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Alessandro Baricco
Data di pubblicazione: 2000
Radiofreccia - Fandango Edizioni 

La riflessione di Baricco con cui si apre il libro dedicato a "Radiofreccia" di Luciano Ligabue.

"Te stà dentro che qua fuori è un brutto mondo
Freccia 

Non solo brutto. Fa proprio schifo. Il mondo, quello raccontato da Ligabue e Leotti, è una merda ininterrotta, coerente, inossidabile e completa. Non te ne accorgi subito, anzi, mentre stai vedendo il film pensi che stai vedendo un film divertente, ti sembra di vedere qualcosa di allegro. Poi, a casa, se ci pensi bene: dio che merda di mondo. Fai i conti, e scopri che non si salva niente. Le famiglie fanno schifo, si va dalla madre un pò troia al padre incestuoso. Se ce n'è di normali, non si vedono. L'amore è fatto di matrimoni desolanti, gnocche senz'anima e bruttine con la vocazione da vittima. Circola violenza a dosi niente male, si va dal tentato omicidio al furto e spaccio. La radio sarebbe una cosa in fondo positiva, ma sta sicuro che ti arriva lo sponsor a mandare tutto in vacca. La gente è mediamente incattivita, i datori di lavoro (quanto meno l'unico che compare) sono tendenzialmente buoni ma alla fine ragionevolmente cinici. Anche i migliori (Freccia) diventano i peggiori.

E quando non diventano i peggiori (Bruno) fanno la figura dei buonisti pirla. E quanto all'amicizia, che è un po' il collante di tutta la storia, è un paracadute bucato. Utile a farsi qualche sghignazzata, ma al momento buono non salva nessuno, ognuno se ne va per la sua strada a rovinarsi in vario modo, e gli altri assistono, più o meno da lontano, senza voler o poter fare nulla. 
Bel mondo. 
(L'Italia, a ben pensarci. Così come la restituisce, tutti i giorni, il gran palcoscenico della provincia: riassunta didatticamente e disegnata in pochi tratti sintetici. Cinica, gaglioffa, moralista, immorale, geniale, un po' matta, tragica e divertente.Voilà. Un paese orrendo in cui è bello vivere. Mi chiedo se mai un film, anche solo un film, l'abbia raccontata in modo diverso. E' sempre lei, che rispunta nei film più diversi: c'è da credere che, alla fine, ci debba essere qualcosa di vero. L'Italia è quella cosa lì: vietato farsi illusioni.) 
Bel mondo. 
Eppure il sapore del film, diciamo la scia di sensazioni che ti lascia in testa, sa di voglia di vivere, di forza, perfino di ambizione. Strano. Alla fine è un film che sa di resistenza, di furiosi "non ci sto", di ottimismo, di fiducia incrollabile, di sfida alla merda. Strana miscela: desolazione e ottimismo, tragedia e farsa. E' tutto uno schifo, ma si ride di continuo. Che diavolo è successo? Senza farla troppo grossa, forse è una cosa che ha a che fare con la terra in cui tutto accade. Quella provincia lì. Da quelle parti sono così: la nebbia azzera la speranza e libera la fantasia. In quei paesi lì c'è sempre una galleria di matti come quella raccontata da Ligabue e Leotti. Ogni paese ha i suoi. E sono il simbolo, l'apoteosi di tutti i loro concittadini sani. Sono i capolavori di una tecnica di vita ben precisa: l'inferno non si cambia, ma chi ha detto che non possa essere divertente? E' il principio della commedia, e da quelle parti ce l'hanno nel sangue: mica gli serve un palcoscenico: la vita reale va benissimo. 
La commedia salva e condanna, da sempre. Ti salva perché non c'è merda che la commedia non riesca a rendere digeribile. 
Ti condanna perchè consacra la merda e la rende intoccabile. Quando senti Freccia recitare il suo credo e partire con le rovesciate di Bonimba (Boninsegna, lo dico per i giovani: era tracagnotto e poco agile, per cui la rovesciata, in lui, diventata una cosa imbarazzante, ma strappata con la rabbia alla forza di gravità e al buon senso) insomma quando lui parte col suo credo e inizia dalle rovesciate del Bonimba ha già capito tutto e sai che la salvezza che ti stanno raccontando è quella di trovare ossigeno nelle bolle della merda, senza neanche pensare un attimo di uscirci, dalla medesima, ma anche mai rassegnandosi a soffocarci dentro, sempre capaci a trovare una scappatoia o un rinvio, fino all'ultimo, e perfino davanti alla morte. 

Per me è la cosa più bella del film: al funerale di Freccia i suoi amici che non resistono a battere il tempo della canzone di Elvis e si mettono a tamburellare con le dita sulla carrozzeria del carro funebre. Anche la morte: mica la eviti, ma a modo tuo la freghi. 
Non so se siano cose che si possono imparare. Forse bisogna essere nati da quelle parti. 
Non so nemmeno se è una cosa che amo, perchè poi la realtà qualcuno si dovrà pur prendere la pena di cambiarla, non si potrà pensare di cavarsela tutta la vita a colpi di scorciatoie geniali, pacche sul culo e bestemmie in dialetto. Ma comunque l'ho vista raccontata in "Radiofreccia", e lì meglio che altrove, e con una sincerità che è una cosa un po' difficile da trovare, in giro, per cui alla fine ho pensato che non era un film qualunque, era un film che magari se me lo lasciavano fare ci scrivevo perfino su qualche riga, giusto così per dire qualcosa di non completamente stupido. Me l'hanno lasciato fare. 

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