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Alessandro Baricco |
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Una parte dell'introduzione scritta da Alessandro Baricco al libro dedicato a Totem e pubblicato da Fandango. La
verità è che neanche mi ricordo bene quando, e perché, si è
cominciato a parlare di televisione. Voglio dire: Totem è nato per
accadere nei teatri. Anzi, ad essere esatti, Totem è nato per accadere
nel modo più nascosto possibile in teatri più defilati possibile. Mi
ricordo che volevamo lavorare in pace, perché si trattava di provare a
fare una cosa che nemmeno noi sapevamo bene cosa fosse. Era una di
quelle situazioni in cui l'unica cosa che davvero ti serve è un bel po'
di silenzio: intorno e dentro. |
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Ma del tempo è passato, da quando abbiamo iniziato quel lavoro, e nel tempo uno capisce molte cose. Credo che un giorno ci è accaduto di pensare che Totem era abbastanza rodato da provare a reggere l'impatto con una platea molto vasta e abbastanza forte da rimanere vivo anche se tolto da un teatro e infilato nello schermo televisivo. Sarebbe rimasto solo un pensiero se Carlo Freccero e Felice Cappa non si fossero messi in testa di farne una possibilità reale. Come la mettevano loro era una scommessa niente male. Due ore in prima serata con molta libertà d'azione e nessuna richiesta particolarmente deprimente, salvo la necessità di un intervallo pubblicitario a metà della serata. Potevamo anche far finta di niente. Solo che non abbiano fatto finta di niente. E siamo finiti in televisione. Qui una cosa bisogna spiegarla, perché è importante. Un conto è fare televisione, un conto è usare la televisione per arrivare a un numero maggiore di persone. Un conto è fabbricare treni, un conto è andare in treno. Noi non abbiamo mai pensato di fare televisione. Abbiamo pensato di prendere una cosa accaduta in un teatro e di immetterla nel sistema sanguigno del Paese, usando la televisione come veicolo. Magari non sembra, ma fa molta differenza. Mi ricordo che prima e dopo il Totem televisivo molti parlarono di una provocazione, di una forma di contro-televisione. Le cose non stavano esattamente così. Era piuttosto una non-televisione. Il tentativo di usare la televisione come mezzo e non come fine. In termini pratici questo significa che ci siamo limitati a mettere in scena Totem al Teatro Studio di Milano, con un pubblico vero, e in quell'occasione abbiamo fatto le riprese televisive. L'abbiamo messo in scena due volte, così se proprio facevamo sbagli orribili avevamo una versione di riserva. E abbiamo chiesto al regista, Antonello Grimaldi, di dimenticarsi la televisione e di cercare semplicemente di documentare quel che accadeva lì dentro. Se riusciva a catturare il clima che si crea a teatro quando facciamo Totem, meglio. Ma la cosa che ci stava più a cuore era lasciare Totem libero di essere quello che era, evitando di trasformarlo in trasmissione televisiva. Da parte nostra ci siamo limitati ad accorciare un po' la scaletta (che di solito arriva alle due ore e mezza, se non alle tre ore, quando il pubblico ha voglia), ad alzare un po' le luci di scena, e a scegliere tra le cose che in genere facciamo quelle che non avevano bisogno della intensità di presenza che il teatro ti assicura e la televisione no. Per il resto ci siamo concentrati sui trecento spettatori che avevamo davanti, dimenticandoci della platea televisiva. Capisco che tutto ciò possa essere preso come una forma di snobberia: il tentativo di andare in televisione senza sporcarsi troppo le mani. Lo capisco. Ma la faccenda è un po' più complicata. E vorrei provare a spiegarla... (continua).
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_____________________________________ Ultimo Aggiornamento_Last Update: 10 Nov. 2001 |