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di Paolo Stefano
Data di pubblicazione: 27/06/93

Alessandro BariccoL'autore di "Oceano mare", vincitore del Viareggio '93, accusa di immobilismo e viltà il nostro mondo letterario.

Come può succedere che tra tanti riconoscimenti "ad honorem" elargiti dai premi letterari italiani, una volta tanto la spunti un narratore giunto appena al suo secondo romanzo? Non si sa come, ma succede. E' successo, per esempio, ad Alessandro Baricco, che ha vinto il Viareggio con il suo "Oceano mare", pubblicato da Rizzoli. 

Come può succedere che un pittore dipinga il mare con l'acqua del mare? Una bella sfida, ma impossibile. Lo sa bene il pittore Plasson, il quale, lasciandosi avvolgere dalla schiuma montante, si ritrova ogni giorno davanti a una tela bianca inzuppata di acqua salmastra. Plasson è uno dei protagonisti di "Oceano mare", uno dei tanti personaggi enigmatici e paradossali che vi compaiono: 
"Se devi raccontare un fatto, dice Baricco, non puoi catturarlo avvicinandoti ad esso, ma correndo lontano, verso altre strade. Così, se vuoi raccontare il presente, non puoi farlo se non parlando d'altro: a me, per esempio, interessano molto le storie ottocentesche e solo attraverso il fantastico, l'immaginario, l'epico cerco di cogliere l'oggi". 

Eterna, e irrisolta, questione, quella del rapporto tra narrazione e realtà contemporanea. E Baricco la affronta a suo modo. Raccontando, tra l'altro, il naufragio di una fregata francese, l'Alliance, al largo della costa senegalese: "I morti sono morti, i vivi aspettano e basta. Niente preghiere, niente grida, niente. Il mare danza, ma piano, sembra un commiato, a bassa voce". 147 uomini, tra soldati marinai passeggeri ufficiali, cercano riparo in una zattera, ma il panico li inghiotte, e amen.

 Qual è la scommessa, per uno scrittore italiano d'oggi? "Quella di Stefano Benni, ad esempio, è chiara e lui l'ha vinta dimostrando di non essere solo uno scrittore comico ma uno scrittore punto e basta, dice Baricco. Inoltre, Benni ha dimostrato che c'è un'enorme fetta di lettori in grado di apprezzare una scrittura che non sia la solita scrittura letteraria italiana". E allora, che cos'è questa scrittura? "E una simultaneità di diversi universi linguistici: è questa la letteratura che mi interessa, quella che tenta di svellere il letterario, un vizio italiano insensato e ormai insopportabile". 
Il vizietto della letteratura italiana? Un eccesso di prudenza, un eccesso di perbenismo: "Io sono per un linguaggio ricco, capace di registrare un'infinità di cose, non amo gli scrittori che usano un linguaggio medio, indistinto". Qualche nome? Solo in positivo: "Ci sono giovani che dispongono di molte armi e alcuni riescono persino a immaginare di stare fuori dal solito registro letterario: un caso è quello di Susanna Tamaro, che usa benissimo uno stile da reportage televisivo, oppure Sandro Veronesi o Silvia Ballestra". 

E allora, questo premio come si spiega? "E un segnale strano. I premi in genere sono generazionali. Il Campiello concede minime comparsate a qualche attore giovane, ma di solito poi vincono i nomi consacrati. Il mondo letterario italiano è uno spugnone immenso che assorbe tutti i tentativi di cambiare i termini della questione. I libri veramente nuovi vanno a morire nelle recensioni, non creano passioni né dibattiti, non incidono. Ho l'impressione che se oggi in Italia tornasse un Cèline, nessuno se ne accorgerebbe. Ha ragione Berlusconi: i margini di miglioramento del libro italiano sul piano commerciale sono enormi. Il guaio è che lui pensa che Bocca possa vendere centomila copie in più, mentre non si rende conto che c'è anche altro". 
Nel suo giorno più bello, Baricco parla di immobilismo, di pigrizia: "Nell'Italia letteraria dei nostri giorni non c'è nessun regime, nessuna lobby che regna sovrana, come per esempio negli anni dell'avanguardia, tutti i grandi sono morti e ci sarebbe la massima libertà. Ma ogni novità viene ammortizzata dal generale sonnecchiamento". L'industria editoriale italiana: un grande motore che va ad altissimi giri ma avanza in folle. Perché? "Nessuno, in Italia , crede che si possano fare libri di qualità capaci di vendere. E allora, i giovani scrittori non osano scrivere grandi libri, si fermano sempre a metà, senza rischiare niente. Le case editrici puntano tutto sui soliti nomi sicuri e puntando s u quelli pensano che il loro compito sia esaurito. I giornali pubblicano delle classifiche a cui nessuno crede. E tutti stanno benino, tirano a campare". 
E i critici? Peggio che andar di notte: "Non c'è più verso di capire se un libro è bello o brutto, se vale la pena di consigliarlo alla propria fidanzata. Le recensioni sembrano dei protocolli". Torniamo alla sfida: qual è dunque la scommessa per un giovane narratore? "Spingere la gente a leggere. Ma perché un film mediocre ha un milione di spettatori e un buon romanzo vende cinquemila copie? Forse basterebbe che gli editori fossero più aggressivi e che gli scrittori decidessero di essere più generosi... I cinque finalisti dello Strega, paragonati a Benni, sembrano dei pitocchi...". 
Va bene, ma a furia di essere generosi, si rischia di sembrare esibizionisti. Com'è capitato allo stesso Baricco: "C'è chi ha scritto che il mio primo libro è stata una fatica sprecata, che peccava per eccesso. Ma preferisco questo peccato rispetto alla maniera piana e pulita di molti scrittori d'oggi".

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Ultimo Aggiornamento_Last Update: 2 Mag. 2002