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Alessandro Baricco
Data di pubblicazione: 1995
Effe - Feltrinelli

Che cosa ci aspettiamo dai nuovi scrittori? Che trovino i ritmi, la complessità e la ricchezza linguistica necessari a raccontare il loro mondo, il mondo che cambia. A confronto con questi desideri d'autore, ecco che cosa scrivono gli esordienti d'autunno. 

Ogni tanto salta su qualcuno, di solito giovane, e spara a zero su qualcun altro, di solito più vecchio. Allora c'è sempre il pedante che dopo averli lasciati un po' sfogare scrive le sue trenta righe di elzeviro ricordando che la querelle tra antichi e moderni c'è sempre stata e sempre ci sarà, è il solito teatrino, bambinate, per favore siamo seri. È un modo di spiegare le cose - e metabolizzarle - che detesto. Perché è falso. Ha l'idiozia furbetta del luogo comune. Allora vorrei dire come stanno le cose, viste da qui.

È vero che i figli hanno la tendenza ad assassinare i padri, per sentirsi meglio. Ma ci sono figli che uccidono padri a cui sono perfettamente uguali e figli che uccidono padri da cui li dividono abissi. I primi sono criminali inutili, i secondi criminali necessari. Chi inizia a scrivere e pubblicare oggi, e non ha più trent'anni, è un tipo di figlio con padri drasticamente diversi da lui. Voglio dire: è cresciuto in un paesaggio linguistico, retorico, etico che i suoi padri nemmeno si immaginavano. Già quelli come me (35-40, per capirsi) al momento buono si sono guardati intorno e hanno visto gente che scriveva libri ma che non aveva niente a che fare con quello che avevamo in testa noi. Marziani. Noiosi. E noi siamo gente che è cresciuta con un solo canale televisivo (bianco e nero), i 45 giri nel mangiadischi e l'Olivetti 22 come top tecnologico. Un imprinting modestino, come si vede; ma già bastava a fare la differenza: un'immensa differenza. Chi oggi ha 25 anni viene da un altro mondo: viene da un paesaggio comunicativo dove l'intensità, la qualità, la spettacolarità dei messaggi è cresciuta a dismisura. Non è il consueto scarto tra generazione e generazione. Lì in mezzo, tra figli e padri, è successo il finimondo. 

Allora quando mi chiedono cosa mi aspetto dai nuovi scrittori, quel che mi viene da dire è: voglio messaggi dal loro mondo. Voglio che facciano fuori per sempre la bella composta educatina lingua letteraria, meglio e più radicalmente di quanto siamo riusciti per ora a fare noi. Voglio che cambino il concetto e la realtà del libro di consumo in Italia; voglio che scrivano libri che non sono grande letteratura, ma che sono letteratura di qualità e di consumo; e voglio che con quei libri - che noi non siamo stati capaci di scrivere - spazzino via per sempre Bevilacqua (non dalla terra, per carità, lunga vita a lui: dalle classifiche). Voglio che i più intelligenti di loro riescano a coniugare la lingua del nuovo mondo con le storie che da sempre continuiamo a raccontarci e che da ogni tempo aspettano una nuova formulazione: voglio che mi raccontino ancora una volta Giulietta e Romeo: senza che io mi accorga che è di nuovo la loro storia. Voglio leggerli e non annoiarmi: che vuol dire trovare i ritmi, la complessità, la ricchezza e la generosità a cui mi hanno abituato altre forme di narrazione che trionfano in questa modernità. Voglio che la smettano di raccontare la loro storia, e se ne inventino altre. Voglio che usino la loro lingua non per metter giù libri carini, ma per metter su libri importanti. Dai migliori voglio che usino il materiale retorico e linguistico che hanno nel Dna, ma voglio anche che alla fine ottengano qualcosa che ottiene la stessa pulizia di Del Giudice, o la bellezza folle di Voltolini, o la saggezza di Tabucchi, o la vertigine fantastica di Benni. Non voglio che inseguano Moravia, Gadda o Calvino, perché sono lontani, e comunque venivano da pianeti differenti, e comunque quel che c'era da imparare da loro già l'abbiamo nel sangue, non c'è bisogno di studiarlo. Voglio che siano i traduttori, nella lingua dei libri, del gran casino che è successo nelle altre lingue del pianeta. 

Tutto qui. In cambio giuro di non dire mai le seguenti frasi, che a sufficienza mi hanno nauseato quando ad essere un nuovo scrittore ero io: 1) lo aspettiamo al secondo libro, 2) è bravo ma purtroppo sa di esserlo, 3) quanta fatica sprecata, 4) il successo gli ha dato alla testa. Magari dirò altre baggianate: ma queste, no.

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Ultimo Aggiornamento_Last Update: 10 Nov. 2001