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di Guia Soncini 
Data di pubblicazione: 09/11/2002
Io Donna (Magazine femminile del Corriere della Sera)

Degli attori non si fida. Così sul palcoscenico lo scrittore Alessandro Baricco ha deciso di andarci anche lui. Per leggere uno dei suoi romanzi, ipnotizzare il pubblico e fare dispetto ai critici.

Ha l'aspetto di un centravanti di sfondamento, parla come un narratore di fiabe ed è schivo come Nanni Moretti prima dell'era dei girotondi. E' un prodotto perfetto: dategli carta bianca e un palcoscenico e poi rilassatevi e smettete di chiedervi come riempire un teatro. Alessandro Baricco è quello che si arrotolava le maniche e parlava di lirica e lo stavi ad ascoltare anche se non avevi mai sentito un'opera in vita tua perché, libretto a parte, il narratore era un incantatore di serpenti. Alessandro Baricco è quello che non dà interviste, perché quando scrive un romanzo dice:"Non credo ci sia altro da aggiungere". 
E deve avere ragione lui: i suoi libri hanno la peculiarità di avere lettori, che è meglio che avere intervistatori. Meno c'è più si nota, non si arrotola neanche più le maniche in tivù eppure è l'unico a cui Roma Europa Festival e Cult Network Italia (canale di Stream) abbiano pensato di dare carta bianca per nove serate, a partire dal 14 novembre, al teatro Valle di Roma. Lui ha deciso di riempirle con una lettura parziale (tre selezioni a tema) di City, il suo penultimo romanzo. Dalla quarta sera ci sarà in scena un gruppo di attori. 
Le prime due, sul palcoscenico, a leggere City ci sarà Stefano Benni:"Benni è uno scrittore e quindi capisce molto bene la logica del testo, lo vede come un medico vede un corpo, lo fa diventare suono nel modo giusto, come solo gli scrittori possono fare, mai gli attori". Alessandro Baricco (maglione verde, maniche troppo strette per venire arrotolate, occhialini da vista, una faccia impagabile quando, alla prova costumi, un'attrice si presenta con un paio di pantaloni di pelle rossi in cui pare esplodere) è esattamente com'era in tivù: t'incanta senza alcuno sforzo palese, accattivante ma apparentemente spontaneo, colto ma comprensibile. Lo staresti a sentire anche se leggesse l'elenco del telefono; è un peccato che, delle nove sere, lui stia in scena solo la terza: "io posso raccontare, se ci fosse da raccontare una storia io lo farei, ma qui c'è da leggere, il che richiede più tecnica".

In poltrona con bibita e cannuccia
"Poi io non so andare a memoria. Potessi almeno leggere guardando in faccia il pubblico, ma devo sempre tenere gli occhi sul testo. Poi mi agiterei: la platea, il microfono che cade, questi qui sono pazzeschi, come il centrometrista, intorno c'è il terremoto ma loro vedono solo il traguardo e corrono, sono nati per fare quello". Gli attori, nati per correre e per recitare epperò, lamenta Baricco, "diseducati a leggere, a capire un testo. E' questa la scommessa: si può far fare a un attore una cosa che non è recitare?". C'è tutta la mancanza di falsa modestia di Baricco nel pretendere che un attore non reciti, non aggiunga nulla a un testo che l'autore, evidentemente, considera già perfetto:"Noi che scriviamo pensiamo che il lavoro è già fatto". 
Non che sentir leggere City a teatro non aggiunga nulla al leggerselo a casa, non sia mai: "Sarebbe come chiedere perché devo vedere Berlino vista da Wim Wenders quando volendo la posso vedere da me". C'è il racconto western, in una delle tre parti di City selezionate per il teatro, e nell'epica western c'è tutto Baricco, e tutte le ragioni per cui il teatro farà il tutto esaurito, tutte le copie vendute e tutti i critici avvelenati:"Un'umanità che è stata spinta sull'orlo di un dirupo, e quindi non ha molto spazio per fare minuetti, decidere chi è buono e chi è cattivo, decidere se amare o non amare. Hanno poche mosse da fare: un pistolero non può mentire, così come gli eroi dell'opera che hanno sempre una guerra che gli esplode alle spalle e hanno un minuto per decidere se stare col fidanzato che è dei nemici o con la mamma che sta morendo ... alla fine, o tiri fuori la pistola oppure no". 

Il pubblico lo capisce, deve essere per quello che lo ama. Lui non si vergogna per niente di vendere, dev'essere per questo che la critica lo detesta: "L'ideale sarebbe mettere insieme le cose ... però, dovessi dire qual è più urgente, io preferisco mettere a posto il mio rapporto col pubblico che non quello coi critici. Anche numericamente: quanta gente legge i miei libri?". Preferisce il pubblico, quello che se lo fai divertire ti sta a sentire, e sennò resta a casa: "Se potessero arrivare con Coca-Cola e star lì con la cannuccia in bocca e gli occhi spalancati...". Sembra di vederli. Pronti a comprare qualunque batteria di pentole l'incantatore voglia vendere.