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di Ranieri Polese |
Parla il regista che sta girando un film ispirato al monologo teatrale dello scrittore: la storia di un pianista vissuto sempre in mare che e metafora del nostro secolo, con il romanziere che mi ha lasciato piena liberta nell'adattamento. La
nave si vede da lontano. Dal muro dell'ex mattatoio di Testaccio, a
Roma, spunta la fiancata del Virginian, imponente, maestosa. È alta 35
metri, nera, più su ci sono i ponti bianchi e sopra a tutto svettano i
fumaioli. |
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Aspettando che smetta di piovere, Giuseppe Tornatore sta a metà della scala da dove il protagonista dovrebbe scendere a terra. Ma chi ha letto Novecento, il monologo di Alessandro Baricco (pubblicato da Feltrinelli) o lo ha visto a teatro, sa che il pianista Danny Boodman T. D. Lemon Novecento farà solo tre scalini, poi si fermerà, butterà il cappello e tornerà indietro per restare per sempre sulla nave dove nacque nel primo anno del secolo. Così, appena arriva un po' di sole, l'attore Tim Roth si affaccia e comincia a scendere; dal ponte più in alto arrivano i saluti («God bless You, Nineteen Hundred»), lui si ferma, si gira e... stop, si ripete. E scatta un nuovo ciak. Martedì era il primo giorno di riprese a Testaccio, ma intanto è aperto un altro set, a Cinecittà, dove è stata costruita la sa la da ballo del piroscafo. Il terzo set è a Odessa, dove c'è una vera nave su cui per cinque settimane Tornatore e la troupe hanno girato («il mio albergo si affacciava sulla celebre scalinata», ricorda il regista premio Oscar per Nuovo cinema Paradiso). Il film, prodotto dalla Medusa (che ha già venduto i diritti di distribuzione in tutto il mondo all'americana New Line) non sarà finito prima di febbraio. S'intitolerà La leggenda del pianista sull'oceano, perché ovviamente Novecento non si può. «Ma questo titolo mi sta bene - dice Tornatore - perché c'è dentro la parola leggenda. E che cos'altro è se non una favola, una leggenda, la storia di questo personaggio che, nato a bordo di una nave, decide di spendere tutta la sua vita sulle rotte dell'Atlantico, avanti e indietro fra Europa e America, senza mai scendere a terra, diventando un pianista mirabile, il più grande di tutti? Per me è la metafora di una condizione esistenziale. Quella della precarietà di noi tutti, che non ci sentiamo più parte di un mondo che finisce, di un secolo ormai consumato, ma che ancora non apparteniamo al mondo che verrà. Questo eroe di cui non si conoscono i genitori né la provenienza, cittadino di nessun luogo e di tutto il mondo, è il portatore di quei temi assoluti (l'infinito dell'oceano, l'imponderabile del destino umano, il fascino dell'inafferrabile mondo dei suoni) che sono propri di Baricco». Già,
Baricco. È toccato proprio a Tornatore il compito di realizzare il
primo film da un testo dello scrittore che con i suoi tre romanzi
(Castelli di rabbia, Oceano mare, Seta, pubblicati da Rizzoli) ha
superato il milione di copie vendute in Italia, riscuotendo ottimi
successi anche nelle traduzioni. Di Baricco, poi, si parlò molto
all'ultima Fiera di Francoforte, quando si seppe che della vendita dei
diritti cinematografici di Seta si occupava il numero uno degli agenti,
Andrew Wylie. Quali
scrittori italiani l'hanno interessata di più?
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_____________________________________ Ultimo Aggiornamento_Last Update: 2 Mag. 2002 |