Le prime pagine di Senza Sangue 

Uno
 
 

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Nella campagna, la vecchia fattoria di Mato Rujo dimorava cieca, scolpita in nero contro la luce della sera. L'unica macchia nel profilo svuotato della pianura.

I quattro uomini arrivarono su una vecchia Mercedes. La strada era scavata e secca - strada povera di campagna. Dalla fattoria, Manuel Roca li vide.

Si avvicinò alla finestra. Prima vide la colonna di polvere alzarsi sul profilo del mais. Poi sentì il rumore del motore. Nessuno aveva più macchine, da quelle parti. Manuel Roca lo sapeva. Vide la Mercedes spuntare lontano e poi scomparire dietro a un filare di querce. Poi non guardò più.

Tornò verso la tavola e posò la mano sulla testa della figlia. Alzati, le disse. Prese una chiave dalla tasca, la appoggiò sul tavolo e fece un cenno col capo al figlio. Subito, disse il figlio. Erano bambini, due bambini.

Al bivio del torrente, la vecchia Mercedes evitò la strada per la fattoria e proseguì verso Alvarez, fingendo di allontanarsi. I quattro uomini viaggiavano in silenzio. Quello alla guida aveva una specie di divisa addosso. L'altro uomo seduto davanti aveva un vestito color panna. Stirato. Fumava una sigaretta francese. Rallenta, disse.

Manuel Roca sentì il rumore allontanarsi verso Alvarez. Chi credono di fregare?, pensò. Vide il figlio rientrare nella stanza con un fucile in mano e un altro sotto il braccio. Posali lì, disse. Poi si voltò verso la figlia. Vieni, Nina. Non aver paura. Vieni qui. 

L'uomo elegante spense la sigaretta sul cruscotto della Mercedes poi disse a quello che guidava di fermarsi. Va bene qui, disse. E fa' tacere 'sto inferno. Si sentì il rumore del freno a mano, come una catena lasciata cadere in un pozzo. Poi più niente. La campagna sembrava inghiottita da una quiete incurabile. 

Era meglio andare dritti da lui, disse uno dei due seduti dietro. Adesso avrà il tempo di scappare, disse. Aveva una pistola in mano. Era solo un ragazzo. Lo chiamavano Tito.

Non scapperà, disse l'uomo elegante. Ne ha piene le palle di scappare. Andiamo.

Manuel Roca spostò le ceste piene di frutta, si chinò, sollevò il coperchio nascosto di una botola e diede un'occhiata dentro. Era poco più che un grande buco scavato nella terra. Sembrava la tana di un animale.

- Ascoltami, Nina. Adesso arriverà della gente, e non voglio che ti veda.

Devi nasconderti qui dentro, la cosa migliore è che ti nascondi qui dentro e aspetti che se ne vadano. Mi hai capito?

- Sì.

- Devi solo startene tranquilla qui sotto.

- ...

- Qualsiasi cosa succeda, non devi uscire, non devi muoverti, devi solo startene tranquilla e aspettare.

- ...

- Andrà tutto bene.

- Sì.

- Ascoltami. Può darsi che io me ne debba andare via con quei signori. Tu non uscire fino a quando non verrà a prenderti tuo fratello, hai capito? O fino a quando sentirai che non c'è più nessuno e che tutto è finito.

- Sì.

- Devi aspettare che non ci sia più nessuno.

- ...

- Non aver paura, Nina, non ti può succedere nulla.

- Va bene?

- Sì.

- Dammi un bacio.

La bambina appoggiò le labbra sulla fronte del padre. Il padre le passò una mano tra i capelli.

- Andrà tutto bene, Nina.

Poi rimase lì, come se qualcosa ancora si dovesse dire, o fare.

- Non era questo che volevo.

Disse.

- Ricordati sempre che non era questo che volevo.

La bambina cercò istintivamente negli occhi del padre qualcosa che la aiutasse a capire. Non vide nulla. Il padre si chinò verso di lei e la baciò sulle labbra.

- Adesso vai, Nina. Dài, scendi là sotto.

La bambina si lasciò cadere nel buco. La terra era dura, e secca. Lei si sdraiò.

 

 

© 2002 RCS Libri S.p.A.

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