè il più giovane dei quattro killer, Tito, non rivelerà ai compari il nascondiglio che - pure - ha scovato.

Parte seconda; Nina e Tito si ritrovano dopo parecchi anni. La prima è ormai diventata un'anziana e ancor piacente signora; il secondo un vecchio venditore di biglietti di lotteria in un chiosco nel centro della città. In un bar si confrontano, raccontando la propria versione del tragico eccidio. Fino al non tanto sorprendente epilogo finale: diremo solo che la spirale di odio che li investe si dissolverà grazie alla coraggiosa scelta di Nina, saggia donna-bambina. 

Dialoghi serrati, periodi sospesi, frasi brevi, descrizioni accurate con particolare attenzione agli aspetti visivi: Alessandro Baricco è soprattutto un comunicatore mediatico. Dal pessimo "Oceano mare" del 1993 al più interessante "City" del 1999 (da ricordare per il fervore che può suscitare una favola picaresca, debitrice verso il fumetto e il cinema), il tempo non è passato invano: "Senza sangue" non delude le attese degli estimatori dell'autore. Noi la pensiamo come Giovanni Pacchiano del "Sole 24 ore": Baricco ricorda per molti versi D'Annunzio, con la sua presa emotiva sul pubblico, con la sua virtuosa e virtuale arte della parola, volente e nolente segno di un malessere generazionale. Per questo egli è destinato a fare scuola, scopiazzato com'é (malamente) dagli epigoni e dai detrattori.

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