Home > Opere - articoli e recensioni > City > Baricco nella città dei destini incrociati |
___ MENU ___ | Baricco nella città dei destini incrociati |
News
> Community > Ipse scripsit > Interviste > Speciali > Totem > Holden > Opere » City » Seta » Novecento » Oceano Mare » Castelli di Rabbia » Altre opere » Articoli vari... > Bio e Bibliografia ___ > Cerca nel sito > Link > Mappa > Disclaimer > Ringraziamenti > Su questo sito... |
di Giovanni
Pacchiano |
Quanto ci aveva deluso e irritato Oceano Mare, tanto ci cattura City, il nuovo romanzo di Alessandro Baricco (Rizzoli, pagine 321, lire 28.000). |
|
Protagonista, Gould, un ragazzetto di tredici anni, iperdotato intellettualmente, e disadattato cronico. Un piccolo solitario (lontano il padre, un autoritario opprimente; in clinica psichiatrica l a madre), che ha bruciato le tappe degli studi ed è atteso da una prestigiosa università. Gould (sarà casuale l'omonimia col famoso e altrettanto precoce eccentrico pianista?) vive in un suo mondo di fantasia; scortato da due figure da fumetto, di su a invenzione. Il gigantesco Diesel, un armadio ambulante e il taciturno, perché muto, Poomerang. Un giorno, entra nella sua vita la giovane Shatzy Shell («niente a che vedere con quello della benzina», lei tiene a precisare). Sui trent'anni, spigliata, carina quanto basta e non immune da un fondo di spleen che le fa affrontare in maniera problematica l'esistenza. Un tipetto tutto particolare, che gira con le foto di Walt Disney e di Eva Braun, e che si porta sempre appresso, nella sua borsa gialla, un piccolo registratore. In linea con l'irrealismo generale che, frammisto a tratti iper-reali, caratterizza il libro, western ambientato tra fantasticheria e favola, in una città dove gli orologi si sono misteriosamente fermati da oltre 34 anni. O la piccola epopea a puntate del pugile Larry Gorman, un talento del ring; e la sua scalata al titolo mondiale... Illusionista di razza, Baricco gioca, come l'ultimo Orson Wells di F for Fake, sulla vischiosa, seduttiva ambivalenza di verità e menzogna: parla l'autore, dietro e con i suoi personaggi, o è il caso di un fittizio
ventriloquismo che copre gli infiniti accenti di un inconscio collettivo, che ha accumulato nella nostra mente tutte le storie e la memoria del mondo? Sicché compito di chi scrive è solo quello di farle riscoprire? Come non pensare allo stesso Baricco e al suo romanzo nella lunga spiegazione, per bocca del professor Kilroy, buffo insegnante di Gould, del vero intento di Monet nel dipingere le Nymphéas: «ottenere il nulla attraverso un pro cesso di progressivo decadimento e dispersione del reale»? Ovvero, arrivare al «tutto sorpreso in un istante di momentanea assenza». Lo stesso, nella digressione sull'inevitabile disonestà, tra gli uomini, nell'uso delle idee, e sulla misera bile (ahimé per noi) funzione della critica. Sviste o vendette d'autore? O, forse, invece, l'ultimo e più sottile imbroglio di carte della fredda maschera alcibiadea. Che non concede al mondo la sua vera effigie.
|
|